domenica 1 marzo 2020

La parola ai maestri

«Da due millenni il memento mori della saggezza cristiana ci esorta a valorizzare la costante presenza della morte nel corso dell'umana esistenza. Ci ricorda che tale evento non deve coglierci impreparati ed esige la nostra attiva partecipazione. Ci guida a renderci conto che il morire ci accompagna fin dal pianto con cui il neonato segnala la sua vitalità: primo emergere in lui dei processi di libera accettazione della finitudine. Ci sollecita all'altrettanto libera apertura alla speranza in un "oltre" inafferrabile. Ci introduce alla scoperta che proprio la presa di coscienza dell'ineluttabilità della morte ci consente di affrontare con qualche serena combattività una vita fragile, inquieta e ricca di potenzialità» (Aa. Vv. Nuovo Corso di Dogmatica, Mysterium salutis, Brescia 1978, vol. X, pp. 560 ss.).

«Non è ver che sia la morte il peggior di tutti mali; è sollievo dei mortali che son stanchi di soffrir» (Pietro Metastasio).

«Morire altro non è che finire di nascere» (Cyrano di Bergerac).

«Noi moriamo davvero per sempre, solo quando non riusciamo a mettere radici negli altri» (Lev Tolstoj).

«Se vuoi vivere impara a morire» (Sigmund Freud).

«Se un uomo non ha ancora trovato qualche causa per cui potrebbe morire, non è ancora vivo» (Martin Luther King).

«Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto» (Vangelo di Giovanni 12, 24).

[Il foglio n. 466 - 2019]