mercoledì 11 dicembre 2019

Reinventare la democrazia

Le Monde, Francia
Algeria, Cile, Iraq, Libano, Egitto, Haiti, Ecuador, Hong Kong. A tutte le latitudini i popoli sono in rivolta contro i loro governi, con una coincidenza che alimenta gli interrogativi. I contesti sono molto diversi. Sono presi di mira i regimi autoritari ma anche democrazie neoliberiste, senza dimenticare la Francia attaccata dai gilet gialli. Ad Algeri e al Cairo si contesta uno stato ostaggio dell'esercito. A Hong Kong la piazza si ribella all'oppressione della Cina. A Santiago del Cile, Beirut e Baghdad il popolo rifiuta la collusione tra potere politico e capitale e negli ultimi due casi anche il fatto che la vita politica sia determinata dall'appartenenza settaria.
Ma i punti in comune saltano all'occhio: non solo gli slogan e i metodi (manifestazioni pacifiche, uso dei social network), ma soprattutto la rabbia contro una classe, una casta o un'associazione criminale che accumula potere e ricchezze. Le rivolte, prive di leader e di un inquadramento ideologico, invocano dignità, uguaglianza e un "cambiamento di sistema". Il paradosso è che i manifestanti denunciano le disuguaglianze legate alla globalizzazione e allo stesso tempo beneficiano dell'eco planetaria che gli scambi senza frontiere danno alla loro rivolta. Si può pensare, come fa l'esperto di scienze politiche Bertrand Badie, che la ribellione in corso sia un "secondo atto della globalizzazione" in cui il neoliberismo è rimesso in discussione. Il dominio dei dogmi economici ha imposto una "riduzione della presenza dello stato", mentre il trionfo del mercato ha prodotto disparità abissali indebolendo la protezione sociale e favorendo la collusione tra élite politiche ed economiche. La crisi finanziaria e la visibilità offerta da internet hanno reso questa situazione insopportabile.
Trent'anni dopo la caduta del muro di Berlino, che sembrava il trionfo dell'idea di un mondo strutturato dal mercato, il vento della rivolta sembra annunciare un contraccolpo. Bisogna accogliere il cambiamento epocale e aiutare questi movimenti a evitare il nazionalismo, a creare un riequilibrio politico, sociale e ambientale, e a promuovere riforme fiscali che compensino le disuguaglianze, nuovi meccanismi di solidarietà e uno stato attento più al benessere delle persone che agli interessi dei leader. La strada è in salita e l'obiettivo e ambizioso: reinventare la democrazia. Ma è quello che chiedono queste rivolte. as

(Internazionale, 15 novembre 2019)