Non siamo figli e figlie di eroi
In quel tempo, lo Spirito sospinse
quaranta giorni, tentato da satana;
stava con le fiere e gli angeli lo
servivano. Dopo che Giovanni fu
arrestato, Gesù si recò nella Galilea
predicando il vangelo di Dio e
diceva: “Il tempo è compiuto e il
regno di Dio è vicino; convertitevi e
credete al vangelo”
(Marco 1,12 – 15)
Alla scuola del Battista, Gesù ha maturato la
consapevolezza di dover impegnare tutte le sue forze a servizio del
"regno di Dio", alla causa dei poveri e alla testimonianza
di una fede liberata dagli orpelli sacerdotali e legalisti.
Era
cresciuto da ebreo pio ed osservante, ma già a Nazaret aveva
cominciato a constatare quanto il messaggio profetico del Dio amico
dei deboli fosse stato oscurato e spesso tradito. Alla sinagoga del
villaggio aveva ascoltato e riposto nel cuore le parole infuocate,
audaci e provocatorie dei profeti.
L'incontro e la frequentazione
del Battista avevano nutrito quella fiamma che era diventata un fuoco
incontenibile.
E ora gli giungeva la notizia dell'arresto del suo
amatissimo maestro. Ogni indugio gli sembrava ormai incompatibile con
ciò che agitava il suo cuore.
Mentre Luca e Matteo ci narrano la
sequela delle "tentazioni", Marco in poche righe ci
tratteggia l'inoltro di Gesù nel deserto e il suo successivo
passaggio nei villaggi.
Eccolo nel deserto
Nella
Bibbia che Gesù aveva ascoltato in famiglia, da papà Giuseppe e
dalla mamma Maria, il deserto designava un tempo di prova, di
concentrazione sull'essenziale, di preparazione ad una missione
impegnativa, di intimo contatto con Dio.
E Gesù, appartatosi, non
poté non sentire quanto fosse rischioso continuare la strada del
Battista, quanti "satana" e quante "fiere"
avrebbe potuto trovare sul suo cammino. Gesù sapeva bene quanta
"fortuna" avessero incontrato i profeti, quanta sordità ed
opposizione avrebbe trovato anche lui ...
Ma nel deserto, cioè
nella solitudine, Gesù prepara spazio nel suo cuore alle situazioni
e alle persone che incontrerà. Un cuore ingombro di cose,
pieno di sé, di certezze e di dogmi, non ha posto per altri. Aveva
conosciuto troppi maestri che non sapevano ascoltare e vendevano per
volontà di Dio regole umane, tradizioni, interessi di casta. Invece
aveva ben presenti le figure dei profeti e dei sapienti di Israele.
Per Gesù i veri "maestri" erano come i profeti e i saggi:
coinvolti nella vita del popolo, capaci di ascoltare, di imparare, di
riconsiderare, di camminare con "gli umili del paese", di
vivere in prima persona le asperità, le gioie, i dubbi e le
ristrettezze della "gente di strada".
Il "deserto"
in qualche modo fu la preparazione immediata, la messa a punto del
suo progetto di predicatore itinerante.
Dove troverà la
forza?
Certamente Gesù non era un ingenuo o uno spirito
eroico che potesse sentirsi un gigante, una persona capace di
affrontare qualsiasi opposizione o difficoltà senza tentennamenti,
cedimenti, battute d'arresto.
Sapeva bene come lo avrebbero
osteggiato i benpensanti e quanta solitudine a tratti lo aspettasse.
Certamente la domanda si sarà proposta con estrema lucidità:"Dove
troverò le forze per questo cammino"?
Più e più volte
Gesù, come tutti i Vangeli ci ricordano, lascerà i discepoli e le
folle per ritirarsi a pregare in luogo appartato. Come avevano
risposto a questa domanda i profeti, Ester, Giuditta, la madre dei
maccabei e tanti altri ebrei nei periodi di schiavitù e di
deportazione? Come avevano fatto Scifra e Pua a dire di no al
faraone? E Daniele come aveva fatto a non tradire davanti alla
fornace ardente?
Dove Abramo aveva trovato la forza per partire e
come aveva Mosé sopportato le delusioni del viaggio?
Gesù
conosceva molti di questi "racconti di fede" che passavano
di bocca in bocca, da cuore a cuore. Erano gli anziani a trasmettere
queste "storie di vita e di fede". Le aveva "stampate"
nel suo cuore. La risposta era sempre stata la stessa: noi non siamo
né eroi né figli di eroi. Siamo un popolo che ripone fiducia nel
Dio della libertà. Dobbiamo fare affidamento su di Lui, attingere da
Lui la forza per il nostro cammino.
Questo insegnamento, pur
tradito e spesso travisato nelle mille contraddizioni della religione
ufficiale, era il succo, il centro, il cuore della fede del suo
popolo. Lo apprese in famiglia, alla sinagoga, nel dialogo con la
gente del villaggio.
Gesù partì con questa fiducia nella
"compagnia" di Dio e gettò la sua vita nella direzione dei
villaggi ove vivevano le persone più oppresse e anche più
disponibili al messaggio di cambiamento e di conversione.
E
noi?
Certo, la "compagnia" di Dio non è affatto un
certificato di garanzia contro gli infortuni. Dio non ha liberato
Gesù dai pericoli, dall'insuccesso, dalle ostilità e dalla croce,
ma lo ha sorretto, gli ha dato luce e forza per il suo cammino di
profeta dei poveri.
Nessuna illusione: Dio non ci toglie i sassi
che incontriamo lungo il viaggio della vita. Semmai ci aiuta a
vederli, ad affrontarli. E' la compagnia discreta, l'acqua della
sorgente. Poi tocca a noi, in prima persona, vivere le nostre
responsabilità e compiere le nostre scelte.
Credo che questa
dimensione della radicale fiducia in Dio sia il pilastro che ha
sorretto la vita quotidiana di Gesù.
Noi leggiamo le Scritture,
celebriamo l'eucarestia e coltiviamo la preghiera personale e spazi
di silenzio proprio per riscoprire che il pozzo non è vuoto, la
sorgente ci disseta ancora, il fuoco arde e noi possiamo riscaldarci
alla Sua fiamma.
Ancora una volta siamo invitati/e a guardare a
Gesù come maestro della nostra fede. Egli ha congiunto nella sua
quotidianità una totale fiducia in Dio e una matura assunzione delle
proprie responsabilità personali.
Ti prego
Insegnami, o
Dio,
a concentrarmi sull'essenziale.
Anch'io, piccola
creatura,
posso gettare semi di giustizia
nella terra del
quotidiano.
Dentro e oltre le oscurità
che sembrano bloccare
ogni sogno,
insegnami a vedere
i raggi del sole
che si fanno
strada
verso di noi.