giovedì 19 settembre 2019

"Sei la Barbie del clima". E la ministra canadese finisce sotto scorta

NEW YORK - "Traditrice", "nemica del popolo", "immondizia comunista". E perfino "Barbie del clima", insulto coniato con chiaro intento sessista dal sito di estrema destra The Rebel riferendosi ai capelli biondissimi della ministra dell'ambiente canadese Catherine McKenna, 48 anni. Glielo ha urlato contro anche l'uomo che, pochi giorni fa, l'ha aggredita davanti a un cinema di Ottawa mentre passeggiava con i suoi bambini. Un episodio talmente estremo nel tranquillissimo Canada, che la ministra minacciata pesantemente perfino sui social, da sabato è stata messa sotto scorta. Una misura rarissima in un paese dove la collega degli Esteri Chrystia Freeland gira tranquilla in bicicletta e il ministro delle Finanze Bill Morneau fa spesso la fila al supermercato.
A scatenare tanto odio contro l'ex avvocatessa dei diritti civili, già del team di negoziatori del Trattato di Pace di Timor Est nel 2002, chiamata dal premier Justin Trudeau a far parte del suo gabinetto nel 2015, sono d'altronde le scelte politiche fatte per ridurre del 30 per cento le emissioni di anidride carbonica entro il 2030. Decisioni nette. Prese per attenersi agli standard di quegli accordi di Parigi che McKenna sottoscrisse durante il suo primo impegno internazionale dopo la nomina governativa: dallo stop allo sfruttamento delle sabbie bituminose, al freno posto alla costruzione di nuovi oleodotti, fino alla "carbon tax", la gabella sulle emissioni da 30 dollari a tonnellata. E pazienza se il governo federale ha assicurato che parte di quelle entrate verrà restituita alle famiglie come rimborso per il prezzo maggiorato dell'energia.
La tassa sul carbonio ha infiammato le provincie debitrici: col premier dell'Alberta Jason Kenney che ha addirittura investito 30 milioni di dollari su un progetto chiamato "War Room". Dove usa soldi pubblici per screditare chi, secondo lui, «è pagato da governi stranieri per minare il settore energetico canadese». Nel mirino, oltre a McKenna, ci sono altri ambientalisti. Come Tzeporah Berman, 50 anni, coordinatrice del programma internazionale Stand Earth. Pure lei minacciata di morte: e aggredita fisicamente all'aeroporto di Edmonton da un uomo furioso per la sua campagna  contro le sabbie bituminose. Uno dei combustibili "più sporchi" del mondo, estratto utilizzando solventi altamente inquinanti. Anche per Catherine Abreu, 27 anni, direttrice di Climate Action Network, ci sono stati insulti e minacce. E infatti lei lo dice chiaramente: «Gli ambientalisti sono sempre più in pericolo ovunque nel mondo. Prendete il caso di Greta Thunberg, costantemente sotto attacco per il suo impegno, ma aggredita per la sua apparenza fisica, più che per le sue parole».
A cavalcare il malcontento ci sta pensando, d'altronde, anche l'opposizione conservatrice: che sta cercando di trasformare le elezioni politiche del prossimo 21 ottobre in una sorta di referendum sulle politiche ambientali del governo in carica. Nei sondaggi, i liberali di Justin Trudeau, premier in cerca di secondo mandato, sono testa a testa coi conservatori guidati da Andrew Scheer. Ma sull'ambiente i due partiti hanno posizioni diametralmente opposte. Anche per questo, proprio come succede anche da noi in Italia, la rabbia politica si trasforma sempre più in violenza sessista. Ma McKenna non si lascia intimorire: «La "Barbie del clima" è pronta a scatenare tempeste».
Anna Lombardi

(la Repubblica 9 settembre)