domenica 17 ottobre 2021

I POVERI AUMENTANO SEMPRE

 Il milione di nuovi poveri creati dalla pandemia

La Stampa 17/11

Povertà è una parola che ripetiamo da molti anni. Senza mai poter dire che è consistentemente diminuita. Ce lo ha ricordato la Caritas ieri con il suo ventesimo Rapporto. Cerchiamo di capire che cosa sta succedendo sulla base dei dati statistici ufficiali. La crisi del 2008-2009 aveva portato con sè una caduta dell'occupazione, ma non un aumento immediato della povertà. Due ammortizzatori sociali avevano agito, la cassa integrazione che aveva tutelato i capifamiglia e le famiglie che avevano protetto i giovani, dando fondo ai risparmi e indebitandosi. Vi ricorderete che in quegli anni abbiamo raggiunto il minimo di propensione al risparmio. Purtroppo la crisi si è prolungata e molte famiglie non hanno retto. E così la povertà balza nel 2012, raddoppiando in media il suo livello e triplicando per minori e giovani fino a 34 anni.

Nonostante l'uscita dalla recessione del nostro Paese nel 2014, la povertà non diminuisce. E dobbiamo aspettare fino al 2019 per incontrare la prima diminuzione significativa statisticamente della povertà assoluta in seguito all'introduzione del reddito di cittadinanza. La diminuzione è piccola, si passa dall'8,4% al 7,7% della popolazione, perché la misura era stata introdotta a metà anno con importi oggettivamente troppo bassi per garantire il superamento delle linee di povertà. Il che significa che la crescita che abbiamo conosciuto a partire dal 2014, oltre a essere stata debole, (non siamo mai tornati ai livelli del Pil precedenti il 2008-2009), non è stata inclusiva, non ha portato con sé la diminuzione della povertà assoluta. Arriva la pandemia e nonostante la cassa integrazione, il reddito di cittadinanza e gli ingenti trasferimenti monetari, disposti giustamente dal Governo, la povertà balza di un milione di unità. È particolarmente elevata per le famiglie di immigrati, per le famiglie operaie dove la perdita del lavoro femminile in presenza di figli può aver contribuito alla caduta in povertà. Il Sud continua ad avere i livelli più alti di povertà, ma si riduce la forbice tra il Nord e il Mezzogiorno. E ancora una volta peggiorano i minori e i giovani più degli altri. Ha ragione la Caritas a richiamare l'attenzione sui risultati dell'analisi delle 200 mila persone che si sono rivolte ai suoi centri di ascolto. Cresce in questo caso la quota di persone che da più di 5 anni si rivolge ai centri, ma cresce anche la parte di "nuove" persone, che per la prima volta hanno accesso ai servizi. Il che vuol dire che cresce la parte che cronicizza la sua situazione di bisogno e al tempo stesso si allarga la fascia del bisogno. Ebbene i dati complessivi sulla povertà assoluta dell'Istat devono metterci in guardia sulla situazione. Non possiamo più permetterci una crescita non inclusiva, come è stata quella tra il 2014 e il 2019. Dobbiamo dotarci di politiche adeguate.

La questione della povertà non deve essere strumentalizzata dalla lotta politica e dagli interessi di parte di questo o quel partito. Si cambi ciò che non funziona del reddito di cittadinanza, ma non possiamo permetterci il lusso di ricominciare ogni volta da capo. Di fronte alla povertà ci vuole responsabilità. Perché è sulla povertà che si radica lo scontento, e soprattutto sul non vedere prospettive. Abituiamoci a ragionare non solo in base alla crescita del Pil. Se aumenta il Pil ma non diminuisce la povertà e ciò avviene per anni vuol dire che stiamo producendo povertà strutturale che sarà sempre più difficile sradicare. Soprattutto se riguarda bambini e giovani. Vuol dire che stiamo producendo sfiducia e non speranza, risentimento e non voglia di mettersi in gioco. Troppa povertà fa male alla democrazia. Combattere la povertà significa creare le condizioni per una democrazia viva e partecipata, in cui tutti siano in condizione di dare il loro prezioso contributo. —

*Direttora centrale Istat.