Sulla strada dell'alienazione
Un furgone blocca il passo carraio di casa mia. Protesto a voce alta, arriva un signore sulla cinquantina, si scusa sbrigativamente: consegna pacchi, riparte subito. Mi scusi lei, rispondo, non avevo visto che sta lavorando ed è di corsa. Se la paternale "non si parcheggia sui passi carrai" che stavo per fare (e continuerò a fare in caso di suv metallizzati) mi si spegne in bocca è anche merito di Sorry We Missed You, il nuovo bellissimo film di Ken Loach. Una coppia di Newcastle combatte contro i debiti. Nella speranza di ridare dignità alla sua famiglia, Rick decide di acquistare un furgone e lavorare come corriere per una ditta in franchise. Sgobba come un mulo, controllato da un dispositivo che segna tempi e percorsi. Sua moglie Abby fa la badante a cottimo per anziani non autosufficienti. Per comprare il furgone hanno venduto l'automobile e lei gira coi mezzi da un capo all'altro della città. Crescere due figli in questa situazione non è facile. Si amano, ma il punto di rottura è vicino. Siamo consapevoli, ci domanda Loach, delle ripercussioni fisiche e mentali di vite come queste? Siamo capaci di sentire la disperazione psicosociale prima che naufraghi in forme di rabbia non governata dalla politica? Cogliamo la differenza tra tirare la cinghia e neo-tecnoschiavismo? Marx diceva che alienazione è quando la forza lavorativa umana prescinde dagli individui e lascia spazio al feticismo delle merci. Persone reificate, cose personificate. Alienazione è anche una parola psichiatrica, indica una radicale perdita di sé.
Mentre molti di noi migliorano le loro vite grazie allo smart working, altri vengono dati in pasto a lavori disumanizzanti e senza garanzie. Eppure: «mai più profitti senza un'etica». Non lo dice Marx ma il capitalista Klaus Schwab, fondatore e direttore del World Economic Forum di Davos. Qualcosa non torna.
Vittorio Lingiardi
(Il Venerdì, 3 gennaio 2020)
Un furgone blocca il passo carraio di casa mia. Protesto a voce alta, arriva un signore sulla cinquantina, si scusa sbrigativamente: consegna pacchi, riparte subito. Mi scusi lei, rispondo, non avevo visto che sta lavorando ed è di corsa. Se la paternale "non si parcheggia sui passi carrai" che stavo per fare (e continuerò a fare in caso di suv metallizzati) mi si spegne in bocca è anche merito di Sorry We Missed You, il nuovo bellissimo film di Ken Loach. Una coppia di Newcastle combatte contro i debiti. Nella speranza di ridare dignità alla sua famiglia, Rick decide di acquistare un furgone e lavorare come corriere per una ditta in franchise. Sgobba come un mulo, controllato da un dispositivo che segna tempi e percorsi. Sua moglie Abby fa la badante a cottimo per anziani non autosufficienti. Per comprare il furgone hanno venduto l'automobile e lei gira coi mezzi da un capo all'altro della città. Crescere due figli in questa situazione non è facile. Si amano, ma il punto di rottura è vicino. Siamo consapevoli, ci domanda Loach, delle ripercussioni fisiche e mentali di vite come queste? Siamo capaci di sentire la disperazione psicosociale prima che naufraghi in forme di rabbia non governata dalla politica? Cogliamo la differenza tra tirare la cinghia e neo-tecnoschiavismo? Marx diceva che alienazione è quando la forza lavorativa umana prescinde dagli individui e lascia spazio al feticismo delle merci. Persone reificate, cose personificate. Alienazione è anche una parola psichiatrica, indica una radicale perdita di sé.
Mentre molti di noi migliorano le loro vite grazie allo smart working, altri vengono dati in pasto a lavori disumanizzanti e senza garanzie. Eppure: «mai più profitti senza un'etica». Non lo dice Marx ma il capitalista Klaus Schwab, fondatore e direttore del World Economic Forum di Davos. Qualcosa non torna.
Vittorio Lingiardi
(Il Venerdì, 3 gennaio 2020)