Come un albero
Lidia Maggi Angelo Reginato
Rocca1/4
Angelo:
mi introduco nell'affascinante mondo dei Salmi accompagnato dalle
parole di André Chouraqui: "Noi nasciamo con questo libro nelle
viscere. Un librettino: 150 poesie, 150 gradini eretti tra la morte e la
vita; 150 specchi delle nostre rivolte delle nostre fedeltà, delle
nostre economie e delle nostre resurrezioni. Più che un libro, un essere
vivente che parla, che ti parla, che soffre, che geme e che muore, che
risorge e canta sul limitare dell'eternità-e ti prende, e trascina te i
secoli dei secoli, dall'inizio alla fine… Nasconde un mistero, perché le
età non cessino di ritornare a questo canto, di purificarsi a questa
sorgente, di interrogare ogni versetto, ogni parola dell'antica
preghiera, come se i suoi ritmi scandissero la pulsazione dei mondi".
Partiamo dunque. Il primo gradino è una soglia. Entri e subito
sali.
Ascesa ripida, impervia, che toglie il fiato: "E' beato chi…
(Salmo 1,1). Non è un azzardo promettere felicità, farne la prima
parola? È un'ingenuità o una studiata seduzione? Il mio piede vacilla,
incerto se inoltrarsi lungo questa ripida scala.Mi rassicura lo specchio
d'ingresso che mi restituisce l'intera mia immagine. Una volta
rispecchiati, è impossibile sentire quella prima parola come semplice
slogan, esca per attirare nell'ennesima casa degli inganni. Lo specchio
fissa una storia di empi, peccatori e schernitori, una scena
dominata dalla nera presenza di personaggi che si fanno beffe del
desiderio di felicità.
Non si tratta, dunque di un mondo dietro il mondo,
di uno scenario fittizio con scala di cartapesta. Decido di entrare.
Lidia: la felicità richiederà un lungo cammino, una fedeltà al progetto, ascolto costante e continuativo: giorno e notte.
E' così che ci si radica nella vita buona, fino a scoprirsi albero
rigoglioso. Occorre, poi, attendere la giusta stagione perché questi dia
il suo frutto! La strada per la felicità non è lineare, non è
sgombra da pericoli e false fascinazioni: il salmo ce le racconta in un
crescendo di rischio. Il male ha il volto delle amicizie che decidiamo
di frequentare: empi, schermitori, peccatori. Lo scorgiamo da lontano,
gli andiamo incontro, gli passiamo accanto; e invece di cambiare strada,
ci facciamo prossimi a lui e ci fermiamo ad ascoltare i suoi consigli
astuti. Infine, senza accorgercene, ne diventiamo complici, in una
comunione sempre più profonda, ci sediamo alla sua mensa. Ci nutriamo con
il suo pane ingiusto. Dunque, non solo il cammino verso la felicità si
gioca sui tempi lunghi e sulla disciplina, ma anche la seduzione del
male arriva in un crescendo di sempre maggiore intimità: lo incontri, ti
fermi, ti siedi e la vita buona svanisce dal tuo orizzonte.
Angelo:
cosa ne abbiamo fatto del desiderio di una vita buona, realizzata?
L'idea stessa di felicità ci appare infelice, costretta nello spazio
angusto di un sentire volubile, in balia di imprevedibili spazi ed
umore. Un sentimento privato, che ha perso il mondo. Sarà come un albero…
osa dire il salmo. Che immagine preziosa, capace di farci recuperare il
legame con la comunità dei viventi, quel mondo dalle ampiezze cosmiche.
La felicità che compare come parola prima, miniatura che racchiude
l'intero Salterio, ha la forma del mondo buono, desiderato da Dio. Il
singolo umano che si affaccia sulla soglia del libro dei Salmi è
radicato nella terra, è alimentato dalle acque dei ruscelli, inserito
nel corso delle stagioni.
Ed è questa solidarietà con il creato che rende
la sua esistenza fruttuosa, la sua vita sempre verde.
Lidia:
è un mondo sottosopra quello biblico, dove ciò che reputiamo fragile
resiste e quello che ci appare vincente si disperde.
Entrare nel Salterio
significa educare lo sguardo a un altro punto di vista. I malvagi che ci
sembrano inamovibili li scopriremo pula, scarti del grano,
dispersi dal vento. Mentre saranno proprio quei timidi germogli di di
cura quotidiana che non si rassegnano al saccheggio dei prepotenti, a
far crescere foreste di giustizia, che daranno frutti di felicità.
Vedremo come molti salmi rievochino la storia della salvezza di cui ha
fatto esperienza Israele. Accanto ad essa, c'è anche una geografia della
salvezza, fatta di nomi di città e di paesaggi naturali: fiumi, monti,
campi, mari, alberi… Paesaggi dell'anima, che ricerca la felicità
abitando il creato con fiducia, custodendo e coltivando il giardino, in
cui anche l'umano può finalmente sbocciare.