venerdì 1 aprile 2022

OCCORRE UN RIPENSAMENTO TOTALE DEL SSN

Ddl Concorrenza: sanità ancora più in mano ai privati

di Edoardo Turi (*)

Il Disegno di Legge Concorrenza – Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 – contiene  alcuni articoli specificatamente riferiti alla sanità (artt.4,5,6,7,12) ma altri, seppure non specificamente riferiti al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) o alla salute, abbracciano  argomenti che riguardano i  determinanti ambientali e sociali di salute cosiddetti modificabili (Capo V. Artt. 13, 14, 15, 16, 17, 18) che – come ampiamente illustrato da M. Marmott (M. Marmott., Salute disuguale.2016) e G. Costa (G. Costa et al. L’equità nella salute in Italia. Secondo rapporto sulle disuguaglianze sociali in sanità. 2016) – sono alla base dello stato di salute della popolazione e delle persone, oltre quelli individuali cosiddetti non modificabili (età, genere, ereditarietà).

Aria, acqua, suolo/rifiuti, reddito, casa, istruzione, trasporti, servizi, cultura sono quindi i fattori ambientali e sociali modificabili  che influenzano la salute e che determinano le disuguaglianze nell’ambito della popolazione e tra gli individui.

È noto che il SSN, istituito con la Legge 833/1978, è solo uno dei fattori che influenzano la salute collettiva e individuale, insieme all’assistenza sociale, mentre molto più importanti, soprattutto per la prevenzione, sono i determinanti ambientali e sociali.

È ovvio che di fronte a peggioramenti di tali determinanti dovuti alle caratteristiche proprie di una società in cui la produzione, il consumo e la vita stessa sono regolati dall’economia basata su profitto, il SSN non può né sottrarsi facilmente alla medicina basata sulla corsa al profitto,  né, al tempo stesso, farsi carico di tutti i problemi, spesso drammatici, che tale società stessa determina: malattie dovute all’inquinamento ambientale, infortuni sul lavoro, incidenti stradali e domestici, violenza domestica e di genere, gravidanze indesiderate, malattie sessualmente trasmissibili, disabilità, dipendenze da sostanze psicoattive, epidemie da malattie infettive, malattie croniche  prevenibili, scarsa o errata alimentazione, basso livello di istruzione, povertà assoluta o relativa  con assenza  o insufficienza del reddito, mancanza o  insufficienza di abitazione, assenza di lavoro o lavori usuranti o alienanti, lavori sotto retribuiti o precari, consumi pericolosi per la salute, assenza o scarsità di servizi sociali, culturali, mancanza o insoddisfazione nelle relazioni sociali e familiari.

Per questa ragione sanità pubblica non è la “sanità pubblica” in contrapposizione a quella privata (anche se il termine è usato spesso in Italia con questo significato) ma,  mutuata dall’inglese “public health”, essa è ”la scienza e l’arte di promuovere la salute, di prevenire le malattie e di prolungare la vita attraverso sforzi organizzati della società” (“Acheson Report”, London, 1988).

In Italia la sanità pubblica è spesso vista come una branca della medicina, ma non è veramente così:  questo approccio è favorito dal mondo della medicina stesso per motivi di potere.

Si è visto durante la pandemia da Covid 19 che ha dimostrato la fragilità del SSN indebolito da decenni di riduzione dei finanziamenti e privatizzazioni: più che sentire virologi in televisione si sarebbero dovuti interpellare ingegneri e architetti per trasporti, scuole e luoghi di lavoro sicuri, più spesso biologi e veterinari per comprendere meglio da quali scelte produttive e di consumo si genera il “salto di specie”, giuristi per l’adozione di provvedimenti amministrativi idonei, statistici per spiegare l’andamento epidemico, economisti per capire come difendere il reddito nella sindemia.

Se la salute e i suoi  determinanti ambientali e sociali vanno oltre la medicina e i servizi socio-sanitari, va da sé che la salute è difesa e promossa non solo dagli operatori sanitari in senso stretto (medici e infermieri), ma anche da ingegneri, architetti, sociologi, psicologi, statistici, economisti, giuristi, ecc…  nei loro vari campi scientifici e istituzionali. La salute, e in particolare la prevenzione, devono attraversare tutte le politiche e avvalersi di molte discipline.

Alla luce di queste considerazioni il DDL Concorrenza nel momento in cui prevede, in continuità con i Trattati europei, con le Leggi  n. 287/1990 e n.4/2009   e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che vi siano attività che il settore pubblico non deve più produrre direttamente ma affidare al mercato, anzi il settore pubblico deve “giustificare” il non affidamento al mercato dei servizi pubblici che, oltre una certa soglia, vengono prodotti  in autoproduzione (“in house”), si sancisce che alcuni settori “determinanti” per la salute siano affidati al settore privato, a volte mascherato da “privato sociale” confessionale o meno.

Così l’articolo  4  interviene nel settore dell’energia (gas naturale), settore non secondario per l’inquinamento atmosferico climalterante, l’art. 5 con le concessioni idroelettriche, l’art. 6 in materia di servizi pubblici locali, l’art.7 relativo al trasporto pubblico, l’ art. 11 inerente anche i servizi di gestione dei rifiuti.

Se questi  determinanti di salute sono in mano al privato il pubblico non riuscirà a orientarne l’azione verso la salute prevalendo l’interesse del privato al profitto

Questa è  comunque ormai da tempo  la contraddizione principale che demarca una distinzione all’interno della sinistra, più o meno radicale, che nella propria elaborazione culturale, nelle ricostruzioni storiche di specialisti e rappresentanti politici, nell’azione di governo nazionale e locale, negli ultimi decenni ha posto l’accento solo sulla insufficienza o lo spreco di risorse, più che sul loro uso privato: profitti privati con fondi pubblici.

Ormai il privato convenzionato, acceditato e  esternalizzato è il 50% della spesa sanitaria. L’affidamento ai privati è stato il modo in cui si è aggirato, a beneficio di questi, il blocco delle assunzioni nel SSN determinato  dai Trattati di Maastricht, dall’introduzione dell’obbligo di pareggio di bilancio in Costituzione, da molte leggi di bilancio, dai tagli lineari e dai Piani di rientro delle Regioni in deficit, trasformando la spesa per il personale in spesa per l’acquisizione di beni e servizi sul mercato. Un falso in bilancio legalizzato.

Anche i movimenti di lotta per la salute sono caduti in questo inganno cognitivo che trae origine comunque dagli articoli 25 e 26 della legge 833/1978 che concesse ampi spazi a privato, nel clima del Compromesso storico tra comunisti e cattolici, ma in realtà tra Democrazia Cristiana  e Partito Comunista italiano e che, nella sua versione politica concreta, fu  l’Unità nazionale, le “larghe intese”, le “giunte anomale”.

Il D.Lgs n. 502/1992 (De Lorenzo) introdusse l’aziendalizzazione, il divieto di indebitamento  per le  Aziende sanitarie, la figura anacronistica, monocratica e autoritaria del Direttore Generale, privo di contrappesi democratici, la forte regionalizzazione, diminuendo il ruolo dei Comuni, vedeva il rapporto tra pubblico e privato come “concorrenza” tra il SSN propriamente  detto, con un privato convenzionato e accreditato ma con fondi pubblici, coerente con l’impostazione “liberale” De Lorenzo con denaro pubblico (poi arrestato e condannato con Tangentopoli).

Il successivo D.Lgs. 229/1999 (Bindi),coerentemente con l’impostazione cattolico-democratica della sussidiarietà orizzontale della Ministra, correggeva il precedente introducendo  la “collaborazione tra pubblico e privato, soprattutto privato sociale”.

In questo contesto l’art. 13 del DDL Concorrenza  (Revisione dell’accreditamento e del convenzionamento delle strutture private) sancisce l’impostazione già prevista dalle normative introducendo solo garanzie di impostazione liberale nei meccanismi di selezione sul mercato.

La comparatività dei costi, ad esempio, non garantisce che, con l’offerta economica più conveniente o l’approccio del massimo ribasso, il servizio sia qualitativamente migliore o che i bassi costi non si ottengano tramite precariato, lavori atipici o interinali, sotto retribuzioni, utilizzo di partite IVA, subappalti.

Gli artt. 14, 15, 16 e 17,relativi ai farmaci e agli emoderivati (sangue),concentrandosi sulla politica dei prezzi, non sembrano aggiungere  molto ad un settore largamente dominato dal privato e dal profitto, in assenza di una industria pubblica del farmaco e adeguati finanziamenti statali alla ricerca pubblica.

L’art. 18 invece sancisce ancora una volta, con alcune modifiche, la discrezionalità del Direttore Generale nella selezione dei dirigenti delle AS  del SSN delegando però le Regioni ad emettere proprie autonome normative, in un’ottica propria dell’Autonomia regionale differenziata, mentre sino ad oggi le Regioni si dovevano attenere ad una unica normativa nazionale: il D.P.R. 484/1997.

Ciò potrà introdurre difformità tra le Regioni anche in questo campo.

La nomina dei dirigenti del SSN è diventata nel tempo uno degli aspetti dello “spoil system”, il sistema delle spoglie: chi vince (le elezioni) prende tutto, tipico degli USA, ma che in Italia  si è  sposato con prassi nepotistiche e clientelari praticate un po’ da tutti i partiti politici nella Pubblica Amministrazione e non solo, confermando quanto previsto da M. Weber (Il lavoro intellettuale come professione,1919). Un “manuale Cencelli” del SSN, dall’ espressione giornalistica riferita all’assegnazione di ruoli politici e governativi ad esponenti di vari partiti politici o correnti in proporzione al loro peso, ma  effettuate in una logica di spartizione, spesso in assenza di merito (Massimiliano Cencelli, funzionario della DC, intervista su Avvenire  25/7/2003), con un’attenzione alla “fedeltà” a chi nomina o sponsorizza.

Il movimento di lotta per la salute e le forze che si ispirano al patrimonio del movimento operaio e democratico dovranno impegnarsi per contrastare le inevitabili derive di questo provvedimento.

Foto:Forum per il diritto alla salute

Tratto dal blog di Daniele Barbieri