domenica 29 marzo 2020

NETANYAHU INAFFIDABILE

Non c'è da fidarsi di Netanyahu
Zvi Barel, Haaretz, Israele
Governo di unità nazionale è l'ultima cosa di cui Israele ha bisogno. Dopo che il governo in carica guidato da Benjamin Netanyahu ha aggirato il parlamento per autorizzare lo shin bet (l'agenzia di intelligence per gli affari interni) a controllare tutti i nostri spostamenti, dopo che il ministro della giustizia ha congelato il sistema giuridico e mentre ministro delle finanze cerca di stimolare l'economia senza spiegare da dove vengono i soldi, cos'altro può fare un governo di unità nazionale a parte cancellare qualunque critica, vigilanza o differenza di opinione?
Questi decreti così duri e invadenti sono stati imposti da un governo ad interim che in tempi normali non avrebbe l'autorità costituzionale per farlo. Eppure la popolazione è disciplinata e obbediente. Non perché è convinta che i leader, detestati da almeno metà del paese, improvvisamente sappiano quello che stanno facendo. E neanche perché ha deciso di dargli legittimità nonostante il fatto che alle elezioni la maggioranza ha chiarito di non fidarsi dal governo uscente. I cittadini sanno cosa bisogna fare senza che glielo spieghi un imputato il cui processo è stato rinviato.
Il consenso nazionale che serve per combattere il coronavirus c'è già. E non perché l'ha ordinato Netanyahu, ma a causa della paura e dell'istinto di sopravvivenza. Un governo di unità nazionale servirà solo a legittimare la stretta sul budget e una maggiore sorveglianza. E porterà a un disastro politico, privandoci della possibilità di liberarci del criminale al potere.
Un esecutivo di minoranza guidato da Benny Gantz non offrirà una soluzione magica contro l'epidemia. Ma almeno ci toglierà la sensazione che tutte le decisioni prese dal governo ad interim, per quanto giuste, fossero destinate non tanto a vincere la battaglia contro il virus, ma a bloccare la strada che porta dalla residenza del premier al tribunale. Dopotutto Netanyahu è ancora un imputato che combatte per la sua libertà.

Internazionale, 20 marzo