Chiara Saraceno
Secondo
la giudice di Genova che ha comminato una pena ridotta all'uomo che ha
ucciso l'ex moglie in un eccesso di rabbia, dopo aver scoperto che lei
lo aveva imbrogliato per l'ennesima volta, il comportamento della donna
va considerato una attenuante tale da portare al dimezzamento della
pena. Pochi giorni prima, la corte d'appello di Bologna aveva ridotto la
pena di un altro omicida dell'ex compagna, perché in "preda a una
tempesta emotiva" dovuta a precedenti delusioni affettive. Contro queste
sentenze si sono levate le voci di chi tenne un atteggiamento di
comprensione per le motivazioni di chi uccide le proprie compagne o le
ex. Nel primo caso, chi mai d'ora in poi potrà negare a chi uccide una
donna che si rifiuta di continuare il rapporto l'attenuante della
tempesta emotiva, dell'incapacità a sopportare abbandoni? Nel secondo
caso, sembra di tornare al delitto d'onore e alle attenuanti a questo
connesse in un tempo non lontano. Condivido queste preoccupazioni. E
trovo sconcertante l'esempio fatto dal giudice di Genova per spiegare la
legittimità, anzi doverosa delle concessioni delle attenuanti.
Ho
contrastato il caso di un automobilista ubriaco che investe e uccide in
pieno giorno un passante con quello di un automobilista sobrio che in
una strada buia non vede e investe, uccidendola, una persona. Come se un
omicida volontario potesse qualche volta, appunto, avere una qualche
scusante, come l'automobilista sobrio in una strada. Ma proprio questa
confusione induce ad allargare ulteriormente la preoccupazione. Come ha
dimostrato il dibattito sulla legittima difesa, si sta diffondendo
l'idea che uccidere possa essere giustificato non solo per salvare la
vita propria o altrui, ma perché ci si sente sotto minaccia, tanto più
se si hanno esperienze di furti io aggressioni a prescindere dall'essere
effettivamente in condizioni di pericolo. Una tempesta emotiva, un
senso di grande frustrazione, il desiderio di fargliela vedere,
rischiano di diventare, se non una legittimazione, una scusante per
ogni reazione eccessiva, per ogni atto di annientamento dell'altro,
tanto più se questa è la donna che ci ha fatto soffrire.
la Repubblica 15 marzo