lunedì 2 marzo 2020

IL LIBERALE SENZA CORAGGIO

Da tempo avvertiamo l’handicap culturale che ha impedito al pensiero liberale di radicarsi nel nostro Paese: la mancanza di coraggio o, se volete, una forma di sudditanza al senso comune che va per la maggiore. 
Mi spiace se devo di nuovo prendermela con lo storico Ernesto Galli della Loggia, ma le obiezioni da lui mosse sul Corriere della Sera al rilascio della cittadinanza italiana ai minorenni figli di immigrati, quand'anche abbiano compiuto un ciclo di studi nel nostro Paese, sembrano fatte apposta per evidenziarlo. Pur riconoscendo la necessità di favorire l'integrazione di questi giovani, Galli della Loggia denuncia e rischio di ‟premiare” con l'agognato passaporto anche studenti facenti parte di nuclei familiari nei quali permangono tradizioni patriarcali di sottomissione della donna. Naturalmente chiama in causa la cultura islamica, nella quale tali comportamenti allignano più tenacemente (anche se, soprattutto fra le seconde generazioni, è in corso una vera e propria battaglia culturale per l'emancipazione femminile). Orbene, Galli della Loggia non si spinge fino ad asserire che dovremmo concedere la cittadinanza discriminando in base all’affiliazione religiosa. E anzi precisa che procedere a controlli e verifiche della sfera privata delle famiglie immigrate, sui loro ‟sistemi di vita”, per verificare l'effettivo grado di integrazione conseguito, sarebbe illegale. Troppo facile fargli notare che anche analoghi ‟sistemi di vita” brutali e misogini sono diffusi anche in molte famiglie italiane, come la cronaca dimostra tutti i giorni. Risponderebbe che non è prevista alcuna norma di revoca della cittadinanza (ci mancherebbe!) e che dunque quelli dobbiamo tenerceli, perseguendoli e sanzionandoli quando è possibile. Il che, se lo lasci dire, dovrebbe valere per tutti i residenti sul nostro territorio, a prescindere dalla nazionalità. Il guaio è la conseguenza che Galli della Loggia ne trae: siccome fra gli immigrati sopravvivono colture a noi estranee, la soluzione (che non risolve nulla) sarebbe rinviare la naturalizzazione dei lungoresidenti alla loro maggiore età.
Solo dopo aver adempiuto a un'apposita opera di formazione educativa, e procedendo all’attribuzione della cittadinanza solo «su base individuale e previo accertamento delle qualità specifiche del richiedente». Ne so qualcosa: immigrato in Italia all'età di tre anni, ho ottenuto la cittadinanza solo quando ne ho compiuti trenta. Un arbitrio tipico dei sistemi che, appunto, si affidano alla mera arbitrarietà. Sistemi illiberali, fondati sulla condizione posta dal ‟liberale” Galli della Loggia: una legge che debba «godere del massimo consenso degli italiani». Diceva il Manzoni: «Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare».

Gad Lerner, il venerdì 28 febbraio