sabato 26 ottobre 2019

LA BONTA' E LA GIUSTIZIA

Amare non è, per la Torah, un sentimento, bensì un'azione. Amare il prossimo significa certamente non odiarlo o non bramare ciò che gli appartiene, ma nel garantirgli la vita e l'integrità psichica e morale. E' ovvio che non bisogna ucciderlo, ma neppure ferirlo con azioni e parole, mentirgli e ingannarlo. Bisogna soccorrerlo, aiutarlo a risollevarsi, fornire i mezzi di sussistenza onesti.
 Amare lo straniero significa metterlo sul nostro stesso piano. Amare il povero, la vedova, l'orfano  significa restituire loro i vestiti presi in pegno, sollevarli dalla miseria, dare loro ciò che è necessario per vivere. 
Amare lo schiavo significa trattarlo con bontà. 
Amare il nemico significa riportargli il bue e l'asino che si smarrirono. 
Tutto ciò è precisato nella Torah, che cura meticolosamente le leggi persino in ambiti che la civiltà moderne considerano come specifici della buona volontà e non della legge stessa. L'amore per essere autentico non può accontentarsi di essere solo uno slogan! 
La Torah fa della giustizia e della bontà una legge. Del resto un solo termine designa le due nozioni: tzedeq. La realizzazione dello tzedeq, giustizia e bontà è insieme all'amore per il prossimo una delle esigenze fondamentali (Deuteronomio 16,20). Essa garantisce i diritti della persona. La Torah è una sorta di parapetto contro l'egoismo individuale e collettivo. LaTorah ricorda costantemente che vi sono "altre cose" e apre i mondi chiusi, i cuori rinchiusi in loro stessi.

Marc Alain Ouaknin, Le dieci parole, ed.Paoline 2001, pp.26-27