STATO DI DIRITTO I SOLDI CONTANO PIÙ DEI VALORI
Buona parte delle discussioni tra i governi nel recente, passato hanno proprio riguardato questa novità, che rafforza in modo decisivo la soggettività propria dell'Unione, distinta da quella dell'insieme degli Stati che ne fanno parte.
Che il blocco imposto dal veto di Polonia e Ungheria alla approvazione del bilancio e, quindi, di tale meccanismo sia stato superato dai capi di Stato e di governo nella recente riunione del Consiglio è dunque ragione di soddisfazione, poiché il futuro degli Stati membri dipende dal rafforzamento dell'Unione.
Ma un altro tema era in discussione nel Consiglio europeo e la soluzione accolta per superare il veto di Polonia e Ungheria non giustifica l’atmosfera euforica che l'ha accompagnata.
Si sa che da tempo vi sono serie preoccupazioni e proteste per l'adozione in alcuni Stati membri di leggi o di prassi incompatibili con i valori su cui si fonda l'Unione.
Secondo il Trattato istitutivo, è essenziale lo-Stato di diritto di cui l’indipendenza dei giudici, il pluralismo dei media, il rispetto delle minoranze, il divieto di discriminazioni sono elementi costitutivi. Ultimamente Polonia e Ungheria, per più di un motivo, hanno dato luogo anche ad iniziative delle istituzioni dell'Unione sia nel Parlamento europeo, sia davanti alla Corte di Giustizia.
Frutto di questa situazione è stato lo svilupparsi di una discussione che voleva condizionare al rispetto dello Stato di diritto l'erogazione degli ingenti fondi ordinari che gli Stati ottengono dall'Unione.
Era ed è il testo stesso del Trattato che impone, come condizione dell'appartenenza all'Unione e di possibile sanzione in caso di violazione, il rispetto dei valori dello Stato di diritto ed era ovvio, nell'ambito di quel dibattito, che ogni aspetto della realtà che andava sviluppandosi negli Stati sarebbe stata presa in considerazione.
Un primo importante passo per rafforzare il controllo della coerenza degli Stati rispetto all'impegno preso in ordine ai valori fondanti l'Unione si è visto nel progetto di regolamento approvato dal Parlamento europeo per l'istituzione del Next Generation Eu, poiché l’erogazione dei fondi vi è condizionata al rispetto dei principi dello Stato di diritto da parte degli Stati beneficiari. È quel legame che Polonia e Ungheria hanno rifiutato, ponendo il loro veto alla approvazione del bilancio dell'Unione.
Il loro veto è stato ora tolto. Stando alle dichiarazioni pubbliche, tutti sono soddisfatti. Vediamo però cosa è avvenuto. Nonostante quanto voluto dal Parlamento europeo il legame tra finanziamenti e osservanza delle regole fondanti dell'Unione è ridotto a quasi nulla; per certi versi è persino snaturato. Le conclusioni del Consiglio, dopo aver richiamato il meccanismo ordinario di accertamento e sanzione delle violazioni dello Stato di diritto (quello che si è dimostrato insufficiente e il Parlamento voleva integrare), sottolineano che verrà rispettata la «identità nazionale degli Stati membri insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale» e dichiara che la condizione posta per il finanziamento agli Stati è esclusivamente quella di «proteggere il bilancio dell’Unione, compreso Next Generation Eu, la sua sana gestione finanziaria e gli interessi finanziari dell’Unione». E non ogni pur grave e strutturale violazione dello Stato di diritto sarà presa in considerazione. Irrilevanti saranno le “carenze generalizzate”. Conteranno solo quelle che abbiano un impatto diretto sugli interessi finanziari dell'Unione.
Si aggiunge poi che il legame tra rispetto dello Stato di diritto e fondi erogati varrà solo per quelli previsti dal nuovo bilancio. In più si inserisce un complesso meccanismo di Linee guida emanate dalla Commissione e ricorsi alla Corte di Giustizia, che fanno prevedere che nulla avverrà prima dei prossimi due o tre anni. Insieme ai tanti euro ci portiamo così a casa un principio sconcertante: Stato di diritto, democrazia, diritti e libertà fondamentali sono valori fondanti dell'Unione, ma solo se la loro violazione confligge con la protezione dei suoi interessi finanziari.
Polonia e Ungheria e i loro governi hanno ragione d'esser soddisfatte. Un triste esito per chi - anche fuori delle periodiche celebrazioni di felici anniversari- vuol continuare a credere che l'Unione e l'Europa ch'essa rappresenta non siano solo un mercato unico e una entità economica.
Vladimiro Zagrebelsky, La Stampa 14 dicembre