mercoledì 25 novembre 2020

UNA BATTAGLIA SU PIU' FRONTI

 Che cosa vogliono le donne

di Elly Schlein

Nel nostro Paese sono state 91 le vittime di femminicidio nei primi dieci mesi di quest’anno.
Quasi 7 milioni di donne e ragazze in Italia, secondo l’Istat, hanno subito violenza, fisica o psicologica.
 E la narrazione cui troppo spesso abbiamo assistito sui mezzi di informazione, con parole che descrivono la vita del carnefice come di un uomo piegato dalla fatica, geloso o innamorato-tradito, è inaccettabile.
Per contrastare la violenza di genere è necessario agire su più fronti, a partire dal sostegno che non deve mancare alla preziosa attività che svolgono i centri antiviolenza, favorendone una presenza capillare nel Paese. 
Ma la violenza contro le donne è un problema degli uomini, quindi occorre rafforzare anche la rete dei centri per uomini maltrattanti.
Oltre agli strumenti normativi e di sostegno alla rete dei centri, però, la battaglia è anzitutto culturale. Per contrastare le discriminazioni e gli stereotipi di genere bisogna scardinare le radici di una cultura patriarcale che dobbiamo decostruire anche attraverso un grande investimento nell’educazione alle differenze, a partire dalle scuole e nella pubblica amministrazione
Non per cancellarle, ma, al contrario, per metterle a valore garantendo uguali diritti e opportunità a tutte e a tutti.
Altrettanto fondamentale per contrastare la violenza di genere è l’emancipazione economica
La pandemia aumenta le diseguaglianze e genera nuovi bisogni, e senza politiche mirate si rischia che ancora una volta le donne paghino maggiormente il prezzo della crisi.
Quest’anno, nonostante il blocco dei licenziamenti, registriamo 470.000 donne occupate in meno rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. Perché spesso hanno le condizioni occupazionali e i contratti più precari.
Non possiamo perdere l’occasione del Next Generation Eu per avviare un grande piano di investimenti per il sostegno all’occupazione e all’imprenditoria femminile, favorendo i percorsi di carriera e la formazione in tutte le discipline, mirando a chiudere definitivamente il divario occupazionale e il divario salariale di genere, «il più grande furto della storia» secondo le Nazioni Unite.
È il momento di scelte coraggiose anche in termini di politiche per la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro e per una migliore distribuzione del carico di cura, anche investendo sulle infrastrutture sociali e sulla rete dei servizi, dai nidi a quelli rivolti al sostegno alle persone non autosufficienti e con disabilità.
L’Emilia-Romagna quest’anno ha investito 30 milioni di euro sui nidi, con l’obiettivo di garantire la piena accessibilità e di abbattere progressivamente il costo per le famiglie. Guardando ai bisogni educativi di bambine e bambini, nella consapevolezza che partire prima rende i percorsi di apprendimento più solidi e contrasta le povertà educative, ma sapendo anche che questi servizi costituiscono uno strumento fondamentale per la conciliazione dei tempi di vita e lavoro. Per questo hanno un peso le parole del ministro Amendola sull’utilizzo delle risorse del Next Generation Eu per raddoppiare i nidi in Italia.
E serve uno sforzo ulteriore, come chiede la campagna "Il giusto mezzo", affinché il Piano nazionale Resilienza e ripresa venga scritto adottando una prospettiva di genere, avendo cura che gli investimenti contribuiscano in maniera trasversale, nei diversi settori, a ridurre le diseguaglianze e al raggiungimento della piena parità.
I dati di Banca d’Italia, che stima un impatto legato all’aumento del tasso di occupazione femminile al 60% con una ricaduta sul Pil di 7 punti percentuali aggiuntivi, ci ricordano che non è solo una questione di diritti, ma anche di opportunità economiche mancate.
Questo significa che dal riscatto delle donne passa il riscatto della società tutta.
L’autrice è stata capolista di Emilia-Romagna Coraggiosa ed è vicepresidente della Regione Emilia-Romagna

La Repubblica 25/11