giovedì 23 gennaio 2020

IL CAMMINO DELLA LETTURA BIBLICA

FAREMO E ASCOLTEREMO

..E tutto il popolo rispose a una voce e disse:" Noi faremo tutte le cose che il Signore ha dette"(Esodo 24,3)

L'attenzione di chi legge le parole del Sinai è tutta presa dai contenuti delle regole stabilite da Dio per il suo popolo, inevitabile domandarsi perché proprio quelle norme e quale significato hanno per abitare diversamente una nuova terra. Rimane, invece, più in ombra l'andirivieni di Mosé che si muove tra il monte  dove Dio lo convoca e le pendici dove e accampato il suo popolo. E solo sullo sfondo rimangono anche le azioni che si svolgono intorno al dono della Torah espresse dai verbi della narrazione. La sapienza ebraica che di quelle leggi ha fatto il cuore della propria fede non di meno ha riflettuto a lungo sulle azioni che avvengono sulla scena del Sinai.
Soprattutto su quelle strane successione di verbi con cui il popolo risponde alla lettura del libro del patto. Alla lettura, la risposta di Israele suona così: "Tutto quello che il Signore ha detto noi lo faremo e lo ascolteremo". I traduttori  hanno subito colto qualcosa di illogico: prima infatti si ascolta e poi si fa quello che si è udito e non viceversa. 
La tradizione ebraica, invece, vi ha letto le cifre della propria esperienza credente: occorre arrischiarsi a fare, per giungere ad ascoltare e capire. La Parola dapprima è agita e solo dopo, a partire da un vissuto obbediente alla Parola, si dischiude l'orizzonte di senso di cui è portatrice. 
Nessun errore logico dunque; piuttosto, un altro modo di intendere l'ascolto, la cui verità si dispiega solo in seconda battuta dopo che il futuro uditore si è coinvolto mettendosi in gioco agendo. Dunque, fare per arrivare ad ascoltare e capire. Nell'inversione dell'ordine dei verbi scorgiamo un ripensamento radicale della relazione con Dio e del senso della libertà umana. Ma questa pagina dell'Esodo appare ancora più intrigante se la nostra attenzione si allarga fino a comprendere anche gli altri verbi che esprimono una sequenza di azioni.
Dio parla (V.1) Mosé riferisce al popolo, che accetta di fare quanto  detto dal Signore (v.3) poi Mosé scrive quelle parole (v.4) prepara il rito che deve suggellare un patto di sangue (4-6) e legge quanto scritto nel libro del patto (v.7). Ed è solo a questo punto che udiamo la risposta della comunità: "noi saremo e ascolteremo" seguita dall' aspersione che suggella il patto (8). Non è per pedanteria che ho elencato le diverse azioni messe in evidenzia dal racconto. Vi è qui una sapienza pedagogica che faremo bene a non sottovalutare. Essa ci ricorda quanto rischiamo di dimenticare, traditi dalla fretta, ovvero che nel processo di appropriazione non basta ricevere una parola significativa, per quanto autorevole, detta da Dio. Occorre un lungo cammino affinché il popolo si appropri di quella Parola altra, capace di generare vita. Le tante azioni compiute da Mosè e dal popolo simboleggiano, liturgicamente, tale processo. Che necessita dei tempi lunghi dell'apprendimento, dove la prima risposta è solo un inizio. Per nulla immediata, l'appropriazione della Parola altra risulta complessa, faticosa. Figurarsi per le generazioni successive, ormai stanziate nella terra, a rischio di vedere in quella parola una bella favola (Ezechiele 21,5). Di di qui l'esigenza di lasciare almeno traccia dell'articolato processo di appropriazione della Parola. Di attestare: "noi l'abbiamo udita quella Parola e abbiamo promesso di seguirla. Ma poi abbiamo compreso che era necessario scriverla per leggerla e rileggerla più volte. E occorreva anche mostrare con gesti simbolici e riti che li ne andava della nostra stessa vita, che si trattava di un patto di sangue. Dovevamo convincere, innanzitutto, noi stessi, generazione  affascinata dell'immediatezza, troppo stanca per affrontare percorsi lunghi, soggetta al richiamo degli dei a portata di mano e delle loro parole statiche. Ma l'abbiamo fatto anche per voi, che leggete queste parole, affinché intuiste che cosa significhi che con questo Dio si stipulano patti di sangue, legami di vita. Il Dio dell'Esodo desidera movimento, cambiamenti; incontrarlo non è mai esperienze di passività. Lui è un Dio che libera, ma noi dobbiamo scegliere di metterci in cammino verso la meta da Lui promessa. Un cammino che domanda appropriazione della Parola liberatrice. O meglio, richiede che ci lasciamo appropriare da quella Parola. A quanti la odono per la prima volta, domanda seconde volte: altro tempo, nuove risposte, altri gesti. In attesa che si aprano non solo le orecchie ma l'intera vita. Fino a poter dire in verità: noi la faremo e l'ascolteremo." 

Lidia Maggi-Rocca 15 dicembre 2019