lunedì 27 maggio 2019

Burkina Faso
Attentato jihadista in una chiesa muoiono 5 fedeli e il sacerdote


Sono arrivati in venti in sella alle loro moto, armi in pugno. Hanno circondato la chiesa e poi, poco prima che finisse la messa - alle 9 - hanno cominciato a sparare. Sono subito andati verso il giovane sacerdote, Siméon Yampa, 34 anni, uccidendolo. Poi è toccato ai fedeli: li hanno fatti sdraiare a terra, ne hanno scelti cinque e hanno sparato anche a loro. Non contenti, hanno bruciato l'edificio. Scappando, hanno saccheggiato anche alcuni negozi lì vicino e un piccolo ristorante.
È il resoconto della domenica di sangue che hanno vissuto i fedeli della chiesa cristiana dedicata al beato Isidore Bakanja a Dablo, villaggio a 200 chilometri a nord della capitale del Burkina Faso, Ouagadougou. Sei i morti per mano del commando jihadista. Per ora, però, nessuna rivendicazione da parte delle molte sigle che terrorizzano il Paese da anni. C'è il panico, è tutto chiuso. Sembra praticamente una città morta», ha detto all'agenzia di stampa Reuters il Sindaco di Dablo, Boukary Zongo.
Quello di ieri è il terzo attacco in appena cinque settimane a luoghi di culto cristiani in Burkina Faso. Stesso copione e stesso numero di morti domenica 28 aprile a Silgadj, nella provincia di Soum, dove il pastore protestante Pierre Ouedraogo è stato assassinato assieme a cinque fedeli. Due erano suoi figli. Anche in quel caso gli attentatori erano arrivati in moto e avevano scelto la fine della messa per attaccare. Il 5 aprile, durante la Via Crucis, era toccato invece alla chiesa cattolica della diocesi di Dori: dopo aver separato gli uomini dalle donne e i bambini, i jihadisti hanno ucciso quattro fedeli. Nella stessa diocesi, il 17 marzo, era scomparso il parroco, Joel Yougbaré: il suo corpo non è ancora stato ritrovato. Il mese prima, 15 febbraio, i jihadisti hanno ucciso il salesiano spagnolo César Fernandez, a Nohao.
Da quattro anni il Paese, uno dei più poveri al mondo, è alle prese con i sempre più frequenti attacchi da parte di gruppi jihadisti come Ansaroul Islam, il Gsim (Gruppo di sostegno all'Islam e ai musulmani) e l'organizzazione Stato islamico del grande Sahara. Quattrocento i morti, soprattutto nell'Est, dal 2015 a oggi. Una minaccia estremista che dal Sahel si è spostata nella parte orientale al confine con il Niger. Attacchi cresciuti in modo esponenziale nell'ultimo anno: se nel 2016 se ne contavano 12, lo scorso anno se ne sono registrati 158. Tanto che a gennaio, dopo molte pressioni, si è dimesso il primo ministro burkinabé, Paul Kaba Thieba. Incapace, secondo molti, di fronteggiare l'emergenza jihadista nel Paese.
Assieme a Niger, Ciad, Mali e Mauritania, il Burkina Faso fa parte del gruppo regionale G5 del Sahel che tra i suoi obiettivi ha, tra gli altri, proprio quello di contenere gli attacchi jihadisti. Visti gli ultimi episodi pare, però, senza molto successo.
Modolo Gianluca

(la Repubblica 13 maggio)