lunedì 11 ottobre 2021

LA DESTRA E I SUOI FANTASMI

 La destra e i suoi fantasmi

di Ezio Mauro

La Repubblica 11/10

 Con quella «colonna di fuoco» evocata da Mussolini prima di diventare Duce: «Io chiedo un uomo feroce che abbia l’energia di spezzare, l’inflessibilità di punire, la forza di colpire senza esitazione. Non è tempo di angeli». E infatti tutti i demoni vennero liberati: soltanto in due mesi del 1921 si contano più di cento morti e quattrocento feriti, e in quattro anni lo squadrismo raggiunge le tremila vittime. Ma sono gli obiettivi che devono farci riflettere: 59 Case del Popolo saccheggiate, 141 sezioni socialiste bruciate, 100 circoli culturali danneggiati e soprattutto 28 sedi sindacali assaltate, 83 Leghe contadine devastate, 197 cooperative paralizzate, 119 Camere del lavoro distrutte.

Nessuno pensa che si possa replicare quell’avventura che trascinò il Paese nella tragedia durata vent’anni.

Tutto è diverso, soprattutto il contesto di un’Europa democratica che ci garantisce e ci protegge da noi stessi. Impressiona tuttavia vedere la disponibilità vagante di una minoranza eterogenea, senza interessi di classe unificanti, a trasformarsi in forza ribelle e subito violenta nelle mani dei capi fascisti di Forza Nuova: che usano il rifiuto del Green Pass per suscitare una disobbedienza organizzata, inseguendo in questa rivolta il nucleo incandescente dell’antipolitica da trasformare in anti Stato. Attorno, un paesaggio che conosciamo. I naufraghi della globalizzazione si muovono sbandati, spostati, dispersi come i reduci della guerra cent’anni fa, i politici della destra sovranista incoraggiano i No Vax a cercare fuori dalla scienza e dalla razionalità dell’esperienza quella verità che qualcuno ha confiscato, come se di nuovo la folgore futurista dovesse squarciare il velo illuminando il futuro. Egoismo, rabbia, invidia sociale soffiano sulle disuguaglianze divenute insopportabili, un ceto medio instabile fatto di esclusi, delusi e tagliati fuori apre nuovamente i cancelli delle classi facendo saltare le appartenenze culturali, liberando e confondendo una massa eccitata in cerca di arruolamento.

Proprio qui si scopre oggi una realtà che è cresciuta sotto la maschera della pandemia: per chi vuole fare le prove di sovversione del sistema, superando la democrazia con l’accusa di inefficienza, il virus è una straordinaria occasione politica. Chiama in causa categorie estreme, come la vita e la morte, mette in tensione l’intero sistema, costringe a una torsione del meccanismo di libertà, soverchia ogni autonomia con l’emergenza permanente e sospende la grandiosa banalità della regola democratica con lo stato d’eccezione. Un quadro perfetto per il populismo antipolitico della destra radicale, che camminando al contrario di chi ha la responsabilità di proteggere la salute dei cittadini senza soffocare l’economia e il lavoro, raccoglie e ingigantisce soltanto i frutti di questa eccezione, le anomalie, le restrizioni, le riserve, le limitazioni, rifiutandole in blocco come la prova finale dell’impotenza della democrazia trasformata in inganno.

C’è dunque uno sfruttamento intensivo del virus, della sua pressione emotiva sui cittadini, del loro sentimento di inermità che nasce dal sentirsi esposti all’insidia del male, un sentimento che può facilmente essere convertito nella sensazione di non essere coperti dalle istituzioni e tutelati dal governo. Quindi in un sospetto nei confronti del sapere ufficiale, una diffidenza per la scienza, un rigetto per le élite, una sfiducia per la politica. Fino al disconoscimento dell’esperienza, alla sconfessione della competenza, e al rifiuto della realtà.

A questo punto l’operazione è compiuta. Con due variabili inattese, però: la prima è che il virus declina, e dunque a cavallo dei primi freddi del cambio di stagione il governo gioca la partita decisiva, spingendo per la terza dose agli anziani e per la tutela sul lavoro con l’obbligo del Green Pass, mentre riduce le vecchie misure di distanziamento e di limitazione d’accesso. La vaccinazione è arrivata all’80 per cento, i consumi nelle grandi città sono ripartiti, l’economia recupera, il quadro sta forse cambiando: che fare di tutta quella rabbia, coltivata e blandita per portarla fin qui, sull’orlo della rottura politica e sociale?

E qui entra in scena la seconda variabile, che potremmo definire l’autonomia della ribellione. A un certo punto, trovando nella politica soltanto segnali d’intesa e cenni d’approvazione, senza lo sbocco di un progetto compiuto, la rabbia in rivolta si riversa fuori da se stessa costruendosi dei bersagli simbolici e abbandonandosi alla violenza, come se volesse colpire l’opinione pubblica, non riuscendo a convincerla. La sua carica antistatuale, a lungo accumulata, la spinge a cercare le sedi delle istituzioni, attaccando il Palazzo, che però è presidiato. La sua ideologia di destra estrema, mai rinnegata, la guida allora allo stesso indirizzo di cent’anni fa, il sindacato, cioè la casa del lavoro inteso non solo come obbligazione volontaria alla necessità, ma come strumento di realizzazione, di emancipazione, di autocoscienza e di cittadinanza. Il lavoro che trasforma la carità in solidarietà, la beneficenza in diritto, alle soglie del moderno welfare.

Il lavoro che fabbrica la nuova politica e inventa la sinistra. Ecco perché l’istinto vecchio e nuovo della piazza anti Stato attacca la sede della Cgil.

Tutto si tiene. Negli ultimi giorni pulsioni fasciste clandestine e segnali facinorosi pubblici si sono intrecciati, costringendo la destra politica a renderne conto. Giorgia Meloni ha risolto la questione spiegando che questi atti danneggiano la destra, come se fosse questo il problema, mentre è evidente che la destra è danneggiata dalla sua indulgenza, insidiata dalla sua ambiguità. Ora siamo giunti al limite, la violenza non sopporta ambiguità, o si sta dentro o si sta fuori. Perché la politica è sempre pedagogia, in positivo o in negativo. E allora l’ultima domanda è quella che conta: cos’ha seminato il sovranismo italiano in questi anni, e che frutti si aspetta oggi mentre riemergono i suoi eterni fantasmi?