Le ragioni di una protesta a tutela della nostra identità
Cari lettori,
il numero che state sfogliando in questo momento o che state consultando dal vostro dispositivo è pubblicato senza le firme dei giornalisti e dei collaboratori de L'Espresso. Una forma di protesta che segue la decisione della settimana scorsa di non uscire in edicola e online.
Si tratta di una scelta difficile a cui la redazione è arrivata per segnalare il comportamento inaccettabile da parte dell'editore, il gruppo Gedi, che ha messo in vendita il nostro giornale dopo mesi di smentite e di rassicurazioni. Lunedì 7 marzo, i vertici aziendali hanno annunciato di aver deciso di accettare una «proposta», così definita nel comunicato ufficiale, per l'acquisto de L'Espresso da parte della società Bfc Media. Al momento in cui scriviamo la vendita non si è ancora perfezionata. Si prevede lo sarà nel giro di un mese. Bfc Media è un piccolo gruppo editoriale specializzato nel settore finanziario e fa capo all'imprenditore Danilo Iervolino, che ha da poco venduto l'Università telematica Pegaso ed è ora al suo esordio nel settore dell'editoria.
La notizia dell'imminente cessione dell'Espresso è trapelata attraverso fonti di stampa ed è stata sempre ripetutamente etichettata come non veritiera da parte dei vertici del gruppo Gedi interpellati più volte dal Comitato di redazione. Gli stessi vertici che non hanno esitato poi a esaminare e ad accettare in tempi record quella proposta formale di acquisto che poche ore prima veniva bollata come semplici rumors. Questo comportamento ha portato alle dimissioni del direttore Marco Damilano che hanno avuto un'ampia eco sui media.
Con la vendita dell'Espresso, Gedi tronca la radice giornalistica da cui è nata Repubblica e che dava il nome a tutto il gruppo editoriale L'Espresso, e tradisce così la visione dei fondatori Eugenio Scalfari e Carlo Caracciolo. La tradizione de L'Espresso incentrata sul giornalismo di qualità, protagonista con i suoi 67 anni di battaglie politiche, civili e culturali, oggi risulta improvvisamente troppo scomoda per un gruppo editoriale che dice di volersi concentrare su una non meglio precisata informazione «real time». In questi giorni terribili, giorni di guerra, emerge fortissima dal pubblico la domanda di giornalismo d'inchiesta e di analisi, capace di andare alla radice dei fatti. Esattamente il tipo di informazione che L'Espresso ha sempre garantito ai suoi lettori, tra l'altro partecipando ad autorevoli consorzi internazionali di giornalismo di inchiesta, con cui ha vinto nel 2017 il premio Pulitzer, il massimo riconoscimento del settore. Ed è proprio in questo momento storico che il gruppo Gedi, controllato dalla holding Exor della famiglia Agnelli, sceglie di disfarsi del nostro giornale perché, citiamo le parole dell'amministratore delegato Maurizio Scanavino, avrebbe «fatto il suo tempo». Questa cessione finirà quindi per indebolire ancora di più il gruppo Gedi, un'azienda al centro di una crisi economica e di identità testimoniata da tutti i dati economici e diffusionali, dai numerosi cambi al vertice delle sue principali testate e dall'addio di importanti firme che hanno scelto di scrivere per testate concorrenti.
Le decisioni dei vertici Gedi ci portano a una situazione che non ha precedenti nel settore editoriale italiano. Infatti, secondo quanto annunciato, per almeno un anno L'Espresso sarà venduto la domenica in allegato a Repubblica e spetterà al gruppo Gedi l'ultima parola sull'eventuale nomina di un nuovo direttore del nostro giornale. Ci troviamo quindi di fronte a un'inedita co-gestione che rende impossibile il sereno lavoro dell'intero corpo redazionale.
In questo momento di incertezza per la nostra testata, noi giornalisti ci impegneremo come sempre a salvaguardare la qualità del lavoro di inchiesta e approfondimento che da quasi 70 anni è il nostro tratto distintivo e a difendere i valori che contraddistinguono L'Espresso. A voi lettori, che numerosi in questi giorni ci avete manifestato la vostra solidarietà, chiediamo come sempre di sostenerci e di continuare a incontrarci tra le nostre pagine, di carta e digitali, per proseguire insieme un viaggio iniziato nel 1955.
L'Espresso 20 marzo 2022
L'espresso esce senza firme.
Per segnalare il comportamento inaccettabile di Gedi.