martedì 10 dicembre 2019

Non è mai l'ora dello Jus Culturae
Dopo i 5S si smarca anche Boschi

ROMA - Non si rimangia nulla, Maria Elena Boschi. Ha detto in tv che lo ius culturae non è una priorità, al contrario di quel che pensa il segretario del Pd, Nicola Zingaretti che ha posto la Cittadinanza ai nuovi italiani come questione irrinunciabile (anche se senza indicare tempi e modi) e ricevendo soprattutto "no", a cominciare da Di Maio. Boschi rivendica la presa di posizione, aggiungendo: «Ho ripetuto le parole del governatore dem dell'Emilia Romagna, Bonaccini e ribadito che senza i 5Stelle non passa. Sfido chiunque a dire che io non sono per i diritti. Ho chiarito che noi di Italia Viva lo ius culturae lo votiamo».
Ma a La7, ieri mattina, le sue parole suonavano come una chiusura e hanno sollevato un putiferio: «C'è la necessità di fare un confronto in maggioranza: se i 5Stelle danno un'apertura noi siamo d'accordo ma mi pare che in questo momento le priorità siano altre: siano sbloccare i cantieri, mettere in sicurezza il territorio, una legge di bilancio che consenta alle imprese di crescere e metta più risorse sulle famiglie. Di Maio ha già risposto al Pd e ha detto che non se ne parla». Che il Pd stia insistendo perché vuole "mettere in discussione la maggioranza?», insiste Boschi.
Dal Pd reazioni dure. Monica Cirinnà, che scrisse la legge sulle unioni civili, attacca: «Ma come non è una priorità? Non avevano i renziani raccolto le firme per lo ius soli e ius culturae accusando il Pd di timidezza?». Proprio lo ius culturae era stato uno dei cavalli di battaglia di Matteo Renzi che aveva incolpato il suo successore a Palazzo Chigi, il dem Paolo Gentiloni, di mancanza di coraggio per non avere messo la fiducia sulla cittadinanza ai nuovi italiani nella passata legislatura come lui invece aveva osato con le unioni civili. E ora? Dal Nazareno caustici: «Cos'è l'ennesimo asse con Salvini? A secondo delle situazioni i renziani cambiano idea».
«Se il Pd fa sul serio, allora convinca i 5Stelle», contrattacca Luciano Nobili, dal fronte renziano. Boschi dal canto suo si difende: «Io feci un accordo con Maurizio Lupi sullo ius culturae alla Camera ed è passato. Poi al Senato ero per mettere il voto di fiducia, e altri non hanno voluto (e non era certo Renzi)», rincara a margine di un convegno sulla violenza economica nei confronti delle donne e la parità salariale. Altra voce dal Pd è quella di Lia Quartapelle: «A settembre firmai la proposta dei comitati di azione civica ritorno al futuro, da cui è nata Italia Viva, per lo ius culturae. Oggi leggo che ci sono altre priorità. Avete cambiato idea oppure la vostra era una iniziativa opportunistica solo per raccogliere gli indirizzi e fondare un altro partito?».
Nel ring dello scontro a restare al tappeto comunque è lo ius soli o meglio lo ius culturae, ovvero la cittadinanza ai bambini nati in Italia da genitori stranieri ma che abbiano compiuto almeno un ciclo di studi. Infatti in Parlamento non si muove foglia. Sono ferme alla Camera 3 proposte di legge: di Laura Boldrini, Matteo Orfini e della forzista Renata Polverini. Al Senato è il dem Francesco Verducci ad avere ripresentato la legge che era stata approvata a Montecitorio e che poi era finita nelle secche di Palazzo Madama. Sui social e nelle chat dem c'è anche chi rinfaccia al partito di avere dimenticando ius culturae e decreti sicurezza da cancellare. Critico è Matteo Orfini, l'ex presidente del Pd. Pungola anche Graziano Delrio, capogruppo dem alla Camera, tra i promotori già 15 anni fa della campagna per lo ius soli.
Giovanna Casadio

(la Repubblica, 26 novembre 2019)