martedì 23 febbraio 2021

Il Giorno del ricordo
Foibe, quei morti di tutti


In questo 10 febbraio dovremmo avere negli occhi, nella mente e nel cuore le intense immagini del luglio scorso, con il comune omaggio dei presidenti italiano e sloveno - Sergio Mattarella e Borut Pahor - a luoghi simbolo dei dolori e delle lacerazioni di quello che fu il nostro confine orientale. Luoghi simbolo di una tragedia del Novecento europeo: "Si sono scontrati qui - scriveva Ernesto Sestan, memore delle sue origini istriane - quei nazionalismi esasperati che hanno reso così feroce l'Europa contemporanea". E ripercorreva poi le fasi di una storia che ha avvio con l'esasperarsi dei nazionalismi di fine Ottocento, divampa nell'esplosione della Prima guerra mondiale e vede poi l'avvento di un "fascismo di confine" aggressivo e oltranzista.
Questo evoca l'incendio del Narodni Dom del 1920 (la Casa della cultura restituita a luglio alla comunità slovena). E i due luoghi di Basovizza cui hanno reso omaggio Mattarella e Pahor evocano i drammi successivi: la "italianizzazione forzata" delle popolazioni slovene e croate perseguita dal regime (a questo si opponevano i quattro giovani fucilati in quel luogo nel 1930) e poi una guerra che vede anche la feroce occupazione nazista e fascista della Jugoslavia. E un dopoguerra segnato dalla volontà di Tito di annettere alla Jugoslavia l'intera Venezia Giulia.
Fra le vittime delle foibe - di cui ancora Basovizza è un simbolo - non vi erano solo fascisti o solo italiani, ma presunti "nemici del popolo": cioè chiunque si opponesse o potesse opporsi al progetto di Tito, compresi esponenti dell'antifascismo. Con la stessa ferocia e per le stesse ragioni che avevano portato alla strage di partigiani cattolici e azionisti a Porzus.
È questo lo sfondo in cui prende avvio il colossale esodo istriano, e la sua dolente e intensa letteratura è un patrimonio dell'intera cultura nazionale. Non ci parla solo degli esuli: ci parla dell'Italia, della sua insensibilità di allora e dei decenni che sono seguiti. Della sua lunga incapacità di essere realmente nazione, perché altra doveva essere la fraterna capacità di accogliere di una nazione vera.
È stata davvero una grande lezione di storia, la visita dei due presidenti a quei luoghi, e al tempo stesso un momento solenne di educazione civile europea. Quella corona comune deposta a Basovizza ai simboli di opposte memorie non esprimeva solo il doveroso rispetto per il "dolore degli altri". Voleva dire qualcosa di molto più profondo: non ci sono vittime degli uni e degli altri, sono tutte vittime "nostre". Vittime di quel drammatico Novecento che dobbiamo lasciarci alle spalle per costruire realmente una comune casa europea. Si pensi al momento e al luogo in cui si parlò per la prima volta di un gesto di conciliazione: lo fece a Gorizia Romano Prodi - allora presidente della Commissione europea - nel maggio del 2004, nel momento cioè in cui la Slovenia entrava nell'Unione. L'impegno fu raccolto allora dal presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ma incontrò troppi ostacoli. E sarà possibile solo nel 2010 a Giorgio Napolitano rendere omaggio a Trieste, assieme ai presidenti di Slovenia e Croazia, sia al Narodni Dom che al monumento all'esodo istriano.
A luglio Sergio Mattarella e Borut Pahor hanno proseguito con forza quel percorso, ed esso è continuato nei mesi successivi con la decisione slovena di scegliere Nova Gorica e Gorizia come Capitale europea della cultura per il 2025: il luogo che più evoca le divisioni del passato diventerà così il simbolo della costruzione di futuro. Ce n'era un gran bisogno: negli ultimi anni una destra aggressiva e rozza ha cercato di riportare indietro la storia utilizzando anche questa occasione, riesumando toni e umori che credevamo sepolti.
E va detto al tempo stesso con forza che un vero dialogo di memorie non sarebbe stato possibile se quel dolore fosse stato ancora rimosso, come a lungo e avvenuto. Va detto cioè che l'importanza del Giorno del ricordo è di gran lunga superiore agli usi strumentali e talora indecenti che qualcuno a destra ha pur tentato e tenta. Solo la piena memoria di quella tragedia può portare al suo superamento, può costruire l'Europa: e in questo percorso le immagini di luglio sono un viatico potente.
Guido Crainz

La Repubblica 10 febbraio