domenica 14 marzo 2021

VERA LETTERA PASTORALE

Anche il dolore può aprirsi alla speranza

II lettera di Quaresima 2021

Suor Debora carissima,

approfitto di questa mia per ringraziarti del tuo gesto di condivisione, per avermi accompagnato per le strade di Scampia, per tutte le persone che mi hai fatto conoscere il giorno del mio ingresso a Napoli; così come ringrazio il Signore per tutto ciò che ti sta facendo sentire dentro, per le tue profonde inquietudini e per il tuo desiderio bellissimo di vivere fino in fondo la tua vocazione.

E scrivendo a te, penso e scrivo a tutte le suore di questa nostra Chiesa, alla forza della vostra presenza, alla bellezza del vostro impegno. Scrivo per esprimervi la mia profonda gratitudine, e per dirvi che la vostra presenza in questa Chiesa è essenziale. Da quelle di vita contemplativa, dove si dimora con il Signore, in una continuità in cui tempo e spazio sono abitati dalla Presenza, a quelle di vita attiva, ognuna avvolta dal carisma particolare a cui è stata chiamata, ricchezza per questa nostra realtà. Discepole del Cristo. Benedette e amate!

In questo tempo di Quaresima, siamo chiamati a tornare alla nostra verità profonda, a riconoscerci come creature mancanti, affamate, non solo del pane materiale, ma anche del pane di una parola di senso e di sostegno. È un tempo in cui allenarci per uscire da noi stessi e aprirci maggiormente al Tu di Dio e al Noi con i fratelli e le sorelle in umanità, e ai loro bisogni.

La tua vita donata al Signore, suor Debora, nell’umile fedeltà quotidiana gronda luce e annunzia già, nel cuore di questa Quaresima, il mattino di Pasqua. A volte si è tentati di pensare che la conferma della validità del nostro essere e del nostro operare ci venga dai consensi, o dalle vie spianate sulle quali immaginiamo di dover camminare, mentre l’Amore vero, quello a cui hai consacrato la tua vita, passa sempre per il vaglio della croce.

Il deserto bisogna proprio attraversarlo tutto, senza sconti, senza finzioni, senza illusioni. C’è una luce che nasce nel fondo di ogni dolore vissuto e accolto con Lui e per Lui, c’è una grazia che sboccia quando si scopre il senso della propria chiamata e si resta lì dove l’Amore ci vuole. C’è una bellezza nelle tue ginocchia consumate davanti al tabernacolo, o quando sei seduta sui calcagni, che giorno dopo giorno testimoniano la tua nascosta e feconda offerta. C’è una sovrannaturale semplicità nelle tue braccia sempre aperte, disponibili ad accogliere e lasciar andare.

Chi è stato chiamato da Dio ad una scelta di consacrazione, ha piedi e mani sempre in movimento.

Lasciare tutto”, per non perdere quel pezzo di Regno di Dio, è il senso di un gesto, non compiuto una volta soltanto, ma del gesto ripetuto per sempre; ed è anche il senso della nostra vita. E diventa un modo di attraversare il deserto, il nostro deserto. Perché il deserto spesso è la solitudine, la malinconia e le angosce inevitabili, i sogni infranti, le speranze spezzate, i perché senza risposta, tutto ciò che procura affanno e dolore. Nessuno ne è esente.

Negli anni vissuti in Calabria, ho visto morire tanti ragazzi, molti stroncati dall’Aids, proprio mentre stavano gustando e apprezzando il dono della vita. Sotto la loro maglietta, nel profondo del loro cuore, c’era sempre una ricerca infinita di vita e perciò anche di Dio. Ma davanti alla loro agonia, e alla loro morte, ero io che mi sentivo lontano, ero io che mi chiedevo se Dio li avesse abbandonati. Questo terribile dubbio che s’impadroniva della mia mente abituata alle certezze, questo terribile travaglio che scuoteva la mia coscienza, questo sentimento di fragilità e di povertà interiore, mi ha fatto comprendere e vivere il senso dell’abbandono in Dio, mi ha fatto cogliere il dono della conversione continua e dell’eterno ritorno a Lui. Non so se io sono stato strumento di conversione per qualcuno di questi ragazzi, lo sa solo il Dio della vita. So per certo, però, che ciascuno di loro è stato strumento di conversione per me.

E in quel deserto cogli la forza della vita. Allora anche il dolore può aprirsi alla speranza. Suor Debora, la vita ci chiederà di resistere nel buio, di non venir meno nelle prove, di continuare a credere in noi, nell’opera di Dio dentro di noi, quando si fa il vuoto intorno, di non cedere quando tutto sembra crollare. Ed esigerà l’amore quando apparirà inutile, sprecato, quando sembra che trionfi solo la forza. Ma, ti prego, tu continua a credere nella forza dell’amore. È il senso della tua vocazione. È la bellezza della tua missione. Del tuo essere donna in questa Chiesa. Non qualsiasi amore, suor Debora, solo quello che è passato dalla morte alla vita, solo quello che ha conosciuto il buio e il disorientamento, lo smarrimento e la rottura, la prova, il fallimento, e ha rimesso insieme i pezzi come il respiro fa rialzare un corpo. Le nostre ferite hanno bisogno solo di questo amore. Ed è questo amore che ci salva e fa vivere. È questo amore fiducioso che libera, è l’amore senza misura che salva, è l’amore che crede nell’altro più che in se stesso, che pone un segno di vita. Suor Debora, ama la tua vita, la tua vocazione, i passi che hai fatto fino ad oggi. Per questo benedico la tua vita tutta, il tuo passato e il tuo presente, le tue crisi e le tue speranze.

E benedico anche le distanze che io devo ancora percorrere, le stanchezze che mi porto dentro. Perché il Signore lo incontro proprio in esse, nelle delusioni, nel fallimento, e riveste di luce quei momenti. Dio, posso incontrarlo nel buio di una notte, nelle difficoltà, nelle insoddisfazioni di un cuore inquieto che continua a cercare, anche nella morte e nell’assenza. Dio si lascia trovare, si lascia riconoscere nei segni della vita e dell’eterno.

È il buio dei dubbi e delle tribolazioni che ci conduce alla luce, è il buio di una crisi che ci riporta in noi stessi, che ci consegna alla vita. È il buio che sveglia e prepara all’attesa, è il buio che permette di vedere spiragli di luce. La trasfigurazione non è altro che una feritoia che ci fa coraggio, ci fa capire che c’è la luce della resurrezione.

Nessuno può arrivare a capire la Pasqua se non “scende”. Il significato della vita non è nella fuga dalla realtà, ma nel fondo della realtà. Nessuno può dire di ascoltare il Figlio se non prende sul serio ciò che in questo momento sta vivendo, la sua nuda realtà. È solo così che dal buio si passa alla luce. Per entrare nella divinità di Cristo bisogna passare attraverso la sua umanitàÈ l’umano, la via che ci conduce a Dio. È attraverso il buio della nostra debolezza che si giunge alla luce di saperci amati e salvati. Alcuni istanti della nostra vita sono delle vere e proprie trasfigurazioni. Esse sono lì non per vivere poi di rimpianti ma per affrontare le oscurità. Allora diventa essenziale saper riconoscere o ricordare le Trasfigurazioni che Dio ci ha donato nella nostra vita. Dura poco quel bagliore ma quello squarcio di luce diventa importante. Perché sostiene il cammino. Il cammino dei giorni bui, che non sono pochi.

Lasciati sempre raggiungere da Dio ed abbandonati totalmente tra le braccia del suo Amore. C’è una verità alla quale attaccarci sempre: è l’Amore. Perché è l’Amore che giustifica ogni nostra azione. Gesù Cristo, la Parola che dà corpo ai nostri sogni, ci chiama a vivere con Lui, come Lui. E l’Amore diventa relazione, dialogo, preghiera, diventa comunione di vita con il Signore.

Non smarrire, ti prego, la freschezza del tuo primo , anche se oggi le prove della vita hanno potuto appesantire il passo, non lasciare che il disincanto prenda il sopravvento e intristisca la speranza. Ravviva invece la memoria di quel primo sguardo che ti fece innamorare di Lui, mise le ali ai piedi e ti lanciò nella meravigliosa avventura della vita consacrata, attratta da quella luce che ti parlava di un Oltre e di un impossibile sempre possibile per chi crede.

Che sia così la tua vita… approdo sicuro per gli smarriti, casa di preghiera, tenerezza che stringe la mano, consolazione per chi paga il prezzo dei suoi sbagli e anela alla libertà… sii casa per chi non ha casa, madre per chi non ha madre, famiglia per chi non ha famiglia… sii tu luogo di trasfigurazione, abbraccio di liberazione, carezza che rilancia, sguardo che perdona…

Forza, suor Debora! Grazie del dono della tua vita. Del tuo essere suora! L’amore fa sempre il primo passo, l’amore dona fino in fondo e fino alla fine. Cerchiamo il Signore fuori dalle nostre crisi mentre Lui è là che ci rende possibile il cammino. Cerchiamo il senso della nostra vita nel più alto dei cieli, mentre il cielo sta proprio qui. Nell’andare fino in fondo. E il vento della vita ci sorprende. E ti accorgi di una strada che non sapevi, quella che va oltre, quella che si può dire con un sorriso, con una carezza, con la pace. E vedi che l’infinito è qui, in quello che rinasce, diverso da prima, più forte e nuovo. L’infinito è qui, ed è bello, perché puoi vederlo, ha i tratti del concreto. Ti chiama e ti vuole libera, libera di amare e basta. Oltre i tuoi schemi e le tue attese, oltre le tue presunte capacità. Soprattutto ti aspetta. Senza nessuna catena, senza nessuna sicurezza, senza paure ma solo restando, faccia a faccia. Faccia a faccia con la vita vera.

Suor Debora, c’è una luce dentro la nostra creta. La luce di Dio è energia e bellezza. Dio ha un cuore di luce. E gronda di luce ogni volto di uomo e di donna. Lasciati illuminare dal mistero di Dio, dalla luce che abita in te. E anche tu sarai trasfigurata. E appari in tutta la tua luminosità. Questo fa Dio, questo vuole Dio. Libera la luce che hai dentro. E ogni cosa è illuminata. Questo è il presente del tuo futuro.

† don Mimmo

PS: Ricordati di me nella tua preghiera... ti abbraccio!