domenica 13 giugno 2021

 

La parola

pazienza

C’era quella di Giobbe e quella di Totò. La prima fu così esageratamente tenace che la sua fama ha attraversato i secoli diventando la proverbiale pazienza di Giobbe. La seconda ha dato lo spunto a una battuta immortale: “ogni limite ha la sua pazienza”. Un riconoscimento e uno sberleffo per la più disattesa delle antiche virtù. In tempi allenati alla velocità, la pazienza aveva infatti perso il suo smalto. Ne era rimasta un po' come imprecazione (santa pazienza!) o come consiglio svogliato (ci vuole pazienza), mentre la fretta trionfava in tutti i campi: nell’informazione vittima dei tweet, negli avidi acquisti fatti con un clic, nel turismo mordi e fuggi, nella soddisfazione immediata di ogni desiderio, pulsione, appetito.

L’arrivo del Covid le aveva improvvisamente ridato nuova vita, e anche nuove facce. Non eroica, come la voleva Leopardi, ma speranzosa durante i primi lockdown, avvilita con il crescere dei contagi, stizzita per le restrizioni non accettate, cattiva nel dare sfogo ai pensieri più duri. Come quelli espressi da un dirigente della Confindustria, tal Domenico Guzzini, che spavaldamente dichiarava: «Le persone  vogliono venirne fuori e se qualcuno morirà, pazienza!». Non che fosse un’idea originale. Li avevano già avuta in molti, compreso Boris Johnson che aveva gelato così il Regno Unito: «Abituatevi a perdere i vostri cari. I vecchi devono morire». Ma era subito intervenuta Nemesi e Johnson, non vecchio ma maturo, si era ammalato di Covid, aveva sfiorato la morte, era guarito e oggi, dopo aver vaccinato quasi tutto il suo popolo, riapre il Paese dicendo: «Grazie a tutti per la pazienza».

Ci voleva però Mario Draghi per restituire alla pazienza la più banale delle sue forme, quella che guarda al futuro con sopportazione ma senza rassegnazione. Lo ha fatto chiedendo a tutti i promessi sposi di «avere ancora pazienza» per qualche settimana e di non sfidare il Covid con una affollata festa di nozze. Ha sì trattato la febbrile aspirazione di una coppia all’offerta reciproca di sé come la riapertura delle palestre o dei parchi giochi, ma senza volerlo ha anche evocato il tempo prezioso dell’attesa, quello che si nutre di sogni e di ardori, quello che, come sosteneva Stendhal, aspettando il piacere fa l’esperienza della felicità.

STEFANIA ROSSINI

L’Espresso 23 maggio 2021