Che cosa vogliono le donne
di Elly Schlein
Nel nostro Paese sono state 91 le vittime di femminicidio nei primi dieci mesi di quest’anno.
Quasi
7 milioni di donne e ragazze in Italia, secondo l’Istat, hanno subito
violenza, fisica o psicologica.
E la narrazione cui troppo spesso
abbiamo assistito sui mezzi di informazione, con parole che descrivono
la vita del carnefice come di un uomo piegato dalla fatica, geloso o
innamorato-tradito, è inaccettabile.
Per
contrastare la violenza di genere è necessario agire su più fronti, a
partire dal sostegno che non deve mancare alla preziosa attività che
svolgono i centri antiviolenza, favorendone una presenza capillare nel
Paese.
Ma la violenza contro le donne è un problema degli uomini, quindi
occorre rafforzare anche la rete dei centri per uomini maltrattanti.
Oltre
agli strumenti normativi e di sostegno alla rete dei centri, però, la
battaglia è anzitutto culturale. Per contrastare le discriminazioni e
gli stereotipi di genere bisogna scardinare le radici di una cultura
patriarcale che dobbiamo decostruire anche attraverso un grande
investimento nell’educazione alle differenze, a partire dalle scuole e
nella pubblica amministrazione.
Non per cancellarle, ma, al contrario,
per metterle a valore garantendo uguali diritti e opportunità a tutte e a
tutti.
Altrettanto fondamentale per
contrastare la violenza di genere è l’emancipazione economica.
La
pandemia aumenta le diseguaglianze e genera nuovi bisogni, e senza
politiche mirate si rischia che ancora una volta le donne paghino
maggiormente il prezzo della crisi.
Quest’anno,
nonostante il blocco dei licenziamenti, registriamo 470.000 donne
occupate in meno rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente.
Perché spesso hanno le condizioni occupazionali e i contratti più
precari.
Non possiamo perdere
l’occasione del Next Generation Eu per avviare un grande piano di
investimenti per il sostegno all’occupazione e all’imprenditoria
femminile, favorendo i percorsi di carriera e la formazione in tutte le
discipline, mirando a chiudere definitivamente il divario occupazionale e
il divario salariale di genere, «il più grande furto della storia»
secondo le Nazioni Unite.
È il momento
di scelte coraggiose anche in termini di politiche per la conciliazione
tra tempi di vita e di lavoro e per una migliore distribuzione del
carico di cura, anche investendo sulle infrastrutture sociali e sulla
rete dei servizi, dai nidi a quelli rivolti al sostegno alle persone non
autosufficienti e con disabilità.
L’Emilia-Romagna
quest’anno ha investito 30 milioni di euro sui nidi, con l’obiettivo di
garantire la piena accessibilità e di abbattere progressivamente il
costo per le famiglie. Guardando ai bisogni educativi di bambine e
bambini, nella consapevolezza che partire prima rende i percorsi di
apprendimento più solidi e contrasta le povertà educative, ma sapendo
anche che questi servizi costituiscono uno strumento fondamentale per la
conciliazione dei tempi di vita e lavoro. Per questo hanno un peso le
parole del ministro Amendola sull’utilizzo delle risorse del Next
Generation Eu per raddoppiare i nidi in Italia.
E
serve uno sforzo ulteriore, come chiede la campagna "Il giusto mezzo",
affinché il Piano nazionale Resilienza e ripresa venga scritto adottando
una prospettiva di genere, avendo cura che gli investimenti
contribuiscano in maniera trasversale, nei diversi settori, a ridurre le
diseguaglianze e al raggiungimento della piena parità.
I
dati di Banca d’Italia, che stima un impatto legato all’aumento del
tasso di occupazione femminile al 60% con una ricaduta sul Pil di 7
punti percentuali aggiuntivi, ci ricordano che non è solo una questione
di diritti, ma anche di opportunità economiche mancate.
Questo significa che dal riscatto delle donne passa il riscatto della società tutta.
L’autrice è stata capolista di Emilia-Romagna Coraggiosa ed è vicepresidente della Regione Emilia-Romagna
La Repubblica 25/11