venerdì 27 marzo 2020

Il razzista rassicurante

Perché negare l'ovvio? Per paura delle parole? Non occorreva attendere la sua recente sortita sui cinesi che mangiano i topi vivi e non si lavano le mani per stabilire che Luca Zaia è un razzista. Sì, né più né meno un razzista, come il suo concittadino trevisano Giancarlo Gentilini che minacciava di sparare agli immigrati al posto dei leprotti; o come il suo ex collega di governo Roberto Calderoli che paragono una ministra afroitaliana a un orango. La parola "razzista", si sa, è caduta in disgrazia. A differenza del secolo scorso, quando in Italia era conveniente dichiararsi orgogliosamente razzisti, nessuno più accetta di essere definito tale. Rischi perfino una querela, a dirglielo: razzista. Eppure i nostri razzisti contemporanei lo sanno benissimo, quel che fanno. Alludono, graffiano, e poi sgusciano, rettificano, precisano... fingendo di ignorare che i loro successi elettorali sono dovuti anche all'uso disinvolto della propaganda razzista.
Questo è il punto: se tu dici che Luca Zaia è razzista, la prima cosa che ti rispondono è che hai le traveggole perché lui, il Doge, riscuote grandi consensi fra i veneti; e perché la sua Regione ha integrato un gran numero di lavoratori stranieri. Vere entrambe le cose.
Così come era vero che Mussolini ha goduto di vasti consensi e che quando c'era lui i treni partivano in orario. Anche all'epoca, del resto, il razzista amava presentarsi come persona civile e mansueta, che non ce l'aveva con gli "altri" ma voleva solo ristabilire le necessarie distinzioni. Anzi, una volta rimessi al loro posto, gli stranieri gli stavano pure simpatici. Interessante è constatare, al proposito, come ha reagito un gran numero di sostenitori di Zaia dopo la sua infelice comparsata televisiva anticinese: i social si sono riempiti di commenti entusiastici, corredati da foto e filmati miranti a dimostrare l'inferiorità di quella popolazione asiatica al cospetto della "razza Piave" (copyright Gentilini). Un flusso di consensi che non si è interrotto neanche quando Zaia si è rimangiato le sue parole, ammettendo di aver sbagliato, in una lettera all'ambasciatore di Pechino. È la tecnica dello stop and go. Liscio il pelo al mio elettorato con frasi grossolane, poi dopo rassicuro chi di dovere che resto un governatore con la testa sulle spalle. Detto ciò, rispondo in anticipo alla solita usurata obiezione: stai forse insinuando che gli italiani sono razzisti? No. Sto solo dicendo che Zaia è razzista.
Gad Lerner

(Il venerdì, 13 marzo 2020 )