giovedì 5 dicembre 2019

LEGGERE IL MITO PER QUELLO CHE E'

Il mito religioso riguarda soprattutto le origini del mondo o la comparsa di determinati personaggi fondatori di una religione o che si sono affacciati alla sua storia dandole nuovo lustro. Lo scopo finale del mito, più o meno dichiarato è sempre di dare giustificazione e senso alla condizione dell'essere umano sulla terra, a partire dal grande problema posto dalla presenza del male, della sofferenza e dell'ingiustizia. 
Un secondo polo mitologico riguarda sicuramente la fine del mondo e la visione dell'aldilà. 
Il cristianesimo non solo non fa eccezione ma è ricchissimo di miti che riguardano in particolare le origini del Salvatore e l'escatologia personale, cioè il destino finale delle singole anime ed eventualmente quello dei corpi e la consumazione del cosmo o nuovo inizio di tutte le cose. 
Ai miti contenuti nelle scritture sacre che il cristianesimo ha in comune con l'ebraismo-la parte della Bibbia detta Antico Testamento-si sommano quelli specificamente suoi, contenuti nel Nuovo Testamento. Il problema che si pone oggi al credente non è tanto di sbarazzarsi dei miti, quanto di non prenderli alla lettera, come è avvenuto per i miti antichi sino alle soglie dell'età moderna-e come si continua a fare da parte di chiese e ambienti religiosi tradizionalisti-e di essere consapevoli della provvisorietà di quelli nuovi. 
Per quanto infatti, suoni paradossale, anche l'approccio moderno alla religione comporta l'elaborazione di nuovi miti, perlomeno nel senso generico dell'impossibilità di prescindere dal linguaggio simbolico. La differenza con il passato consiste nel fatto che la cultura di oggi riconosce i miti e i simboli già in partenza per ciò che sono: strumenti interpretativi con data di scadenza, cioè che resteranno in funzione fino ha che la cultura non troverà qualcosa di meglio. 

John Shelby Spong, La nascita di Gesù, Massari editore