Cari
fratelli e sorelle, cari amici e amiche, anche stasera voglio con
impegno e con affetto trasmettervi un messaggio biblico. Lo
titolerei così: “La prima quarantena di Mosè”.
Prendiamo ancora
tra le mani quel gioiello della Bibbia ebraica, il libro dell'Esodo
che racconta l'evento fondatore, cioè la liberazione dalla schiavitù
dell’Egitto. Si tratta di una narrazione teologica così ricca di
senso e di significati che l'ebreo credente deve riproporsi
continuamente di ritornare a leggerla, a meditarla.
Voglio soffermarmi
su un particolare: Mosè, secondo il racconto salvato dalle acque e
cresciuto negli agi della casa del faraone, un giorno decide di
mettere il naso fuori dal palazzo e che cosa gli succede? E’
sconvolto: i suoi fratelli ebrei sono oppressi dai lavori pesanti. Vede
che un egiziano picchia un ebreo.Preso dall’ira, vendica il fratello
ebreo e uccide l'egiziano. La cosa è risaputa; il faraone cerca di
mettere a morte Mosè. Allora prosegue il racconto, Mosè si allontana
dal faraone e si stabilisce nel paese di Madian, si ferma presso il
pozzo, dice Esodo 2 versetti 11,15.
Mosè di primo acchito aveva
pensato che cambiare vita fosse un fatto semplice come un gesto
coraggioso di buona volontà. Invece il vecchio stile di vita, il clima
faraonico impastato di prevaricazione e di violenza aveva seminato in
lui l'idea del potere, aveva messo radici anche nel suo cuore. Si accorse che le cose non si risolvono con una sola decisione. Come il
faraone, questa volta è lui che opprime e uccide l'egiziano. A questo
punto Mosè compie una scelta di grande saggezza: anziché tuffarsi in
una vita nuova con il cuore vecchio, anziché fare il liberatore con
il cuore dell'oppressore, si ferma a Madian e siede presso un pozzo, dice il racconto. Per lui è un’esperienza nuova, in una terra
sconosciuta: dal palazzo ad un campo riducendo i suoi agi, la sua iperattività, i suoi
consumi al minimo, quasi gli basta l'acqua del pozzo.
Ma la Bibbia non
ha tanto lo scopo di narrarci le avventure del trasloco da un palazzo
ad una zona desertica: ben altro vuole dirci la Bibbia. Mosè deve fare
la sua quarantena, il suo trasloco interiore, per deporre lo stile
faraonico e cercare una strada nuova.
Questo Mosè che depone la
presunzione di essere capace di una vita nuova, diventa lentamente consapevole di
questo lungo itinerario interiore. E' nei suoi tanti momenti di quarantena
che l’Esodo riporta, che Mosè scopre che ogni vero cambiamento
esige un cammino interiore profondo, lungo, sofferto.
Questa pagina
biblica mi sembra così vicina alle nostre vite di oggi e potremmo
dire che questa quarantena può essere il segno della nostra
Quaresima per cambiare lo stile di vita con cui la società del
mercato e dell’immagine ha infettato l'esistenza di ciascuno e
ciascuna di noi e ha spesso sovvertito la scala dei valori e delle
priorità.
Sempre usando quuesta immagine biblica, potremmo dire ci vuole una quarantena spirituale profonda per ciascuno e ciascuna di noi.
Io sento di
dovermi sedere vicino a Mosè presso il pozzo dell'acqua viva di cui
ci parlano le Scritture. Sento che nella vita c'è bisogno di questa
quarantena.
Però, fermi al pozzo, non sarebbe un grande bene se noi
eventualmente sopravvissuti al coronavirus tornassimo semplicemente
al tutto come prima, al ritmo di prima, alle cose di prima. Mosè a quel
pozzo, in quella esperienza difficile e radicale, cominciò a percepire
il senso, il bisogno, la forza per vivere diversamente.
Fu dentro quella vita a Madian, fatta di silenzio, di sobrietà e di
solidarietà con i pastori del deserto che Dio cominciò a farsi
percepire nel roveto ardente come una presenza che accompagna, sconvolge, converte, chiama a vita nuova
Spero proprio che il nostro
futuro non sia solo una pezza alla pandemia con qualche piccolo
correttivo alla vita del passato, ma piuttosto una disamina attenta, coraggiosa e concreta di ciò che dobbiamo trattenere e di ciò che
dobbiamo radicalmente cambiare.
Qui la nostra fede ha bisogno
dell'ossigeno biblico del silenzio, della preghiera per affidarci al Dio che ci chiama a cambiare, a mettere al centro della
nostra esistenza e della nostra esperienza di fede le relazioni, la
semplicità, le persone più deboli: meno cose più persone più
relazioni.
Anche la nostra chiesa e le nostre esperienze comunitarie
devono avere più attenzione al mistero di Dio del roveto ardente e deporre i troppi sandali che abbiamo tra i piedi (Esodo 3,5) le troppe
cianfrusaglie religiose, i madonnismi idolatrici, i linguaggi paludati
e le litanie senza senso.
Questi sandali da deporre secondo la
richiesta di Dio a Mosè, sono fatti appunto per camminare un po'
scalzi tra gli appiedati e leappiedate e per sentire la voce di Dio che parla ai
nostri cuori, forse per dirci ancora una volta che non saremo mai
liberi e felici da soli, che l’io senza il noi non crea un futuro
più umano perché già Dio ci ha pensati e ci ha amati/e come un
insieme.
Caro Dio, ho fiducia in Te.
Da questa stagione così difficile Tu ci aiuterai a cercare strade veramente nuove ma abbiamo bisogno
come figli e figlie tue, come fratelli e sorelle, di essere non degli
spettatori in attesa del miracolo oppure plaudenti per le fatiche
altrui; dobbiamo diventare attori e partecipi di un futuro nuovo.Non qualche etichetta nuova su un arelatà vecchia, ma una qualità di vita e di fede veramente nuova. Vi auguro una buona sera e buonanotte.
Franco Barbero
(Traslazione scritta della conversazione orale del giorno 25 marzo a cura di Franca Gonella)