Non
sa quello che dice
“E
qui vorrei fare l’ultimo passo, anche se più che passi sembrano
inciampi. E vorrei dire: queste cristologie, che sono state costruite
dal II al VI secolo e poi ancora successivamente elaborate, non
devono essere, non soltanto aggiornate, ma pure sostituite? Oggi ci
sono tanti autori che scrivono opere di cristologia originali e
nuove. Sono tutte iniziative private, chiamiamole così. Le Chiese
continuano a ripetere un Credo di cui Neusner dice che per Gesù
andavano bene le prime quattro righe e le ultime due, ma non quelle
in mezzo. E quando un cristiano lo dice, non sa quello che dice”
(pag. 40).
Il
bisogno perverso di definire
“Il
passaggio da Gesù a Cristo, mi sia consentita questa espressione che
non è tanto felice, richiede delle precisazioni. Come non c’è un
solo Gesù nel Nuovo Testamento, non c’è un solo Cristo, non c’è
una sola cristologia. Prendiamo semplicemente il corpus paolino: c’è
almeno una cristologia adozionista e una cristologia classica. Ci
sono diverse cristologie. Il guaio è che la grande Chiesa, che aveva
un nutrimento filosofico di tipo greco, ha sentito il bisogno, nei
Concili di Nicea, Efeso e Calcedonia, di definire una volta per tutte
(perché l’ossessione della Chiesa è di definire sempre una volta
per tutte) cose su Gesù Cristo che si continuano a ripetere senza
rendersi conto che le parole che diciamo non hanno assolutamente più
il significato che avevano allora, e sono definizioni che oggi
ostacolano questa riflessione (pag. 38).