«Riponi la tua sorte nel Signore; confida in Lui ed Egli agirà» (Salmo 37, 7)
Uno dei tanti sondaggi di fine anno ci dice che gli italiani sono particolarmente pessimisti. Paesi molto più poveri del nostro - una cinquantina in tutto - prevedono un 2020 migliore degli anni passati, mentre in Italia aumentano le persone segnate dalla paura. La paura riguarda soprattutto il lavoro e le previsioni economiche. Ma altissima è la percentuale di persone che non si aspettano più nulla dall'avvenire. La dimensione dell'attesa sembra essersi eclissata, insieme a quella della gioia.
E tu, sorella e fratello, che cosa ti aspetti dal nuovo anno? Spero che tu nutra ancora la dimensione del desiderio (cioè della "mancanza di stelle"), dell'attesa, dell'aspirazione. Questo è il mio augurio, di non permettere al tuo cuore di essere corroso dalla rassegnazione e dalla frustrazione, che nella nostra società stingono facilmente nel cinismo. Non scambiare mai i desideri con i bisogni, non barattare i sogni con il disincanto. Perché questo avvenga mantieni vivo il senso della gratitudine, che è l'altro nome della fede e che si riassume anzitutto in riconoscenza nei confronti di Dio. Credere significa, molto semplicemente, riconoscere che ciò che hai e hai avuto, lo hai ricevuto. Tutto, non solo qualcosa. Tutto hai e abbiamo ricevuto, nulla abbiamo guadagnato, nulla possediamo. Tutto è immeritato, tutto è dono ingiustificato e sorprendente. A iniziare dal fatto che la tua vita è amata, che puoi accogliere gli altri e le altre per quello che sono, che puoi accogliere e amare anche te stesso per quello che sei. Anche amare se stesso è una grazia. Perché sei per-do- nato (dal verbo donare e dalla particella "per" che sottolinea l'assolutezza del dono).
Silenzio e attesa si declinano insieme. Non il silenzio della rassegnazione muta; non l'attesa spenta del passare dei giorni, ma quella viva della vocazione a cui sei chiamata e chiamato. L'attesa e il silenzio che hanno il profumo della speranza fondata nel Signore che ha in serbo per te mille progetti e che ti dice che il meglio deve ancora venire.
Gianni Genre
(Riforma, 10 gennaio)
Uno dei tanti sondaggi di fine anno ci dice che gli italiani sono particolarmente pessimisti. Paesi molto più poveri del nostro - una cinquantina in tutto - prevedono un 2020 migliore degli anni passati, mentre in Italia aumentano le persone segnate dalla paura. La paura riguarda soprattutto il lavoro e le previsioni economiche. Ma altissima è la percentuale di persone che non si aspettano più nulla dall'avvenire. La dimensione dell'attesa sembra essersi eclissata, insieme a quella della gioia.
E tu, sorella e fratello, che cosa ti aspetti dal nuovo anno? Spero che tu nutra ancora la dimensione del desiderio (cioè della "mancanza di stelle"), dell'attesa, dell'aspirazione. Questo è il mio augurio, di non permettere al tuo cuore di essere corroso dalla rassegnazione e dalla frustrazione, che nella nostra società stingono facilmente nel cinismo. Non scambiare mai i desideri con i bisogni, non barattare i sogni con il disincanto. Perché questo avvenga mantieni vivo il senso della gratitudine, che è l'altro nome della fede e che si riassume anzitutto in riconoscenza nei confronti di Dio. Credere significa, molto semplicemente, riconoscere che ciò che hai e hai avuto, lo hai ricevuto. Tutto, non solo qualcosa. Tutto hai e abbiamo ricevuto, nulla abbiamo guadagnato, nulla possediamo. Tutto è immeritato, tutto è dono ingiustificato e sorprendente. A iniziare dal fatto che la tua vita è amata, che puoi accogliere gli altri e le altre per quello che sono, che puoi accogliere e amare anche te stesso per quello che sei. Anche amare se stesso è una grazia. Perché sei per-do- nato (dal verbo donare e dalla particella "per" che sottolinea l'assolutezza del dono).
Silenzio e attesa si declinano insieme. Non il silenzio della rassegnazione muta; non l'attesa spenta del passare dei giorni, ma quella viva della vocazione a cui sei chiamata e chiamato. L'attesa e il silenzio che hanno il profumo della speranza fondata nel Signore che ha in serbo per te mille progetti e che ti dice che il meglio deve ancora venire.
Gianni Genre
(Riforma, 10 gennaio)