Spreco alimentare Oltre il 54% è casalingo
CATTIVA GESTIONE DELLE scadenze, conservazione sbagliata degli alimenti, carrello della spesa che eccede i consumi. Lo spreco di cibo casalingo rappresenta il 54% di tutto quello lungo la filiera, stimato in un terzo del cibo prodotto. Si tratta di 1,3 miliardi di tonnellate nel mondo (Fao 2018) di cui la metà, circa 88 milioni solo nell'Ue (Intergovernmental Panel on Climate Change), corrispondenti a 128 miliardi di euro. In Italia il surplus domestico è di 3 milioni e 900mila tonnellate e vale da 12 a 15 miliardi, ai quali va sommato lo spreco di filiera (produzione e distribuzione), stimato in oltre 3 miliardi. Si crede che la perdita rimanga tra le quattro mura di casa, in realtà è un danno a più livelli. Sociale, perché il cibo potrebbe essere distribuito meglio. Ambientale, perché valanghe di rifiuti contribuiscono all'effetto serra sia in termini di energia usata in agricoltura che di metano rilasciato in discarica. Se fossero un Paese, sarebbe il terzo a produrre gas serra nel mondo.
Non è facile risolvere il problema perché manca un metodo unitario nel calcolare le perdite. L'Ue per esempio dovrà valutare entro il 2023 la possibilità di ridurre del 50% lo spreco entro il 2030. Nel frattempo molte amministrazioni nel mondo si stanno attivando. A Seoul, Corea del Sud, c'è una tassa sull'umido: le famiglie pagano a seconda del peso dei rifiuti prodotti. Così la città ricicla il 95% dei rifiuti alimentari in fertilizzante o biocarburante. A New York c'è un programma per rendere compostabile ciò che avanza nei ristoranti. In più c'è un portale per le donazioni di cibo. L'obiettivo è arrivare allo spreco zero entro il 2030. E in Italia? Grazie alla legge Gadda 166/ 2016 si riesce finalmente a intercettare una parte del surplus, promuovendo la redistribuzione delle eccedenze e dei beni inutilizzati per fini di solidarietà sociale. Nei 2018 la rete Banco Alimentare, che ha compiuto 30 anni, ha recuperato circa 45mila tonnellate di alimenti lungo tutta la catena alimentare (ortofrutta, industria, grande distribuzione, ristorazione aziendale). Certo, rimane molto da fare. A partire da noi. Per esempio facendo la spesa tutti i giorni e comprando esclusivamente quello che serve invece di riempire frigoriferi e dispense.
Mara Accettura
(Donne, 11 gennaio 2020)
CATTIVA GESTIONE DELLE scadenze, conservazione sbagliata degli alimenti, carrello della spesa che eccede i consumi. Lo spreco di cibo casalingo rappresenta il 54% di tutto quello lungo la filiera, stimato in un terzo del cibo prodotto. Si tratta di 1,3 miliardi di tonnellate nel mondo (Fao 2018) di cui la metà, circa 88 milioni solo nell'Ue (Intergovernmental Panel on Climate Change), corrispondenti a 128 miliardi di euro. In Italia il surplus domestico è di 3 milioni e 900mila tonnellate e vale da 12 a 15 miliardi, ai quali va sommato lo spreco di filiera (produzione e distribuzione), stimato in oltre 3 miliardi. Si crede che la perdita rimanga tra le quattro mura di casa, in realtà è un danno a più livelli. Sociale, perché il cibo potrebbe essere distribuito meglio. Ambientale, perché valanghe di rifiuti contribuiscono all'effetto serra sia in termini di energia usata in agricoltura che di metano rilasciato in discarica. Se fossero un Paese, sarebbe il terzo a produrre gas serra nel mondo.
Non è facile risolvere il problema perché manca un metodo unitario nel calcolare le perdite. L'Ue per esempio dovrà valutare entro il 2023 la possibilità di ridurre del 50% lo spreco entro il 2030. Nel frattempo molte amministrazioni nel mondo si stanno attivando. A Seoul, Corea del Sud, c'è una tassa sull'umido: le famiglie pagano a seconda del peso dei rifiuti prodotti. Così la città ricicla il 95% dei rifiuti alimentari in fertilizzante o biocarburante. A New York c'è un programma per rendere compostabile ciò che avanza nei ristoranti. In più c'è un portale per le donazioni di cibo. L'obiettivo è arrivare allo spreco zero entro il 2030. E in Italia? Grazie alla legge Gadda 166/ 2016 si riesce finalmente a intercettare una parte del surplus, promuovendo la redistribuzione delle eccedenze e dei beni inutilizzati per fini di solidarietà sociale. Nei 2018 la rete Banco Alimentare, che ha compiuto 30 anni, ha recuperato circa 45mila tonnellate di alimenti lungo tutta la catena alimentare (ortofrutta, industria, grande distribuzione, ristorazione aziendale). Certo, rimane molto da fare. A partire da noi. Per esempio facendo la spesa tutti i giorni e comprando esclusivamente quello che serve invece di riempire frigoriferi e dispense.
Mara Accettura
(Donne, 11 gennaio 2020)