Perché è scoppiata la guerra del petrolio
A. Raval e D. Sheppard, Financial Times, Regno Unito
Il 9 marzo i prezzi del petrolio sono crollati del 30 per cento dopo che l'Arabia Saudita ha sparato i primi colpi di una guerra dei prezzi, provocando il calo peggiore in un solo giorno dagli inizi della guerra del Golfo negli anni novanta. La minaccia di Riyadh di svendere il suo greggio e aumentare la produzione ha fatto precipitare il prezzo del greggio Brent, l'indicatore internazionale per il petrolio, a 31,02 dollari al barile. Il West Texas intermediate, l'indicatore di riferimento degli Stati Uniti, è sceso a 27,71 dollari al barile.
Perché i prezzi continuano a calare? Le speranze di una rapida risalita dei prezzi del petrolio si fondavano sulla previsione secondo cui la diffusione del nuovo coronavirus sarebbe stata contenuta in tempi relativamente stretti. Ora gli operatori finanziari temono che nel 2020 la domanda globale di greggio possa contrarsi per la prima volta dalla crisi del 2008. Quest'anno il consumo di petrolio potrebbe essere inferiore dell'1 o del 2 per cento rispetto alle previsioni a causa dei limiti imposti agli spostamenti aerei e stradali. Ma con la possibilità che il virus provochi una pandemia globale, le prospettive sono desolanti. Molto dipenderà da quanto aumenterà la produzione in Arabia Saudita. Il paese ha una capacità inutilizzata superiore a qualsiasi altro: nei prossimi mesi può aggiungere più di un milione di barili al giorno. La capacità della Russia di aumentare la sua produzione è più contenuta. I prezzi bassi potrebbero creare a Putin qualche difficoltà nel mantenere la sua promessa d'investire nelle infrastrutture e nei servizi sociali. L'Arabia Saudita ha forse sperato che l'enormità del crollo dei prezzi avrebbe costretto la Russia a tornare al tavolo dei negoziati, ma questo sembra poco probabile.
Cosa vuol dire per le grandi aziende petrolifere? Dopo il crollo dei prezzi del petrolio nel 2014, aziende come la Royal Dutch Shell, la Bp e la ExxonMobil hanno tagliato i costi in modo aggressivo per continuare a fare profitti anche con prezzi più bassi. Ma anche se sono diventate più efficienti, hanno molti problemi: devono ridurre i loro debiti e allo stesso tempo guardare alle nuove fonti energetiche, come le rinnovabili. Con il petrolio a meno di 40 dollari al barile, molti investitori dubitano che questo sia possibile. I prezzi delle loro azioni probabilmente subiranno forti pressioni nei prossimi giorni. gim
(Internazionale, 13 marzo 2020)
A. Raval e D. Sheppard, Financial Times, Regno Unito
Il 9 marzo i prezzi del petrolio sono crollati del 30 per cento dopo che l'Arabia Saudita ha sparato i primi colpi di una guerra dei prezzi, provocando il calo peggiore in un solo giorno dagli inizi della guerra del Golfo negli anni novanta. La minaccia di Riyadh di svendere il suo greggio e aumentare la produzione ha fatto precipitare il prezzo del greggio Brent, l'indicatore internazionale per il petrolio, a 31,02 dollari al barile. Il West Texas intermediate, l'indicatore di riferimento degli Stati Uniti, è sceso a 27,71 dollari al barile.
Perché è scoppiata la guerra dei prezzi? L'Arabia Saudita voleva spingere l'Opec e la Russia a tagliare in modo più consistente la produzione per sostenere i prezzi del greggio. Quando però Mosca ha ostacolato il piano, Riyadh ha risposto aumentando la produzione e offrendo il suo greggio a prezzi scontati. Secondo gli analisti, Riyadh ha dimostrato la sua volontà di tenere testa alla Russia e ad altri paesi che esportano a prezzi più alti.
Perché la Russia non ha accettato di tagliare la produzione? Mosca ha dichiarato di voler valutare l'impatto complessivo del nuovo coronavirus sulla domanda di petrolio prima di passare all'azione. Tuttavia ha voluto anche mettere alla prova le aziende statunitensi che estraggono greggio con la tecnica del fracking. Secondo il Cremlino, un taglio della produzione offrirebbe una via di salvezza a un settore che, crescendo, ha trasformato gli Stati Uniti nel principale produttore di petrolio del mondo e ha sottratto clienti alla Russia. L'Arabia Saudita aveva fatto una richiesta non negoziabile di un'ulteriore riduzione di 1,5 milioni di barili al giorno, portando il taglio complessivo a 3,6 milioni di barili al giorno, più o meno il 4 per cento delle forniture globali. È stato probabilmente questo a far infuriare Mosca, che non ritiene di essere un partner di minore importanza.
Cosa succederà al fracking statunitense? Il crollo dei prezzi è arrivato in un momento difficile per il settore del fracking statunitense. Anche se la sua produzione è cresciuta nell'ultimo decennio, scavalcando quelle della Russia e dell'Arabia Saudita, ha bruciato troppi capitali presi in prestito, allontanando gli investitori. Il settore, quindi, è molto sensibile ai cali di prezzo. Il colpo alla produzione, tuttavia, potrebbe essere attutito. I piccoli produttori indipendenti, che formano il grosso del settore, hanno contratti che nei prossimi mesi vincolano la vendita del greggio a prezzi più alti di quelli attuali. È improbabile che le forniture calino nell'immediato. Tuttavia molti piccoli produttori potrebbero faticare a trovare nuovi finanziamenti per ripagare i debiti.
Perché i prezzi continuano a calare? Le speranze di una rapida risalita dei prezzi del petrolio si fondavano sulla previsione secondo cui la diffusione del nuovo coronavirus sarebbe stata contenuta in tempi relativamente stretti. Ora gli operatori finanziari temono che nel 2020 la domanda globale di greggio possa contrarsi per la prima volta dalla crisi del 2008. Quest'anno il consumo di petrolio potrebbe essere inferiore dell'1 o del 2 per cento rispetto alle previsioni a causa dei limiti imposti agli spostamenti aerei e stradali. Ma con la possibilità che il virus provochi una pandemia globale, le prospettive sono desolanti. Molto dipenderà da quanto aumenterà la produzione in Arabia Saudita. Il paese ha una capacità inutilizzata superiore a qualsiasi altro: nei prossimi mesi può aggiungere più di un milione di barili al giorno. La capacità della Russia di aumentare la sua produzione è più contenuta. I prezzi bassi potrebbero creare a Putin qualche difficoltà nel mantenere la sua promessa d'investire nelle infrastrutture e nei servizi sociali. L'Arabia Saudita ha forse sperato che l'enormità del crollo dei prezzi avrebbe costretto la Russia a tornare al tavolo dei negoziati, ma questo sembra poco probabile.
Cosa vuol dire per le grandi aziende petrolifere? Dopo il crollo dei prezzi del petrolio nel 2014, aziende come la Royal Dutch Shell, la Bp e la ExxonMobil hanno tagliato i costi in modo aggressivo per continuare a fare profitti anche con prezzi più bassi. Ma anche se sono diventate più efficienti, hanno molti problemi: devono ridurre i loro debiti e allo stesso tempo guardare alle nuove fonti energetiche, come le rinnovabili. Con il petrolio a meno di 40 dollari al barile, molti investitori dubitano che questo sia possibile. I prezzi delle loro azioni probabilmente subiranno forti pressioni nei prossimi giorni. gim
(Internazionale, 13 marzo 2020)