Turchia. Poche ore dopo l’interruzione dello sciopero della fame muore il dissidente turco e bassista del Grup Yorum
di Checchino Antonini (*)
«Siamo sconvolti dalla notizia della scomparsa di İbrahim Gökçek oggi, due giorni dopo la sospensione dello sciopero della fame. Condanniamo con veemenza il governo turco per i suoi continui tentativi di mettere a tacere Grup Yorum e i molti artisti dissidenti in Turchia. İbrahim e la cantante band Helin Bölek non avrebbero mai dovuto ricorrere allo sciopero della fame. Piangiamo la loro morte e continuiamo a chiedere alle autorità turche di cessare i loro sforzi per soffocare le voci di artisti, scrittori e attivisti”. L’annuncio, pochissime ore fa, da parte di Julie Trebault, che dirige PEN America’s Artists at Risk Connection, un programma dedicato ad assistere gli artisti in pericolo e a rafforzare il campo delle organizzazioni che li sostengono.
Alla fine Ibrahim Gokcek non ce l’ha fatta. Nella foto si vede Ibrahim il 3 aprile scorso che accompagna il feretro di Helin Bölek. Non gli è bastato interrompere uno sciopero della fame durato 323 giorni, che l’aveva reso debole fino allo stremo. Quarantotto ore dopo aver sospeso il digiuno per marcare la «vittoria politica» dell’attenzione internazionale ricevuta, che aveva spinto le autorità ad ascoltarlo, il musicista dissidente turco della storica band di sinistra Grup Yorum è spirato in un ospedale di Istanbul. Un esito drammatico che tanti avevano cercato di evitare, lanciando una campagna internazionale sui social media affinché tornasse a nutrirsi, così da non finire come i suoi due compagni di protesta, Helink Bolek e Mustafa Kocak, morti entrambi a 28 anni nell’ultimo mese, dopo quasi 300 giorni di digiuno.
Gokcek, 40 anni, denunciava la detenzione dei dissidenti nelle carceri della Turchia, insieme al blocco dei concerti del gruppo, che dura da anni, e delle altre attività nel loro centro culturale Idil. Anche sua moglie, Sultan, è tuttora detenuta nella prigione di Silivri a Istanbul. Nata dopo il colpo di stato militare del 1980, la band ha dovuto presto affrontare la repressione delle autorità di Ankara, tra esibizioni negate e musicisti arrestati. Dal basso al sax, ogni strumento sul palco ha avuto padroni diversi secondo le stagioni, spesso per coprire i buchi lasciati dai musicisti finiti in carcere. La magistratura li ha accusati anche di essere vicini agli estremisti di sinistra del Dhkp-c, inseriti nella lista delle «organizzazioni terroristiche». Dopo il fallito putsch del 2016, il pugno di ferro si è fatto sempre più duro, con raid continui nel quartier generale di Okmeydani, tempio dell’antagonismo a Istanbul. Ma la loro irriducibile protesta è diventata ora un simbolo di resistenza nonviolenta. Di fronte alla pandemia di Covid-19, il cordoglio di fan e sostenitori dei Grup Yorum si esprime in queste ore soprattutto sui social, con omaggi alla loro musica e messaggi di solidarietà per le battaglie sociali. Solo martedì, la decisione di interrompere il digiuno aveva aperto spiragli di speranza. «La vita ha vinto», aveva detto la presidente della Fondazione turca per i diritti umani, Sebnem Korur Fincanci, anche lei detenuta in passato. Ma nelle ultime ore la situazione è precipitata. Ormai stremato, il corpo di Gokcek non ha più avuto la forza di battersi.
Dal blog di Daniele Barbieri
Dal blog di Daniele Barbieri