lunedì 21 dicembre 2020

A PROPOSITO DI DIRITTI....

 I DIRITTI DEGLI OMOSESSUALI

Hanno destato viva sorpresa e suscitato reazioni di segno opposto - di grande consenso e di aperto dissenso - le dichiarazioni di papa Francesco a proposito dei diritti delle persone omosessuali. 

Il testo diffuso con grande clamore dai media non è in realtà recentissimo. Si trova infatti all'interno di una serie di interviste fatte al pontefice in tempi diversi e riprese in un lungometraggio dal titolo «Francesco» curato da Evgeny Afineevsky e presentato in anteprima mondiale alla Festa del cinema di Roma nella sezione Eventi Speciali. 

 L’intento dell'interessante documentario, che è stato peraltro insignito nei giardini vaticani del premio Kinéo giunto alla diciottesima edizione, è quello di offrire a un vasto pubblico una sintesi del pontificato di papa Francesco, mettendo soprattutto l'accento sulle novità che ne hanno qualificato (e ne qualificano) l'azione pastorale. I brevi brani riguardanti la questione omosessuale sono tratti in parte da un'intervista da lui rilasciata a una giornalista messicana Valentina Alazzaki e hanno come oggetto il diritto alla tutela legale delle coppie omosessuali.

il testo e il contesto

L'intervento papale è ben circostanziato. «Le persone omosessuali- asserisce papa Francesco - hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge di convivenza civile. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo». L'esegesi del testo è semplice, la formulazione è limpida e lineare. Significativo è intanto il fatto che il papa non parli genericamente di «omosessuali» ma di «persone omosessuali», rispettando in tal modo l’identità personale e le differenze presenti nei diversi vissuti soggettivi e sottolineando come si tratti di «figli di Dio» che hanno come tali diritto alla felicità. Ma il cuore della riflessione sta nel riconoscimento alle coppie omosessuali del «diritto ad essere in una famiglia» e nell'ammissione conseguente della necessità che si crei «una legge di convivenza civile» tale da fornire loro copertura legale. E qui dunque affermata in termini inequivocabili non solo l'opportunità ma persino l'obbligo morale da parte degli Stati di dare vita alle cosiddette «unioni civili», per il cui riconoscimento papa Francesco dice di essersi battuto, rievocando la posizione assunta a suo tempo in Argentina in occasione del dibattito sull'introduzione del matrimonio omosessuale al quale si era invece dichiarato apertamente contrario. In realtà il documentario contiene sul tema in discussione un altro importante intervento papale, che merita di essere riportato, perché mette in evidenza la particolare sensibilità del papa nei confronti delle situazioni concrete di vita quotidiana. Si tratta della telefonata a una coppia omosessuale, Dario Di Gregorio e Andrea Rubera (quest'ultimo è presidente di «Nuova proposta››, un'associazione di cristiani Lgbt di Roma) con tre figli a carico avuti in Canada con la «gestazione per altri» (l'«utero in affitto» nel linguaggio comune) che gli avevano inviato una lettera per chiedergli come superare l'imbarazzo legato al desiderio di condurre i figli in parrocchia per il catechismo. La risposta del papa è netta: «I bambini vanno accompagnati in parrocchia superando eventuali pregiudizi e vanno accolti come tutti gli altri››.

A conferma di questa linea di condotta va poi ricordata la testimonianza toccante offerta al Festival romano da Juan Carlos Cruz, vittima di abuso sessuale e attualmente attivista contro tali abusi, il quale rispondendo a una domanda del regista affermava: «Quando ho incontrato papa Francesco mi ha detto quanto era dispiaciuto per quello che era successo. 'Juan - ha aggiunto - è Dio che ti ha fatto gay e comunque ti ama. Dio ti ama e anche il papa poi ti ama'››. Per quanto non direttamente riferibili al tema dei diritti delle persone omosessuali questi episodi non mancano di segnalare la presenza di un clima di rispetto e di accoglienza, non fondato su una sorta di benevolenza paternalistica, ma sul riconoscimento della piena dignità di ogni persona umana indipendentemente dalla identità e dal comportamento sessuale.

Una posizione con chiari antecedenti

Nonostante l'intervento papale sui diritti delle persone omosessuali sia apparso a molti come una sorta di meteorite precipitato improvvisamente dal cielo, le parole del papa non rappresentano un fatto del tutto nuovo. Sono invece la logica conclusione di un processo che si è sviluppato in questi anni mediante i numerosi interventi da lui dedicati al tema dell’omosessualità. Tutti ricordano, per la enorme risonanza che ha avuto, la celebre frase pronunciata da papa Francesco in occasione della conferenza stampa del 28 luglio 2013 sull'aereo di ritorno dal viaggio apostolico in Brasile, in occasione della XXVIII giornata mondiale della gioventù: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?››.

In modo più puntuale la posizione del papa si trova poi in un documento ufficiale, l'esortazione apostolica Amoris laetitia, dove si legge: «Desideriamo innanzi tutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione» (n. 250). Nel numero successivo il documento aggiunge che non sussistono però «analogie neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia» (n. 251). Da un lato sembra dunque già qui affermata, sia pure implicitamente, la possibilità delle «unioni omosessuali» e, dall'altro, si rimarca tuttavia con chiarezza la differenza qualitativa tra tali unioni e il matrimonio cristiano. Si potrebbe continuare con la citazione di altri testi (e sono numerosi) legati a circostanze particolari nei quali il papa sottolinea l'esigenza che la chiesa chieda scusa alle persone gay che ha offeso (cf. la conferenza stampa al ritorno del viaggio apostolico in Armenia il 26 giugno 2016) o, rivolgendosi nel corso dell'udienza generale del 16 settembre scorso a genitori con figli gay, non esita a dichiarare l'amore che il papa e la chiesa non possono che nutrire per loro. La frequenza con cui papa Francesco ritorna sul tema manifesta una speciale sollecitudine, espressione della consapevolezza dello stato di marginalità e di discriminazione in cui tuttora le persone omosessuali vivono e della responsabilità in questo anche della chiesa a causa degli atteggiamenti assunti in passato e in parte tuttora sussistenti.

nuovo atteggiamento pastorale

o cambiamento dottrinale?

Che la preoccupazione da cui il papa muove sia anzitutto pastorale è fuori discussione. In questo come in altri campi che coinvolgono il vissuto concreto di persone concrete egli ha sempre dimostrato una singolare attenzione, frutto di una particolare sensibilità umana, ma anche (e soprattutto) di una piena fedeltà al messaggio evangelico. L’insistenza con cui egli richiama la radicalità della proposta rivolta da Gesù a coloro che intendono divenire suoi discepoli si accompagna infatti all'annuncio della misericordia del Padre, il cui cuore si piega sulla debolezza umana perdonando le colpe e sollecitando la conversione. Non si danno situazioni che non possano essere sanate né condizioni di peccato che non possano essere superate: il perdono è accordato non solo sette volte ma settanta volte sette (cioè sempre), purché vi sia l’ammissione del male e la volontà di emendarsi da esso. Si tratta allora nel caso dell’omosessualità di una conferma della dottrina tradizionale che riconosce l'orientamento omosessuale come «oggettivamente disordinato» e il comportamento omosessuale come «intrinsecamente disordinato», e perciò immorale, e che semplicemente si dimostra più indulgente che per il passato a proposito del giudizio sulla responsabilità delle persone? O vi è invece nelle prese di posizioni del papa qualcosa di più? È difficile rispondere. Vi è infatti chi come padre Antonio Spadaro, direttore di «La Civiltà Cattolica» (e molti altri) afferma la piena continuità di papa Francesco con il precedente magistero della chiesa: «Non c'è niente di nuovo, quello che rimane e colpisce - egli afferma - è la capacità di ascolto di Francesco».

Non vi è dubbio che vi sia da parte di papa Francesco una grande capacità di ascolto di questa come di altre situazioni difficili (si pensi soltanto alla condizione dei divorziati risposati), e che questo abbia radicalmente mutato la modalità di accostamento pastorale a un problema come quello dell’omosessualità. Il linguaggio usato pieno di rispetto e di delicata comprensione, di condivisione delle sofferenze e di aperta condanna di ogni forma di discriminazione suona come un fatto del tutto inedito se lo si confronta con il gergo burocratico proprio dei documenti ufficiali precedenti (la forma è in questo caso sostanza).

Ma forse c'è qualcosa di più nei testi ricordati, e in particolare in quello che è stato oggetto delle dure controversie cui si è accennato. Il riconoscimento del diritto delle coppie omosessuali «ad essere in una famiglia» e l'auspicio che si promuova una legge di convivenza civile che li copra legalmente, oltre a mettere sotto processo le rigide prese di posizione anche della chiesa italiana contro l'introduzione nell'ordinamento legislativo delle «unioni civili» - si pensi alle proposte avanzate dai governi Prodi e Renzi (quest’ultima fortunatamente approvata nonostante non poche difficoltà sollevate dalla gerarchia cattolica) - sembra lasciare intendere la possibilità di una vera esperienza di amore anche tra persone dello stesso sesso: il che metterebbe in discussione il giudizio radicalmente negativo sull'orientamento e sul comportamento sessuale dei precedenti interventi magisteriali.

Beninteso, papa Francesco non intende assimilare le unioni civili tra persone omosessuali al matrimonio, che ritiene riservato, come ha spesso ribadito, al rapporto di coppia uomo-donna e neppure avvallare l'uso di tecniche di procreazione medicalmente assistita eterologhe, in particolare l'utero in affitto. Ma riconoscendo alla coppia omosessuale la possibilità di dare vita a una famiglia - il concetto di famiglia non è univoco ed ha un ventaglio assai ampio di significati legati a modelli sociologici diversi come ci insegna la storia delle culture e come risulta ancor oggi evidente - sembra avanzare una nuova ipotesi interpretativa della relazione omosessuale, che non può non avere implicanze anche sul piano dottrinale


Giannino Piana, Rocca 15/11/2020