Abdi Kobane "L’Occidente fermi Erdogan contro i curdi sta facendo pulizia etnica"
L’intervista al leader delle Forze Democratiche Siriane
di Gianni Vernetti
La Repubblica 26/10
Il
generale Mazloum Abdi Kobane, 53 anni, curdo, è la più alta autorità
politica e militare delle Forze Democratiche Siriane, l’alleanza delle
forze curde, arabe, assiro-siriache, che insieme alle forze armate della
Coalizione Internazionale hanno sconfitto Isis e liberato quella vasta
area della Siria a nord del fiume Eufrate, nota come Rojava.
In
questa intervista esclusiva per Repubblica ci racconta la sua sfida
politica e militare in Siria e la sua visione sul futuro del Medio
Oriente.
I curdi e le Forze Democratiche Siriane hanno avuto un ruolo fondamentale nella sconfitta di Isis in Siria.
Quali sfide state affrontando e qual è la situazione sul terreno?
«Abbiamo
sconfitto l’Isis e il cosiddetto Stato islamico non esiste più. Ma ciò
non significa che la minaccia dell’Isis sia completamente scomparsa.
L’Isis ha cambiato strategia, ma non ha esaurito le proprie capacità di
raccolta fondi e continua a reclutare e ad addestrare molti militanti.
Insieme alle forze della Coalizione Internazionale siamo in grado oggi
di mantenere un buon livello di sicurezza, ma dobbiamo tenere alta la
pressione per evitare che si ripresenti la minaccia jihadista».
La
Turchia di Erdogan ha assunto una posizione sempre più assertiva su
molte aree di crisi. Qual è la sua opinione sull’azione turca nel
Rojava?
«L’esercito
turco ha occupato una parte rilevante delle aree curde nel Nord della
Siria: l’enclave di Afrin, le città di Serekani e Girêsipi. In queste
aree è in corso una pulizia etnica con un costante attacco nei confronti
delle autorità locali e contro la popolazione civile.
Quasi
mezzo milioni di civili curdi sono stati costretti a fuggire per vivere
oggi in campi profughi nelle aree liberate del Rojava o nel Kurdistan
iracheno. La Turchia sta poi trasformando le aree sotto il loro
controllo in un rifugio sicuro per diversi gruppi jihadisti, da loro
finanziati e armati: si tratta di ex militanti di Isis, Al Nusra e Al
Qaeda utilizzati contro le nostre forze nel Nord della Siria, ma anche
come forze mercenarie in altri conflitti».
Si riferisce alle forze mercenarie inviate dalla Turchia in Libia in sostegno del Governo di Accordo Nazionale di Tripoli?
«Sì,
l’esercito e l’intelligence turca hanno da tempo promosso un’intensa
attività di reclutamento con l’invio di diverse migliaia di mercenari in
Libia provenienti dalla Siria. La novità di queste settimane è però
rappresentata dall’invio di nuovi mercenari anche in Azerbaijan».
Può
confermare che, con la regia della Turchia, è in corso un operazione
per inviare mercenari a combattere contro le forze armene in
Nagorno-Karabakh?
«Assolutamente
sì. Abbiamo documentato, nelle aree occupate dalla Turchia in Siria,
molti casi di addestramento di jihadisti, inviati in Azerbaijan per
sostenere le forze di Baku contro l’Armenia. Stiamo condividendo queste
informazioni con le forze della Coalizione Internazionale».
Ci può raccontare quale sia oggi in ruolo della Russia nel teatro siriano?
«Le
forze russe sono giunte nelle aree curde in seguito all’accordo di
Sochi fra Putin ed Erdogan dell’ottobre 2019. In base a questo accordo
le forze russe sono state dispiegate lungo il confine turco-siriano con
una funzione di interposizione fra noi (Sdf) e l’Esercito di Ankara.
Credo che il ruolo più importante della Russia in Siria possa essere
quello esercitare una forte pressione nei confronti del regime di Assad
affinché si giunga ad un’accordo di pace e di stabilizzazione per tutta
la Siria. Purtroppo il regime di Damasco con il sostegno dell’Iran e dei
suoi proxies (Hezbollah, ndr .) continua ad alimentare le tensioni in
molte aree della Siria, incluse quelle curde».
I
curdi e le Forze Democratiche Siriane (SDF) sono stati l’alleato più
affidabile dell’Occidente nel contrasto al jihadismo. Che cosa si
aspetta ora da Europa e Usa?
«Prima
di tutto voglio ringraziare ancora una volta l’Europa, gli Usa e la
Coalizione Internazionale per il sostegno che ci hanno fornito prima a
Kobane e poi in tutto il Rojava. Abbiamo sconfitto l’Isis e liberato
ampie aree del Nord della Siria, ora dobbiamo difendere le conquiste
ottenute.
Quando
un anno fa la Turchia ha invaso il Rojava siamo stati lasciati soli a
fronteggiate questa nuova minaccia. Credo che Europa e Usa abbiamo le
risorse e il potere politico per svolgere un ruolo più incisivo in
Siria. Non è il momento per un disimpegno dell’Occidente. Bisogna
ridurre le influenze esterne negative, a cominciare dalla Turchia, per
poi trovare un accordo politico complessivo che garantisca la piena
stabilizzazione del paese».
Ci racconti del ruolo politico e militare delle donne curde.
«All’interno
della nostra strutture militare abbiamo una componente (YPJ) formata
esclusivamente da donne. Le donne hanno un ruolo molto attivo non solo
nel nostro esercito, ma anche nelle politica curda, Le Forze
Democratiche Siriane hanno a tutti i livelli un doppio portavoce (uomo e
donna). Crediamo che questo sia un buon esempio per la futura Siria che
vogliamo costruire: democratica, tollerante, multietnica e
multiconfessionale».
Che cosa pensa degli Accordi di Abramo siglati fra Emirati, Bahrein e Israele?
«Noi
crediamo che il dialogo, e non la guerra permanente, sia l’unico modo
per risolvere i conflitti politici. Crediamo che la normalizzazione
delle relazioni fra Israele e diversi Stati arabi possa essere primo
passo per garantire un futuro migliore per tutto il Medio Oriente».