Burkina Faso
Attentato jihadista in una chiesa muoiono 5 fedeli e il sacerdote
Sono arrivati in venti in sella alle loro moto, armi in pugno. Hanno circondato la chiesa e poi, poco prima che finisse la messa - alle 9 - hanno cominciato a sparare. Sono subito andati verso il giovane sacerdote, Siméon Yampa, 34 anni, uccidendolo. Poi è toccato ai fedeli: li hanno fatti sdraiare a terra, ne hanno scelti cinque e hanno sparato anche a loro. Non contenti, hanno bruciato l'edificio. Scappando, hanno saccheggiato anche alcuni negozi lì vicino e un piccolo ristorante.
È il resoconto della domenica di sangue che hanno vissuto i fedeli della chiesa cristiana dedicata al beato Isidore Bakanja a Dablo, villaggio a 200 chilometri a nord della capitale del Burkina Faso, Ouagadougou. Sei i morti per mano del commando jihadista. Per ora, però, nessuna rivendicazione da parte delle molte sigle che terrorizzano il Paese da anni. C'è il panico, è tutto chiuso. Sembra praticamente una città morta», ha detto all'agenzia di stampa Reuters il Sindaco di Dablo, Boukary Zongo.
Quello di ieri è il terzo attacco in appena cinque settimane a luoghi di culto cristiani in Burkina Faso. Stesso copione e stesso numero di morti domenica 28 aprile a Silgadj, nella provincia di Soum, dove il pastore protestante Pierre Ouedraogo è stato assassinato assieme a cinque fedeli. Due erano suoi figli. Anche in quel caso gli attentatori erano arrivati in moto e avevano scelto la fine della messa per attaccare. Il 5 aprile, durante la Via Crucis, era toccato invece alla chiesa cattolica della diocesi di Dori: dopo aver separato gli uomini dalle donne e i bambini, i jihadisti hanno ucciso quattro fedeli. Nella stessa diocesi, il 17 marzo, era scomparso il parroco, Joel Yougbaré: il suo corpo non è ancora stato ritrovato. Il mese prima, 15 febbraio, i jihadisti hanno ucciso il salesiano spagnolo César Fernandez, a Nohao.
Da quattro anni il Paese, uno dei più poveri al mondo, è alle prese con i sempre più frequenti attacchi da parte di gruppi jihadisti come Ansaroul Islam, il Gsim (Gruppo di sostegno all'Islam e ai musulmani) e l'organizzazione Stato islamico del grande Sahara. Quattrocento i morti, soprattutto nell'Est, dal 2015 a oggi. Una minaccia estremista che dal Sahel si è spostata nella parte orientale al confine con il Niger. Attacchi cresciuti in modo esponenziale nell'ultimo anno: se nel 2016 se ne contavano 12, lo scorso anno se ne sono registrati 158. Tanto che a gennaio, dopo molte pressioni, si è dimesso il primo ministro burkinabé, Paul Kaba Thieba. Incapace, secondo molti, di fronteggiare l'emergenza jihadista nel Paese.
Assieme a Niger, Ciad, Mali e Mauritania, il Burkina Faso fa parte del gruppo regionale G5 del Sahel che tra i suoi obiettivi ha, tra gli altri, proprio quello di contenere gli attacchi jihadisti. Visti gli ultimi episodi pare, però, senza molto successo.
Modolo Gianluca
(la Repubblica 13 maggio)
Attentato jihadista in una chiesa muoiono 5 fedeli e il sacerdote
Sono arrivati in venti in sella alle loro moto, armi in pugno. Hanno circondato la chiesa e poi, poco prima che finisse la messa - alle 9 - hanno cominciato a sparare. Sono subito andati verso il giovane sacerdote, Siméon Yampa, 34 anni, uccidendolo. Poi è toccato ai fedeli: li hanno fatti sdraiare a terra, ne hanno scelti cinque e hanno sparato anche a loro. Non contenti, hanno bruciato l'edificio. Scappando, hanno saccheggiato anche alcuni negozi lì vicino e un piccolo ristorante.
È il resoconto della domenica di sangue che hanno vissuto i fedeli della chiesa cristiana dedicata al beato Isidore Bakanja a Dablo, villaggio a 200 chilometri a nord della capitale del Burkina Faso, Ouagadougou. Sei i morti per mano del commando jihadista. Per ora, però, nessuna rivendicazione da parte delle molte sigle che terrorizzano il Paese da anni. C'è il panico, è tutto chiuso. Sembra praticamente una città morta», ha detto all'agenzia di stampa Reuters il Sindaco di Dablo, Boukary Zongo.
Quello di ieri è il terzo attacco in appena cinque settimane a luoghi di culto cristiani in Burkina Faso. Stesso copione e stesso numero di morti domenica 28 aprile a Silgadj, nella provincia di Soum, dove il pastore protestante Pierre Ouedraogo è stato assassinato assieme a cinque fedeli. Due erano suoi figli. Anche in quel caso gli attentatori erano arrivati in moto e avevano scelto la fine della messa per attaccare. Il 5 aprile, durante la Via Crucis, era toccato invece alla chiesa cattolica della diocesi di Dori: dopo aver separato gli uomini dalle donne e i bambini, i jihadisti hanno ucciso quattro fedeli. Nella stessa diocesi, il 17 marzo, era scomparso il parroco, Joel Yougbaré: il suo corpo non è ancora stato ritrovato. Il mese prima, 15 febbraio, i jihadisti hanno ucciso il salesiano spagnolo César Fernandez, a Nohao.
Da quattro anni il Paese, uno dei più poveri al mondo, è alle prese con i sempre più frequenti attacchi da parte di gruppi jihadisti come Ansaroul Islam, il Gsim (Gruppo di sostegno all'Islam e ai musulmani) e l'organizzazione Stato islamico del grande Sahara. Quattrocento i morti, soprattutto nell'Est, dal 2015 a oggi. Una minaccia estremista che dal Sahel si è spostata nella parte orientale al confine con il Niger. Attacchi cresciuti in modo esponenziale nell'ultimo anno: se nel 2016 se ne contavano 12, lo scorso anno se ne sono registrati 158. Tanto che a gennaio, dopo molte pressioni, si è dimesso il primo ministro burkinabé, Paul Kaba Thieba. Incapace, secondo molti, di fronteggiare l'emergenza jihadista nel Paese.
Assieme a Niger, Ciad, Mali e Mauritania, il Burkina Faso fa parte del gruppo regionale G5 del Sahel che tra i suoi obiettivi ha, tra gli altri, proprio quello di contenere gli attacchi jihadisti. Visti gli ultimi episodi pare, però, senza molto successo.
Modolo Gianluca
(la Repubblica 13 maggio)