Ma Erdogan tira dritto "Altri soldati e trivellazioni"
Nelle esibizioni muscolari, Recep Tayyip Erdogan non è secondo a nessuno. Ieri non ha smentito sé stesso in quello che ha voluto rappresentare come un discorso strategico ad ampio raggio: la Turchia invia soldati in Libia, comincia a trivellare sopra l'Africa, manda satelliti nello spazio e, dunque, per assioma, non rinuncia a entrare nell'Unione europea. In un'euforia che, a dispetto della crisi economica, aleggia in un Paese proiettato verso ,una nuova guerra dopo quella interna con i curdi del Pkk e quella esterna in Siria, il Sultano che intende ricalcare le gesta dell'Impero ottomano ha annunciato ufficialmente l'invio di truppe verso la Tripolitania. «Mandiamo i nostri militari per rafforzare la stabilità della Libia e mantenere in piedi un governo legittimo. Faremo di tutto per garantire la sicurezza della Turchia, anche fuori dai nostri confini. Prima Cipro, ora la Libia: abbiamo distrutto la trama ordita contro di noi e firmato un protocollo sulla giurisdizione nelle acque del Mediterraneo orientale». Un dispiegamento militare che continua: ai primi di gennaio Erdogan aveva spedito un primo contingente di 35 militari per "coordinare" le forze del governo di Tripoli riconosciuto dall'Onu. Ora il leader turco presenta la spedizione militare come atta «a sostenere la pace». Sul terreno sarebbero già attivi più di 600 mercenari siriani cooptati dalla Turchia in via informale.
Nel discorso programmatico, il Sultano ha agganciato un intento che diverse cancellerie considerano come foriero di problemi: le esplorazioni di gas nelle acque comprese fra Cipro e il Nordafrica. «Nel 2020, il prima possibile, accelereremo le operazioni di ricerca e trivellazioni. La nave Oruc Reis effettuerà ricerche in campo sismologico». La zona 7 contesa, come già si è visto lo scorso anno quando una nave dell'Eni è rimasta bloccata nella sua attività proprio da Ankara - è ricca di idrocarburi. Incurante delle critiche, il capo dello Stato turco ha disegnato così lo scenario: «Apriamo le porte a una nuova era in cui la nostra produzione, le esportazioni e l'occupazione si rafforzeranno e nella quale difenderemo i nostri interessi».
La Turchia lancerà poi, nel 2021, il suo primo satellite di comunicazione di produzione nazionale: Turksat 6A. «Stiamo aprendo le porte a un nuovo periodo di crescita», ha concluso il Sultano. Con la chiosa: «Spero che le relazioni con la Ue assumano, nel prossimo futuro, un nuovo slancio».
Marco Ansaldo
(la Repubblica 17 gennaio 2020)
Nelle esibizioni muscolari, Recep Tayyip Erdogan non è secondo a nessuno. Ieri non ha smentito sé stesso in quello che ha voluto rappresentare come un discorso strategico ad ampio raggio: la Turchia invia soldati in Libia, comincia a trivellare sopra l'Africa, manda satelliti nello spazio e, dunque, per assioma, non rinuncia a entrare nell'Unione europea. In un'euforia che, a dispetto della crisi economica, aleggia in un Paese proiettato verso ,una nuova guerra dopo quella interna con i curdi del Pkk e quella esterna in Siria, il Sultano che intende ricalcare le gesta dell'Impero ottomano ha annunciato ufficialmente l'invio di truppe verso la Tripolitania. «Mandiamo i nostri militari per rafforzare la stabilità della Libia e mantenere in piedi un governo legittimo. Faremo di tutto per garantire la sicurezza della Turchia, anche fuori dai nostri confini. Prima Cipro, ora la Libia: abbiamo distrutto la trama ordita contro di noi e firmato un protocollo sulla giurisdizione nelle acque del Mediterraneo orientale». Un dispiegamento militare che continua: ai primi di gennaio Erdogan aveva spedito un primo contingente di 35 militari per "coordinare" le forze del governo di Tripoli riconosciuto dall'Onu. Ora il leader turco presenta la spedizione militare come atta «a sostenere la pace». Sul terreno sarebbero già attivi più di 600 mercenari siriani cooptati dalla Turchia in via informale.
Nel discorso programmatico, il Sultano ha agganciato un intento che diverse cancellerie considerano come foriero di problemi: le esplorazioni di gas nelle acque comprese fra Cipro e il Nordafrica. «Nel 2020, il prima possibile, accelereremo le operazioni di ricerca e trivellazioni. La nave Oruc Reis effettuerà ricerche in campo sismologico». La zona 7 contesa, come già si è visto lo scorso anno quando una nave dell'Eni è rimasta bloccata nella sua attività proprio da Ankara - è ricca di idrocarburi. Incurante delle critiche, il capo dello Stato turco ha disegnato così lo scenario: «Apriamo le porte a una nuova era in cui la nostra produzione, le esportazioni e l'occupazione si rafforzeranno e nella quale difenderemo i nostri interessi».
La Turchia lancerà poi, nel 2021, il suo primo satellite di comunicazione di produzione nazionale: Turksat 6A. «Stiamo aprendo le porte a un nuovo periodo di crescita», ha concluso il Sultano. Con la chiosa: «Spero che le relazioni con la Ue assumano, nel prossimo futuro, un nuovo slancio».
Marco Ansaldo
(la Repubblica 17 gennaio 2020)