L VIRUS AMMONISCE LA TERRA
Care Amiche ed Amici,
il segno dei tempi più inquietante e invasivo di questi tempi dolenti è
che il governo ha proibito i baci. Povero san Bernardo con i suoi nove
sermoni sul bacio! E il Cantico dei Cantici!
Dall’emergenza virus che ha colpito il mondo e affligge l’Italia
dobbiamo tuttavia ricavare, insieme al lutto, moniti e conferme che
sarebbe colpevole ignorare.
La prima conferma è che ormai, al di là di tutte le preziose diversità
di nazioni, di stirpi, di Stati, di colore, di cultura, di religione, di
lingua e di sesso, c’è un solo popolo della Terra, c’è l’evidenza di
una sua unità di origine e di destino, c’è la sua soggettività o persona
collettiva che è in gioco.
Abbiamo toccato con mano quanto già aveva
detto san Giovanni Crisostomo e proclamato il Concilio Vaticano II: “Chi
sta in Roma sa che gli Indi sono sue membra”. Questa unità, rifiutata e
stracciata da tutti i poteri del mondo, ora bussa alla nostra porta e
non ci sono muri, apartheid, riserve indiane e frontiere o porti chiusi
che tengano.
Il confine non è la propria immagine, come pretende la
selfie, è globale. Una grande lezione.
La seconda è il nesso inscindibile che stringe gli esseri umani alla
natura; le donne, certo, prima di tutto, che sono grembo della vita, ma
anche gli uomini: un nesso con tutta la natura vivente, quella visibile e
quella invisibile, anche più invisibile del pulviscolo dell’aria; per
questo si parla di ecologia integrale. Dicono che il virus sia passato
dagli animali all’uomo, saltando da una specie all’altra, che ora anche
le malattie, grazie alla globalizzazione, non conoscono frontiere tra
gli animali e l’uomo, tra l’una e l’altra specie. Ciò vuol dire che deve
essere la cultura, ben più che la natura, a presiedere al nostro
rapporto con gli animali, a definire ciò che ad essi ci accomuna (come
canta il Cantico delle creature) ma anche ciò che infinitamente da loro
ci distingue, quella scintilla dell’umano, quello scambio ineffabile
che ci fa confinare con Dio, che fa l’inestimabile differenza umana,
che nessuna intelligenza artificiale potrà eguagliare. In questa
differenza alberga anche il diritto.
La terza è che il nostro vero problema, la vera posta in gioco, quella
che pur sembra la più difficile, non è la sicurezza, ma la salvezza. La
salvezza della Terra, che la storia continui, che l’umanità sussista,
senza l’alibi dell’escaton, della fine annunciata, delle apocalissi che
si autorealizzano.
La sicurezza, per quanto la promettano, non è alla
nostra portata. Ci danno più armi, e più licenza di usarne, e ci si
uccide di più.
Ci tolgono i profughi dalle anagrafi, e ne fanno dispersi
e disperati nelle città. La destra americana si inventò una
straordinaria “Strategia della sicurezza nazionale” e anche della
sicurezza del mondo, promettendo di estirpare gli “Stati canaglia” (in
inglese “rogue States“, cioè “zizzania”) e ha devastato tutto il Medio
Oriente, funestato l’America Latina e messo a rischio i popoli tutti..
Mettono in quarantena quell’unico passeggero transitato per Singapore,
allargano le zone rosse, le chiudono al traffico, ma il virus fa la sua
corsa, mentre le guerre mettono in movimento esodi di massa, e la
Turchia minaccia l’Europa scatenandole contro i profughi come un’arma.
La sicurezza è un mito, è la promessa non mantenuta, la salvezza è
invece il compito nostro e insieme il dono che ci è stato promesso, e
proprio lei è alla nostra portata, se a imitazione di Dio l’assumiamo
come salvezza di tutti, nessuno escluso, se giochiamo su di essa tutte
le nostre risorse.
La quarta conferma è che la vera unità dell’Europa e del mondo, fallita
nel Novecento quando se ne era avuta la migliore possibilità, e fu messa
invece in mano al denaro, la dobbiamo fare ora; a questo non servono
reucci, dittatorelli e altri presunti sovrani e sovranisti; gli antichi
dicevano che era il diritto a dover essere re, il “nomos basiléus”, come
sappiamo da Pindaro. Ebbene, prendiamolo sul serio, sapendo che il
diritto non è più la legge del più forte, l’inflessibile legge del
padre, ma è il diritto del debole, è anche il diritto di Antigone e di
Carola Rackete, e deve prendere oggi le forme di un costituzionalismo
mondiale, fino all’ “utopia” realistica che abbiamo avanzato, di una
Costituzione della Terra, non solo norme ma anche istituti e autorità di
garanzia che realizzino ciò che promettono, diritti e beni comuni per
l’umanità tutta intera, dalla sanità al sapere, al lavoro, alla pace.
Nel sito www.chiesadituttichiesadeipoveri.it pubblichiamo di Tonio Dell’Olio un ricordo del poeta e resistente Ernesto Cardenal, un giudizio di Antonio Caputo sui tagli alla Sanità che l’hanno messa in difficoltà di fronte alla crisi del virus, e una valutazione di Antonio Trettel sul documento del papa “Querida Amazonia”.
Con i più cordiali saluti
www.chiesadituttichiesadeipoveri.it
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