mercoledì 5 maggio 2021

PACE IN PERICOLO

 Irlanda del Nord, lettera aperta delle chiese

Bisogna «trattare con cura la nostra fragile pace». Lo scrivono, dopo giorni di scontri e violenze, le chiese dell'Irlanda del Nord e in particolare il Church Leaders Group, come riporta il Consiglio ecumenico delle chiese. I rappresentanti religiosi hanno infatti indirizzato una lettera aperta ai leader politici dell'Irlanda del Nord, ai governi del Regno Unito e dell’Irlanda e all’Unione europea.

«Le cause di questa recente esplosione di violenza sono complesse e, per alcuni aspetti, radicate - si legge nel testo -. I rappresentanti della Chiesa e altri leader di comunità che lavorano sul campo nelle comunità colpite ci hanno parlato della loro frustrazione nel vedere un’altra generazione di giovani rischiare la propria vita e il proprio futuro perché i ripetuti avvertimenti sulla necessità di trattare la nostra fragile pace con cura sono rimasti inascoltati».

La presa di posizione fa riferimento alla significativa riduzione della violenza dal 1998», con gli accordi del Venerdì Santo, come un «risultato importante. Ma quell’esperienza - continua la lettera - ci insegna anche che queste sfide possono essere affrontate solo da leader politici che si uniscono con un genuino desiderio di trovare soluzioni che soddisfino le legittime preoccupazioni degli altri oltre che le proprie».

Nei giorni scorsi, come aveva spiegato Nicola Brady, segretaria generale del Consiglio delle chiese d'Irlanda, l'Irish Council of Churches, le chiese avevano già espresso il timore per l'escalation di violenza e palesato la loro intenzione di lavorare ancora con maggiore determinazione per la pace: «La decisione di tenere l’Irlanda del Nord all’interno dell'Ue ed evitare di rimettere nuove frontiere, dopo la Brexit, è stata vista da alcune comunità, dai loyalist in particolare, come una perdita di identità. Di conseguenza hanno ritirato il loro sostegno all’accordo del Venerdì Santo. Questo è molto preoccupante e le violenze sono un pericolo reale, sia in termini individuali sia collettivi. Come chiese vogliamo ricordare a tutti che cosa è stato raggiunto con quegli accordi storici, che hanno rappresentato la fine della violenza. Ma siamo anche molto chiari: la riconciliazione non è finita con la firma di quegli accordi. Continuiamo a lavorare, quindi, per un percorso di pace».

La dichiarazione congiunta, pubblicata anche dal sito della Chiesa d’Irlanda, è firmata da John McDowell, arcivescovo della Chiesa d'Irlanda di Armagh e di tutta l’Irlanda, Eamon Martin, arcivescovo cattolico di Armagh e d’Irlanda, David Bruce, moderatore dell’assemblea generale della Chiesa presbiteriana in Irlanda, Tom McKnight, presidente della Chiesa metodista in Irlanda, Ivan Patterson, presidente del Consiglio delle chiese irlandesi.

«Leader, organizzazioni e comunità commettono errori - continua la missiva -. Come leader cristiani, siamo consapevoli della necessità di riconoscere i fallimenti della leadership delle chiese nel nostro ministero verso le comunità divise. Non sorprende, data la complessità delle nostre relazioni in patria e all'estero, che anche i politici, i partiti politici e altri dirigenti commettano errori di valutazione». Occorre però, secondo i leader religiosi, «imparare dalle conseguenze dei propri errori», che è «molto meglio che fare salti mortali per tappare le falle e insabbiare quanto accaduto». «Tutti noi nell'Irlanda del Nord proseguono - abbiamo creato una società in cui la giustizia imparziale richiede la saggezza di Salomone unita alla pazienza di Giobbe».

La lettera sollecita infine ad affrontare le preoccupazioni in modo da rafforzare i processi democratici anziché indebolirli. «Siamo consapevoli che le chiese siano solo una piccola parte della più ampia leadership civica nella nostra società e che tutti i leader civici hanno la responsabilità di sostenere i nostri rappresentanti eletti mentre cercano di negoziare difficili compromessi e trovare nuovi spazi per il bene comune - conclude la lettera -. Le chiese, insieme ad altri leader civici, sono desiderose di fare la loro parte nell'affrontare le cause profonde della violenza e lavorare per garantire che tutte le comunità possano godere dei benefici della pace in futuro».

Riforma 23 aprile