venerdì 24 gennaio 2020

«Riponi la tua sorte nel Signore; confida in Lui ed Egli agirà» (Salmo 37, 7)

Uno dei tanti sondaggi di fine anno ci dice che gli italiani sono particolarmente pessimisti. Paesi molto più poveri del nostro - una cinquantina in tutto - prevedono un 2020 migliore degli anni passati, mentre in Italia aumentano le persone segnate dalla paura. La paura riguarda soprattutto il lavoro e le previsioni economiche. Ma altissima è la percentuale di persone che non si aspettano più nulla dall'avvenire. La dimensione dell'attesa sembra essersi eclissata, insieme a quella della gioia.
E tu, sorella e fratello, che cosa ti aspetti dal nuovo anno? Spero che tu nutra ancora la dimensione del desiderio (cioè della "mancanza di stelle"), dell'attesa, dell'aspirazione. Questo è il mio augurio, di non permettere al tuo cuore di essere corroso dalla rassegnazione e dalla frustrazione, che nella nostra società stingono facilmente nel cinismo. Non scambiare mai i desideri con i bisogni, non barattare i sogni con il disincanto. Perché questo avvenga mantieni vivo il senso della gratitudine, che è l'altro nome della fede e che si riassume anzitutto in riconoscenza nei confronti di Dio. Credere significa, molto semplicemente, riconoscere che ciò che hai e hai avuto, lo hai ricevuto. Tutto, non solo qualcosa. Tutto hai e abbiamo ricevuto, nulla abbiamo guadagnato, nulla possediamo. Tutto è immeritato, tutto è dono ingiustificato e sorprendente. A iniziare dal fatto che la tua vita è amata, che puoi accogliere gli altri e le altre per quello che sono, che puoi accogliere e amare anche te stesso per quello che sei. Anche amare se stesso è una grazia. Perché sei per-do- nato (dal verbo donare e dalla particella "per" che sottolinea l'assolutezza del dono).
Silenzio e attesa si declinano insieme. Non il silenzio della rassegnazione muta; non l'attesa spenta del passare dei giorni, ma quella viva della vocazione a cui sei chiamata e chiamato. L'attesa e il silenzio che hanno il profumo della speranza fondata nel Signore che ha in serbo per te mille progetti e che ti dice che il meglio deve ancora venire.
Gianni Genre

(Riforma, 10 gennaio)