Intervista di Francesco Comina
Noi diversi
Nel bel mezzo del lockdown si pensava che la nuova epidemia da Covid-19 si comportasse esattamente come le altre epidemie, ossia livellasse le discriminazioni. Perché le pandemie virali hanno sempre sciolto le disuguaglianze mettendo il ricco e il povero. il bianco e il nero, la donna e l'uomo davanti a un comune senso del destino: il rischio della malattia e della morte. Ma una volta passata l'emergenza più acuta, ecco che il Covid-19 non solo ha potenziato le divisioni, ma ha pure offerto alla retorica identitaria escludente il braccio armato per distinguere e tacciare l'altro (lo straniero) come potenziale responsabile del contagio. Dal meccanismo dalla classificazione identitaria in una storia sempre più lacerata e divisa, ne abbiamo parlato con l'antropologo.
Marco Aime.
Marco Aime, lei fa un'analisi profonda delle varie forme di razzismo e della polarizzazione identitaria attraverso i secoli fino ai giorni nostri. Nemmeno in mezzo alla pandemia la discriminazione "Noi" e "Loro" è venuta meno. Che sta succedendo?
A dire la verità durante il lockdown il tema dell'altro, diverso da noi, effettivamente non c'era. Il virus ci aveva fatto dimenticare il tema dell'alterità in termini di differenziazione e di classificazione. Eravamo tutti chiusi in casa, consci che il virus non avrebbe guardato in faccia nessuno e sarebbe passato trasversalmente attraverso le differenze sociali, culturali, etniche. Poi, con i primi ritorni alla "normalità", è tornata prepotentemente la retorica razziale e la ricerca del capro espiatorio: "Sono loro che ci portano il virus!". Insomma, l'altro, lo straniero, indipendentemente dalla provenienza, è tornato ad essere una minaccia.
La paura del diverso, la ricerca del nemico su cui scaricare i problemi che attanagliano una società sono dei leitmotiv che accompagnano la storia dell'uomo?
A intermittenza. Ci sono state epoche e contesti in cui il tema della diversità non aveva connotazioni negative. Anzi. Lo straniero era perfino esaltato, come portatore di novità e c'era addirittura un`etica di rispetto e di cura dello straniero. Ulisse, quando approda nelle varie isole viene sempre accolto bene, curato e nutrito, perché lo straniero è anche un portatore di novità e di fortuna. Pensiamo per esempio al rapporto fra greci e barbari. Pensiamo all'importanza di accogliere e proteggere lo straniero nella Bibbia e nei vangeli. I greci chiamavano barbari quei popoli che non sapevano parlare bene la lingua greca, che parlavano con un "bla bla bla". Ma non c`era una discriminazione per il fatto di essere stranieri.
Quando ha origine il razzismo come ideologia che classifica ed esclude?
Con l'avvento della modernità. Già nella Spagna della Reconquista (a cavallo fra Quattrocento e Cinquecento) l'alterità non è più un fatto culturale, ma diventa un dato biologico. E da lì non si scappa. Alla metà del Settecento si fa largo, in Europa, la frenesia della classificazione. Si stabilisce una gerarchia: i neri sono inferiori, gli asiatici un po' meno, poi gli americani e via così. Ma "attenzione a classificare gli umani!" disse Darwin, perché nel momento in cui si classifica per gruppi umani avviene una perturbazione nell'armonia del corpo stesso dell'umanità. E infatti così è avvenuto: le idee razziali hanno preso corpo politico e sono diventate leggi di stato come abbiamo visto nella prima metà del Novecento.
Riusciranno le nuove generazioni a imparare a convivere con l'altro e a valorizzare la diversità?
A lungo termine le generazioni cambieranno la visione. I ragazzi di oggi hanno ben presente che il monde si è fatto vario e complesso che condividere il banco con un ragazzo di altro colore è oramai una cosa normale. La contaminazione si fa sempre più la regola di una storia di incontri e di incroci fra popoli diversi. La scuola ha un ruolo fondamentale nel processo di integrazione. Ma l'alterità non va semplicemente integrata, va rispettata e valorizzata per la sua differenza che offre una visione più profonda della realtà. Bisogna uscire dagli stereotipi e capire che l'identità non è qualcosa di astratto ma è un processo di elaborazione continua fatta di vita e di relazione. Costruire l'altro, il diverso, è fondamentale per definire chi siamo noi o meglio chi vogliamo essere, in che modo vogliamo apparire.
Mosaico di pace, marzo 2021