giovedì 20 giugno 2019

COMMENTO ALLA FESTA DEL "CORPUS DOMINI"

NON ADORARE UN SIMBOLO, MA SEGUIRE IL SUO STILE DI VITA
10 Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò verso una città chiamata Betsàida. 11 Ma le folle lo seppero e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlar loro del regno di Dio e a guarire quanti avevan bisogno di cure. 12 Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla, perché vada nei villaggi e nelle campagne dintorno per alloggiare e trovar cibo, poiché qui siamo in una zona deserta». 13 Gesù disse loro: «Dategli voi stessi da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14 C'erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai discepoli: «Fateli sedere per gruppi di cinquanta». 15 Così fecero e li invitarono a sedersi tutti quanti. 16 Allora egli prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17 Tutti mangiarono e si saziarono e delle parti loro avanzate furono portate via dodici ceste (Luca 9, 10-17).
Questa domenica  la liturgia cattolica celebra la festa del Corpus Domini. Siamo invitati ad approfondire il significato della eucaristia nella nostra vita comunitaria e personale. Siccome tale celebrazione è ricorrente e addirittura settimanale in molte comunità, corriamo un po' tutti il rischio di "cadere nell'abitudine".
Un po' di storia
La festa del Corpus Domini nasce e comincia a diffondersi con una certa difficoltà nella seconda metà del tredicesimo secolo nella chiesa cattolica romana. Essa incontrò, ben comprensibilmente, una decisa resistenza da parte di biblisti, teologi e vescovi che vi scorgevano, giustamente, un pericoloso allontanamento dal dato biblico. Tanto più che si accentuò sempre di più l'adorazione dell'ostia nella pietà popolare, anche prescindendo da ogni collegamento con la celebrazione eucaristica. Fu tale la resistenza all'introduzione alla festa del Corpus Domini che nel 1264 il papa dovette ordinare di celebrarla in tutta la chiesa cattolica. Lo stridore era evidente perché la Scrittura non dice "prendete e adorate", ma "prendete e mangiate".
Si era così formata una teologia eucaristica realistico-metabolica tanto che il successivo Concilio di Trento confermò come dogma "la transustanziazione" e dichiarò che con la consacrazione del pane e del vino si opera la conversione-trasformazione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del corpo di Cristo e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo sangue. Così il Concilio proclamò che "nel sacramento dell'eucaristia sono contenuti veramente, realmente e sostanzialmente il corpo e il sangue di Cristo" tanto da dichiarare l'anatema, cioè la scomunica, contro chi lo negasse.
Una interpretazione  che non vincola la fede
 Ovviamente si tratta di una interpretazione teologica, non di una verità di fede. Cristiani e cattolici oggi, come nei secoli passati, possiamo comprendere il significato dell'eucarestia in modo molto diverso, cioè con una spiegazione dinamico-simbolica. Mangiare il corpo e bere il sangue di Gesù è un linguaggio simbolico davvero espressivo. Non significa una nutrizione fisica e biologica, ma esprime la possibilità di entrare in profonda comunione di pensieri e di vita con Gesù, di esperimentare la sua presenza nel nostro cammino in modo intimo e profondo. Corpo e sangue esprimono simbolicamente questo nutrire i nostri cuori del messaggio di Gesù, il nostro essere uniti a lui come il tralcio e la vite. Quel pezzo di pane rimane pane, ma noi, mangiandolo, esprimiamo la volontà di "metabolizzare" il suo insegnamento, di fare nostre le sue scelte di vita. Non siamo invitati ad un atto di cannibalismo, ma siamo rimandati alla prassi quotidiana di Gesù. Egli, dopo aver riconosciuto che ogni dono ha origine in Dio, spezzava "scandalosamente" e provocatoriamente il pane, condivideva la mensa con vicini e lontani, con i perduti, i "peccatori", gli eretici, con pagani, con prostitute, con le persone meno accettate e più rifiutate.
Una nuova prospettiva
In questa prospettiva non esiste nessuna parola sacerdotale che trasformi un pezzo di pane nel corpo di Gesù, ma l'eucarestia diventa invito e preghiera affinché possiamo lentamente trasformare le nostre vite sulle tracce di Gesù. Le nostre interpretazioni possono essere diverse, ma resta fondamentale che noi realizziamo nella nostra vita quotidiana la pratica della condivisione con chi è più emarginato, che impariamo a condividere, a praticare la solidarietà. Celebrare l'eucarestia non ha nulla di magico, di puramente spirituale. Oggi è azione estremamente sovversiva perché rompe le prigioni dell'io, invita a riporre fiducia in Dio che dispensa i Suoi doni e ci chiede di rispettarne la destinazione universale.
Per questo motivo è sacrilego "dare la comunione" con atto teatrale a persone come Pinochet Salvini o Berlusconi e negarla a separati, divorziati, omosessuali, lesbiche.
Non si tratta di "ciucciarsi un'ostia" per la propria consolazione, ma di lasciarsi interpellare circa la nostra vita. Posso anche mangiare e digerire un tabernacolo intero di ostie, posso fare la “comunione quotidiana” ma rimanere completamente estraneo alla prassi di Gesù.
Le forme celebrative cambiano con i tempi e con i luoghi, ma, se si tratta di una mensa, sarà sempre più importante la partecipazione coinvolgente di tutti coloro che vi prendono parte. Il fatto che parli solo e sempre il prete, è uno scoglio da superare. Il fatto che una donna non possa presiedere la celebrazione è frutto dell'ignoranza e del pregiudizio delle gerarchie cattoliche.
Il brano del Vangelo
Chi ha scelto il brano biblico di oggi, consapevole che la festa del Corpus Domini non può essere giustificata biblicamente ma è un'invenzione ecclesiastica tardiva, ci propone molto opportunamente il brano della "divisione" del pane e dei pesci.
Il significato dell'eucarestia è qui espresso in modo efficace: il mondo soffre perché il pane, l'acqua, il cibo, la casa, le medicine, il denaro…non sono ben distribuiti.
I beni nel mondo sono in abbondanza: ce n'è per tutti (ecco il simbolismo delle dodici ceste di avanzi). E noi, come i discepoli, abbiamo soltanto "cinque pani e due pesci", avvertiamo la nostra impotenza… Se però, "alzati gli occhi al cielo per benedire Dio" (versetto 16) facciamo la nostra parte, qualcosa cambia.
Il Vangelo non fornisce mai un preciso progetto politico, ma indica una strada. Senza questa pratica della condivisione, il mondo è in mano alle "cricche" internazionali  e ai governi assassini  che "sparano sulla pace". La speranza che alimentiamo ogni volta che celebriamo l'eucarestia è proprio questa: Dio ci spinge a condividere e ciascuno/a di noi ha qualche pane e qualche pesce da mettere in comune.

Il futuro del mondo è in questo dare e ricevere, in questa consapevolezza che i beni comuni ed essenziali non possono essere privatizzati, che siamo responsabili del creato, ma non ne siamo i padroni. L'eucarestia è anche ascolto del grido di chi è privato dell'essenziale per diventare cittadini attivi e cristiani /e adulti che non accettano né il bavaglio dell'informazione né i diktat di chi crede di parlare in nome di Dio ed invece è sordo rispetto ai bisogni reali delle persone.
Celebrare l'eucarestia significa ravvivare in noi la fiducia che le barriere e i muri non sono l'ultima spiaggia del mondo e l'ultima parola della storia.

Alcune considerazioni marginali

In una visione che si attenga rigorosamente al dato biblico, mi sembrano necessarie alcune considerazioni. Il fatto che si chiudano le ostie nel tabernacolo (come avviene dal XVI secolo e si portino in processione in un ostensorio, che in latino significa “farlo vedere”) ha messo in atto tante devozioni che sono piuttosto deviazioni. Tali pratiche, decise dal Concilio di Trento,1545-1563, furono polemicamente inventate contro coloro che negavano la materializzazione del corpo e del sangue di Gesù. Giustamente oggi possiamo prendere congedo da queste forme devozionali, arcaiche e ridicole, per concentrarci sul significato della celebrazione eucaristica.
Il nazareno non ci chiede di adorarlo, ma di seguire il suo stile di vita, all'aperto, nelle vie del mondo.