Colpo di Stato in Birmania
Internazionale 15/3
Impadronendosi
del potere assoluto, il leader del colpo di stato in Birmania, il
generale Min Aung Hlaing, ha protetto gli interessi finanziari suoi e
della sua famiglia, oltre al dominio incontrastato dell’esercito
sull’economia.
Per buona parte della sua
carriera militare, Min Aung Hlaing è stato un ufficiale discreto e
schivo, stabilmente promosso a posizioni più elevate.
Ha assunto il
potere assoluto all’alba dell’1 febbraio, cinque mesi prima del suo
pensionamento obbligatorio all’età di 65 anni, previsto per il 3 luglio.
Da
quello che dicono varie fonti, tra gli altri obiettivi, il capo delle
forze armate spera di proteggere se stesso, la sua famiglia e i militari
da possibili indagini sui loro estesi e remunerativi accordi economici e
holding finanziarie.
“I suoi interessi
finanziari devono essere considerati un movente del colpo di stato”, ha
dichiarato in una nota il gruppo di attivisti Justice for Myanmar.
“Il
generale Min Aung Hlaing detiene l’autorità suprema sui due conglomerati
militari della Birmania: Myanmar economic corporation (Mec) e Myanmar
economic holdings limited (Mehl).
Secondo
alcuni resoconti, la Mec e la Mehl hanno investito in attività
commerciali nei porti, nei depositi di container, nelle miniere di giada
e rubino, nell’immobiliare, nell’edilizia e in altri lucrativi settori.
Una lunga lista
Il
figlio di Min Aung Hlaing, Aung Pyae Sone, gestisce un’“attività di
forniture mediche, la A&M Mahar, che vende autorizzazioni della Food
and drug administration, l’ente che supervisiona la sicurezza e la
qualità di alimenti e medicinali nel paese, e negozia le importazioni,
oltre a occuparsi del commercio di tecnologie farmaceutiche e mediche”,
prosegue la nota.
“Aung Pyae Sone
possiede anche l’Azura beach resort, che si presenta come il ‘principale
villaggio vacanze di Chaung Tha’”, una località balneare della regione
di Ayeyarwady, molto frequentata dalle élite di Yangoon.
Qualche anno fa
Sky one construction ha ottenuto il permesso di “costruire un villaggio
vacanze su 22,22 acri (circa 9 ettari) di terreno ceduti in locazione
dal governo… Sky one construction è di proprietà di Aung Pyae Sone”, si
legge.
“Anche la moglie di Aung Pyae
Sone, Myo Yadanar Htaik, è in affari, per esempio dirige insieme al
marito la Nyein Chan Pyae Sone manufacturing & trading company”.
La
nota denuncia anche che “la figlia di Min Aung Hlaing, Khin Thiri Thet
Mon, possiede Seventh sense, una società che produce film ad alto costo e
ha contratti esclusivi con gli attori Nay Toe e Wut Hmone Shwe Yi”.
La
lista delle proprietà della famiglia è lunga ed estesa. Un rapporto
dell’Onu del 2019 affermava che la Mec e la Mehl “contribuiscono a
sostenere le capacità finanziarie del Tatmadaw”, l’esercito birmano.
Questi conglomerati militari presentano “un alto rischio di contribuire,
o di essere legati, a violazioni dei diritti umani e del diritto
umanitario internazionale”, sosteneva il rapporto.
Se Min Aung Hlaing fosse andato in pensione, sarebbe potuto diventare oggetto d’indagini finanziarie da parte del nuovo governo
Il
responsabile del colpo di stato gode di ampio sostegno da parte degli
altri ufficiali, compresi quelli che hanno beneficiato delle molte
attività commerciali dell’esercito.
Di
recente avrebbe anche soddisfatto le truppe regolari con l’acquisto di
costosi armamenti ed equipaggiamenti da Cina, Russia, Israele e altri
paesi. Tradizionalmente questi accordi hanno permesso ai vertici
dell’esercito di ottenere guadagni personali gonfiando i prezzi.
L’ong
Transparency international ha costantemente inserito la Birmania tra i
paesi più corrotti al mondo, secondo il suo Indice di corruzione
percepita.
Gli interessi di Pechino
Ma
il rigido controllo esercitato da Min Aung Hlaing, dalla sua famiglia e
dagli altri militari rende le loro attività finanziarie particolarmente
problematiche da misurare, in mancanza di trasparenza o di resoconti
sui loro guadagni e trasferimenti di proprietà.
Se
Min Aung Hlaing fosse andato in pensione, sarebbe potuto diventare
oggetto d’indagini finanziarie da parte del nuovo governo guidato dal
partito Lega nazionale per la democrazia (Nld) di Aung San Suu Kyi, che
nelle elezioni dello scorso novembre ha ottenuto una schiacciante
vittoria sul partito controllato dall’esercito.
“Quando
Suu Kyi ha vinto le elezioni con tanto margine, si è presentato il
rischio che una vera democratizzazione – anche se di natura illiberale –
minasse la posizione dell’esercito per molto tempo”, ha scritto Avinash
Paliwal, che insegna alla School of Oriental and African studies della
London university.
Non è chiaro in che
modo Min Aung Hlaing e l’esercito percepissero le crescenti relazioni
commerciali di Suu Kyi e dell’Nld con la Cina, che possiede ampi
interessi nello sviluppo infrastrutturale della Birmania, nell’ambito
della sua Belt and road initiative, la nuova via della seta.
Non si sa
quanti di questi enormi contratti, che riguardano strade, ferrovie e
porti, fossero guidati e controllati dall’Nld e se l’esercito avesse o
meno una compartecipazione nei relativi e remunerativi contratti.
La
pressione internazionale su Min Aung Hlaing è cresciuta dai tempi della
sua brutale repressione militare sulla minoranza rohingya, e ci si
aspettava che il generale sarebbe stato preso di mira con maggiore
intensità nei prossimi mesi.
Suu Kyi,
vincitrice del premio Nobel per la pace, è amatissima in Birmania
nonostante negli ultimi anni sia caduta in disgrazia a causa della sua
risposta alla crisi dei rohingya, e sia stata privata di molti dei premi
internazionali ricevuti come icona della democrazia.
Gli
investigatori dell’Onu hanno affermato che l’esercito andrebbe
processato per “genocidio”, perché ha massacrato, violentato ed espulso i
rohingya dalla Birmania occidentale tra 2016 e 2017.
Più di 730mila
rohingya sono fuggiti nel vicino Bangladesh, un paese a maggioranza
musulmana, dove continuano a languire in miseri campi profughi.
Suu
Kyi e l’esercito hanno respinto le accuse di genocidio e hanno
dichiarato che le forze di sicurezza della Birmania hanno lanciato degli
attacchi di autodifesa contro “terroristi”.
Nel
2019 gli Stati Uniti hanno imposto delle sanzioni contro Min Aung
Hlaing e tre altri dirigenti militari per il loro ruolo nelle violenze
contro i rohingya.
Queste sanzioni sono
rientrate nel Global Magnitsky human rights accountability act e hanno
congelato tutti i beni di proprietà di Min Aung Hlaing e di altri tre
ufficiali negli Stati Uniti. Inoltre hanno reso illegali gli affari
degli statunitensi con loro.
Il
presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha immediatamente condannato il
colpo di stato e ha minacciato altre sanzioni. Ma è improbabile che
nuove misure punitive di Washington allontanino Min Aung Hlaing e
l’esercito dal potere.
I militari hanno
governato ininterrottamente per decenni, a partire dal colpo di stato
del 1962. Il potere è stato rafforzato con un golpe nel 1988, prima che
venisse garantita una transizione quasi democratica, che ha visto Suu
Kyi e l’Nld vincere le elezioni del 2015 e del 2020.
L’esercito
ha tuttavia mantenuto il suo ruolo politico, nominando rappresentanti
militari con potere di veto in parlamento e controllando i potenti
ministeri dell’interno, della difesa e delle frontiere.
I
precedenti regimi militari hanno portato l’economia, un tempo una delle
più prospere della regione, agli attuali e grotteschi livello di
disuguaglianza, peggiorati da decenni di sanzioni internazionali. Resta
da vedere come risponderanno gli investitori esteri, arrivati nel paese
sotto il governo eletto di Suu Kyi.
Sulle
aziende straniere attive nel paese sta già crescendo la pressione dei
gruppi che si occupano di diritti umani.
Il rapporto pubblicato il 3
febbraio dall’ong Human rights watch (Hrw), intitolato “La vostra
azienda sta finanziando le violenze dell’esercito in Birmania?”, ha
preso di mira in particolare la giapponese Kirin Holding, che si occupa
di birre e altre bibite, per la sua partecipazione in due birrifici
legati all’esercito.
Due giorni dopo l’azienda ha annunciato che, in
risposta al colpo di stato, avrebbe interrotto la sua collaborazione con
il conglomerato Mehl nei due birrifici Myanmar e Mandalay.
L’esercito
“è stato accusato di genocidio e crimini contro l’umanità nei confronti
dei musulmani rohingya, e di crimini di guerra contro altre minoranze
etniche. E ora ha rovesciato un governo civile che è stato rieletto con
oltre l’80 per cento dei voti nel novembre 2020”, ha scritto Aruna
Kashyap di Hrw.
La tailandese Amata ha
temporaneamente sospeso il suo progetto edilizio industriale da un
miliardo di dollari in Birmania, preoccupata che le nuove sanzioni
rendano il progetto insostenibile per gli investitori internazionali.
“Noi e i nostri clienti siamo preoccupati da un possibile boicottaggio
commerciale dei paesi occidentali”, ha dichiarato il 2 febbraio il
direttore del marketing di Amata, Viboon Kromadit.
Suzuki
motor, nel frattempo, ha fermato i suoi due impianti di produzione di
automobili in Birmania, in attesa che la situazione si stabilizzi.
I
crescenti interessi commerciali della Cina in Birmania dovrebbero,
invece, essere meno colpiti dal momento che Pechino di fatto ha già dato
il suo sostegno al colpo di stato.