Il contrasto della violenza contro le donne: tra retorica e realtà
25-11-2020 - di ActionAid
Lo
ha chiesto di recente il Consiglio d’Europa. Lo chiedono da anni i
centri antiviolenza e molte associazioni delle società civile.
Soprattutto, però, lo chiedono le donne che subiscono violenza: l’Italia
deve dotarsi di un sistema di prevenzione e protezione pienamente
funzionante in tutte le sue parti e ugualmente accessibile su tutto il
territorio italiano. Sebbene alcuni miglioramenti siano stati registrati
nel corso degli ultimi anni, permane ancora un’ampia distanza tra
quanto previsto dalle norme nazionali e internazionali e quanto attuato
nella pratica quotidiana. Lo ha dimostrato con inequivocabile evidenza
l’emergenza sanitaria da Covid-19 che, come una cartina tornasole, ha
messo in luce la fragilità di un sistema ancora troppo spesso
caratterizzato da difficoltà gestionali, economiche e di coordinamento a
vari livelli istituzionali. Sono state approvate norme, adottati piani
antiviolenza a livello nazionale e regionale, erogati fondi e realizzati
interventi di prevenzione e protezione, eppure, tutto ciò non è ancora
sufficiente per dotare il nostro Paese di un sistema articolato capace,
da un lato, di incidere profondamente sulla cultura patriarcale e
maschilista che produce la violenza di genere e, dall’altro, di fornire
adeguato supporto alle donne che di tale cultura sono vittime.
Il monitoraggio dei fondi antiviolenza realizzato da ActionAid sostanzia un quadro che desta preoccupazione.
Ricostruendo
l’intera filiera delle risorse statali e regionali stanziate per il
periodo 2015-2020, è stato possibile verificare l’effettivo impegno
delle istituzioni centrali e territoriali nel prevenire la violenza e
garantire protezione e assistenza alle donne che la subiscono. È stato
altresì possibile raccogliere importanti indicazioni per migliorare
prassi operative e procedure burocratico amministrative che dovrebbero
essere tenute in debito conto dalle Amministrazioni statali e regionali
per migliorare la propria capacità di risposta alla violenza contro le
donne.
In prossimità della Giornata
internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è
auspicabile un definitivo cambio di paradigma. Non più solamente brevi
campagne di comunicazione che velocemente vengono dimenticate, non più
annunci di ripartizioni di risorse che da mesi dovrebbero essere già
state trasferite, non più eventi che – seppur apprezzabili – non
producono quei cambiamenti strutturali necessari per contrastare la
violenza. Serve altro. Serve che la violenza maschile contro le donne
sia all’ordine del giorno nelle agende politiche nazionali, regionali e
locali 365 giorni all’anno, e non solo il 25 novembre. Le agende però
non possono essere solo quelle delle rappresentanti istituzionali con
delega alle pari opportunità, devono essere anche le agende di tutte e
tutti coloro che siedono a vario titolo ai tavoli del Governo, del
Parlamento, delle Regioni e di tutte le amministrazioni e agenzie
coinvolte nella prevenzione e nel contrasto della violenza così come
nell’assistenza e protezione delle donne che quella violenza la
subiscono. Lo stesso livello di impegno è altrettanto necessario sia
assunto anche da chi si occupa dal punto di vista burocratico di
realizzare le politiche e gli interventi. Solo tale cambio di priorità
nelle agende della politica permetterebbe di dotare l’Italia di un
sistema di prevenzione e protezione strutturato e articolato in grado di
dare pronte risposte alle donne in tempi ordinari così come in quelli
emergenziali.
Nelle pagine del dossier
realizzato da ActionAid vi sono molti dati, analisi dettagliate e
raccomandazioni puntuali, così come tante indicazioni di chi lavora
direttamente con le donne e nelle istituzioni che possono orientare le
strategie e le prassi future. Alla vigilia della redazione di un nuovo
piano antiviolenza, si parta da qui, dal confronto basato su evidenze
empiriche e testimonianze dirette, per stendere un piano strategico e
programmatico attuabile, che permetta di colmare le lacune presenti nel
sistema antiviolenza in vigore. Non solamente perché lo chiede il
Consiglio d’Europa, ma perché le donne hanno il pieno diritto di vivere
una vita senza violenza e le istituzioni italiane hanno il dovere di
garantirlo.