domenica 17 novembre 2019

Gli Usa riconoscono il genocidio armeno. Erdogan: "Il più grande insulto ad Ankara"
Voto alla Camera dopo la mobilitazione di Kim Kardashian. Il leader turco mette in dubbio il vertice con Trump

La scheda
Il "grande crimine" di inizio Novecento
Il massacro
Tra il 1915 e il 1916 l'Impero ottomano deporta e stermina i cristiani dell'Armenia Ovest: tra 500mila e 2 milioni i morti. È il primo genocidio del XX secolo
Il motivo
L'esercito russo, che contava volontari armeni, aveva inflitto sconfitte all'Impero all'inizio della Prima Guerra mondiale
Il riconoscimento

Una trentina di Paesi, tra cui l'Italia, riconoscono il genocidio. La Turchia si rifiuta. Gli armeni lo chiamano "il grande crimine"

ANKARA - "L'arma segreta degli armeni? Kim Kardashian", twitta la deputata Jackie Speier. E fior di storici, giuristi, ricercatori possono mettersi in fila. Perché è anche grazie alla forza mediatica dell'attrice americana di origine armena che la Camera dei Rappresentanti, per la prima volta da 35 anni, riconosce il genocidio condannando la Turchia.
Quello che non può la politica, a volte, è nell'inventiva di alcune protagoniste dello star system. Però l'altra notte è andata così, a Washington: portando il presidente turco Recep Tayyip Erdogan su tutte le furie, costringendo Ankara a convocare l'ambasciatore Usa per una lavata di capo, e rimettendo ancora una volta il rapporto fra Stati Uniti e Turchia su un binario morto. Il Sultano, adesso, si impunta e mette in forse la sua visita alla Casa Bianca.
Ma l'intraprendente stella dello schermo, sposata con il rapper Kayne West, ha un grosso ascendente su Donald Trump. Legatissima al padre Robert, armeno americano, negli ultimi mesi si è lanciata sulla causa. Ne ha parlato prima in un'intervista al Wall Street Journal, ha scambiato i suoi pareri con Trump, con il suo consigliere Jared Kushner marito di Ivanka figlia del presidente, quindi ha visitato il premier armeno. All'inizio di ottobre viaggiando a Erevan ha incontrato la deputata Jackie Speier, una delle promotrici della causa al Congresso, e stretto una solida alleanza.
Speier è ben nota al pubblico americano per essere una donna di forte temperamento: nel 1978, a 28 anni, fu raggiunta da ben cinque colpi d'arma da fuoco durante il massacro di Jonestown, nella Guyana, durante la notte del più grande suicidio collettivo in cui morirono 913 persone appartenenti a una setta religiosa. Si curò le ferite restando a terra per 22 ore ingollando rum locale prima dell'intervento dei medici, sopravvisse, e divenne una deputata democratica. Apprezzata persino dal repubblicano Trump. A Erevan le due donne si sono fatte un selfie, che ha girato il mondo e soprattutto il destino della causa armena.
Quando l'altra sera la palla è passata alla Camera dei Rappresentanti Usa, i deputati hanno finito per assestare un doppio schiaffo ad Ankara, a due settimane dalla visita di Erdogan. Prima hanno approvato in modo bipartisan, quasi all'unanimità, una risoluzione che riconosce i1 genocidio, con una maggioranza schiacciante (405 si su 435 voti). Poi hanno chiesto a Trump di imporre nuove sanzioni alla Turchia per l'offensiva armata in Siria.
La reazione di Ankara è stata colma di ira. «Questa accusa e il più grande insulto alla nostra nazione», ha detto furibondo il leader turco. «È un passo politico insignificante», il   ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu. «Guardatevi allo specchio prima di accusarci. Non esiste nessun genocidio», il suo collega alla Giustizia Abdulhamit Gul. Ora le due risoluzioni andranno al Senato e poi toccherà al presidente. L'Armenia ringrazia e parla di "voto storico". Grazie anche alla diplomazia di due donne.
Marco Ansaldo

(la Repubblica 31 ottobre 2019)