lunedì 11 maggio 2020

UN AIUTO A RIFLETTERE


IL TEMPO CHE VERRA'
Qual è la lezione tremendissima di questo di virus, del trauma collettivo che ci ha coinvolti in questo tempo così difficile? 
Mi sforzo di trovare almeno tre ragioni per rendere questa lezione appunto una lezione. 
La prima è che c'è stato un insegnamento profondo sulla nozione di libertà. Noi veniamo da decenni in cui abbiamo interpretato la libertà, come una proprietà dell'individuo.  Il  neo-liberalismo ha sponsorizzato questa versione anarcoide della libertà. La libertà che coincide con la volontà individuale di far quel che si vuole fondamentalmente, la libertà come puro arbitrio, come pura manifestazione capricciosa dell’ego. Ecco la prima lezione tremendissima di questo virus è che questa nozione di libertà è un'impostura. Che la libertà implica sempre invece la solidarietà, che non si può pensare la libertà se non nella dimensione della solidarietà. 
E’ quello che ci insegna questa epidemia: nessuno può salvarsi da solo, la salvezza è un’esperienza, può essere un’esperienza solo collettiva. Noi siamo, in fondo, tutti prigionieri delle nostre case in una condizione di claustrazione obbligata, ma in realtà questa claustrazione è una forma massima di apertura, io dico anche la forma eticamente più alta, la cifra eticamente più alta della libertà, essere in connessione l'uno all'altro, essere una comunità di solitudini. 
La seconda grande lezione è quella che l'essere umano non può pensare, non può sovrapporre diciamo l’umanismo all’antropocentrismo.  Questa epidemia si è scatenata a partire dalla una violenza ecocida, dall'avere oltraggiato, violentato, sfruttato la Natura di averla ridotta, di avere ridotto il nostro pianeta, la Terra, ad un mero luogo di risorsa da sfruttare e l’epidemia è, un ritorno diciamo del rimosso di questa violenza antropocentrica, antiumanistica,  dell'uomo nei confronti della Natura. 
Come dire, abbiamo dimenticato che l'abitare viene prima del costruire, come diceva Heidegger, noi abbiamo dimenticato che siamo ospiti di questo pianeta, che non c'è una gerarchia tra gli esseri viventi e la nostra violenza sulla Natura ritorna appunto nelle forme tragiche dell'epidemia. 
La terza grande lezione, secondo me, è quella che ci attende: è sbagliato pensare ingenuamente, che il trauma è già accaduto, cioè che il trauma coincide con lo scoppio dell'epidemia e che la ripartenza sarebbe una fuoriuscita dal trauma. Che il trauma è luogo delle tenebre e la ripartenza, la cosiddetta “fase 2” sarebbe il luogo della luce. Questo pensiero scissionista si appoggia su una fantasia di tipo regressiva, su una fantasia infantile: da una parte il male, dall'altra il bene. Da una parte appunto le tenebre, dall'altra parte la luce. Da una parte il trauma, dall'altra la liberazione dal trauma. Invece noi siamo obbligati ad accogliere un altro insegnamento dal Covid-19, e cioè che la luce, le tenebre si mescolano sempre, che il prima e il dopo non sono due tempi staccati ma annodati tra di loro, che la paura che noi abbiamo avuto e che abbiamo dell’epidemia non si può come dire vincere semplicemente attraverso il coraggio della ripartenza. La ripartenza implicherà un altro trauma, la ripartenza sarà una nuova forma del traumatismo.  Significa che noi dovremo convivere con l'intruso, noi dovremo convivere con il virus, abbiamo dedicato gli ultimi anni della vita politica a scongiurare l'intruso in tutte le forme possibili chiudendo i porti, alzando le mura, tracciando fili spinati, irrigidendo i confini.  Adesso l’intruso è tra noi, adesso l’intruso siamo noi. E dunque questa è la lezione. Non si può scindere la paura dal coraggio, non si può scindere la luce dalle tenebre, non si può scindere il noto dall'ignoto, noi siamo obbligati a convivere con l'intruso, siamo costretti a convivere nel coraggio con la paura, siamo obbligati a ricominciare alla luce portandoci dietro però quel cuore di tenebre che abbiamo incontrato in questa maledetta esperienza .
Massimo Recalcati