martedì 26 novembre 2019

Rimpasto e repressione

Il Cile non è lo stesso di due settimane fa. Il paese è cambiato e deve cambiare anche il governo". Con queste parole il 28 ottobre il presidente cileno Sebastian Piñera (centrodestra) ha annunciato i nomi dei nuovi ministri del suo esecutivo. Il rimpasto è avvenuto dopo le proteste scoppiate in tutto il paese a metà ottobre contro l'aumento del prezzo del biglietto della metropolitana di Santiago. Il governo ha ritirato la misura, ma i cileni hanno continuato a protestare contro un modello economico che ha prodotto crescita economica e al tempo stesso profonde disuguaglianze. "Forse il cambiamento più rilevante", scrive Bbc mundo, "è l'allontanamento dal ministero dell'interno di Andrés Chadwick, sostituito dall'avvocato Gonzalo Blumel. Chadwick era uno dei collaboratori più stretti e fidati di Piñera".
"Un altro cambiamento importante", si legge sul País, "è la sostituzione del ministro delle finanze Felipe Larraín, che all'inizio delle proteste aveva invitato i romantici a comprare dei fiori, il cui prezzo era diminuito. Ignacio Briones, professore di economia, ha preso il suo posto". Mentre Piñera annunciava il rimpasto di governo, migliaia di persone protestavano davanti al palazzo della Moneda chiedendo le sue dimissioni. Ci sono stati scontri con le forze dell'ordine, che dovranno rispondere dell'accusa di violazione dei diritti umani per la repressione durante i giorni del coprifuoco e dello stato d'emergenza.
"Varie organizzazioni sociali hanno denunciato casi di tortura, abusi sessuali e percosse", si legge sull'Afp. Secondo l'Istituto cileno peri diritti umani, "dal 17 ottobre più di 3.500 persone sono state arrestate. Di queste, più di mille sono state ferite e almeno seicento presentano lesioni da arma da fuoco". Il 29 ottobre una delegazione dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani è arrivata in Cile per verificare la situazione. Anche Amnesty International sta lavorando nel paese.

(Internazionale, 1 novembre 2019)