lunedì 18 ottobre 2021

Affilare la scure

Molti anni fa, in un piccolo villaggio, vivevano due giovani robusti. Ogni giorno gareggiavano in qualche prova utile per dimostrare a tutti gli abitanti chi fosse il più forte. Un giorno vinceva uno, il giorno dopo vinceva un altro. Non si riusciva mai a stabilire chi fosse il più forte. Gli abitanti decisero così di proporre la prova definitiva. Avrebbero dovuto andare nel bosco lì vicino e fare legna dal mattino alla sera. Al termine, chi avrà la catasta di legna più alta sarà il vincitore, il più forte del villaggio. Così, al giorno stabilito, si recano nel bosco. Al levar del sole iniziano alacremente a fare legna. Uno dei due, però, ogni tanto si ferma. L'altro, imperterrito, continua senza mollare mai. Anzi, vedendo l'avversario sedersi, inizia ad esultare in cuor suo, certo della vittoria. Al termine, al cader del sole, si fermano. Quello che non si era fermato mai guarda con soddisfazione la propria catasta, sicuro della vittoria. Poi, con una certa superiorità, guarda la catasta del compagno. Ahimè, sorpresa: era considerevolmente più alta della sua! Deve riconoscere la sua sconfitta. A denti stretti si rivolge verso il vincitore e dice: "Hai vinto. Ma come hai fatto? Io non mi sono fermato mai, mentre tu di tanto in tanto ti sedevi?". L'amico risponde: "Hai ragione. Io ogni ora mi fermavo dieci minuti. Ma in quel tempo affilavo la scure".

Bella questa storiella. Ci ricorda la necessità di affilare la scure. Non basta correre, occorre incidere. Non basta fare, occorre scegliere. Per questo motivo, di tanto in tanto, dobbiamo prendere in mano la vita, calibrare la rotta, valutare le scelte, riconoscere i limiti, riaccendere il cuore, allargare l'orizzonte.

Come commento a questo racconto trovo belle le parole del Card. C.M. Martini, tratte dalla sua lettera pastorale.

"La dimensione contemplativa della vita": "Questo discorso sulla dimensione contemplativa della vita si dirige a ogni uomo e ogni donna che intenda condurre un'esistenza ordinata e sottrarsi a quella frattura tra lavoro e persona che minaccia oggi un poco tutti. Vorrei che queste parole fossero un messaggio per tutti gli uomini di buona volontà… Vorrei dire loro che ammiro l'impegno stressante per la costruzione della città, per la difesa e la diffusione del benessere, per il trionfo dell'ordine contro la minaccia sempre incombente del disordine e dello sfascio. Ma vorrei anche ricordare che l'ansia della vita non è la legge suprema, non è una condanna inevitabile. Essa è vinta da un senso più profondo dell'essere dell'uomo, da un ritorno alle radici dell'esistenza. Questo senso dell'essere, questo ritorno alle radici, ci permettono di guardare con più fermezza e serenità ai gravissimi problemi che la difesa e la promozione della convivenza civile ci propongono ogni giorno".