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5. RISALIRE ALLE ORIGINI?
di ERNESTO AYASSOT (continua)
Con questo eccoci trasportati ad un livello del tutto diverso e poiché né la scienza né la storia dicono alcunché di positivo, anzi ci lasciano sempre più perplessi in mezzo ad una «ridda di ipotesi» tutte rivelatesi impossibili, occorre cercare una risposta «oltre le umane possibilità»: nel miracolo.
Qui non si tratta più di sapere fino a che punto le nostre conoscenze scientifiche possono dare una risposta, ma fino a che punto ciò che si afferma è consono con la rivelazione che Dio ha dato di se stesso. Rivelazione che non può avere per metro che quello della Verità, che è Cristo.
Cerchiamo quindi di risalire alle fonti.
Com'è noto i Vangeli Sinottici (Matteo, Marco e Luca) e il Vangelo di Giovanni ci tramandano due diverse narrazioni del seppellimento di Gesù che, nonostante ogni sforzo di armonizzazione, sono risultate inconciliabili.
Secondo i Sinottici la morte di Gesù avviene alle tre del pomeriggio del 15 nisan, giorno della «preparazione», cioè alla vigilia del sabato. Quando Giuseppe d'Arimatea riesce ad ottenere da Pilato il corpo di Gesù per seppellirlo è già sera («fattosi sera», Mt. 27:57). Al tramonto aveva inizio il sabato e nessun ebreo credente avrebbe osato violare la legge mosaica per predisporre il cadavere per la sepoltura (la cosiddetta «imbalsamazione», cioè l'aspersione con «aromi e olii odoriferi»). Non restava quindi altra via che rimandare l'operazione alla scadenza del sabato, cioè al giorno seguente. Nel frattempo il cadavere - secondo i Sinottici - venne semplicemente raccolto in un lenzuolo (sindôn) e introdotto frettolosamente nella tomba scavata nella roccia, il cui accesso fu chiuso facendo «rotolare una gran pietra contro l'apertura del sepolcro» (Mt. 27:60). Matteo conferma dunque che Giuseppe d'Arimatea: «prese il corpo e lo avvolse in un lenzuolo pulito», o «in un telo di lino pulito» (in greco: sindóni katharâ) (Mt. 27:59), mentre Marco aggiunge che il lenzuolo era stato acquistato appositamente da Giuseppe, e Luca si limita a dire che «trattolo giù dalla croce, lo avvolse in un panno di lino» (sindóni) (Mc. 15:46; Lc. 23:53). Nessuno dei tre autori sembra molto interessato a fornire particolari, né si preoccupa più dei panni, dopo la risurrezione di Gesù, salvo il vers. 12 di Luca 24, che però non si ritrova in alcuni dei più autorevoli manoscritti greci e che è di solito considerato una interpolazione tardiva per tentare di accordare il testo di Luca con il Vangelo di Giovanni.
Sempre secondo i Sinottici, «nella notte del sabato, quando già albeggiava, il primo giorno della settimana...» (Mt. 28:1), cioè la domenica mattina molto per tempo, le donne vanno al sepolcro portando il necessario per completare il seppellimento secondo la tradizione ebraica («aromi e olii odoriferi») (Mc. 16:1 e Lc. 23:56; 24:1). Ma trovano la tomba vuota perché Gesù è risuscitato. Secondo i Sinottici, quindi, il corpo di Gesù è stato avvolto in un lenzuolo appena calato dalla croce e frettolosamente racchiuso, senza essere «imbalsamato», nella tomba scavata nella roccia.
Secondo il Vangelo di Giovanni, invece, - che com'è noto retrodata di un giorno, al 14 nisan, la morte di Gesù - l'«imbalsamazione» avviene subito dopo la deposizione, dalla croce. Giovanni ricorda che a Giuseppe d'Arimatea, che aveva preso l'iniziativa, si unì presto Nicodemo, «quello che prima [3:1-21] era andato a trovare Gesù di notte, portando una misura di mirra e di aloe di circa cento libbre» (oltre 32 kg!). I due insieme «presero il corpo di Gesù e lo avvolsero nelle bende (othónia) con i profumi, com'è usanza di seppellire presso i giudei» (Giov. 19:39-40). Qui non si parla di un lenzuolo (sindôn) e per ora neppure di «sudario» (soudárion), ma solo di bende o «pannilini» (othónia), cioè di strisce più o meno larghe di stoffa.
Il racconto di Giovanni così prosegue, dopo la scoperta del sepolcro vuoto: «Allora Pietro e l'altro discepolo [Giovanni] uscirono e andarono verso la tomba. Andavano tutti e due di corsa, ma l'altro discepolo corse più in fretta e arrivò alla tomba per primo. Si chinò a guardare le bende che erano in terra, ma non entrò. Pietro lo seguiva. Arrivò anche lui e entrò nella tomba: guardò le bende in terra e il sudario che prima copriva il capo [di Gesù], non giacente con le bende, ma piegato [o: arrotolato] in luogo a parte» (Giov. 20:5-7).
Giovanni sembra quindi molto più interessato alla sepoltura rispetto ai Sinottici e si diffonde in particolari molto importanti per noi: come abbiamo visto, non si parla mai di un lenzuolo (sindôn), ma di sudario (soudárion), una pezzuola che, stretta sotto il mento, copriva solo il volto, e di bende o «pannilini» (othónìa), strisce di stoffa più o meno larghe con cui veniva avvolto tutto il cadavere, dopo essere stato lavato e abbondantemente asperso di essenze e olii odoriferi. Anche il cadavere di Lazzaro era stato sepolto secondo questa usanza (cfr. Giov. 11:44). In conclusione: per Giovanni l'«imbalsamazione» ha luogo, ma non si fa mai uso di un lenzuolo o «sindone», solo di «sudario» e bende.
Quale delle due testimonianze è più attendibile?
Secondo un esperto cattolico, il prof. Pier Angelo Gramaglia, docente al Seminario di Torino, «la tradizione sinottica non proviene probabilmente da testimoni oculari della sepoltura di Gesù e la sua descrizione rimanda in modo generico ad un'indicazione funeraria che non pare fosse abituale al tempo di Gesù fra gli ebrei», una prassi (quella di avvolgere in un lenzuolo) che si potrebbe giustificare solo come provvedimento provvisorio dovuto alla fretta, «in attesa del rito funerario vero e proprio»21.
La testimonianza di Giovanni, invece, molto più precisa, è conforme a quello che conosciamo sulle tradizioni funerarie del tempo: «Gesù fu unto con un miscuglio di mirra ed aloè, poi fu legato e fasciato con "pannilini" in conformità all'usanza ebraica tradizionale». E conclude: «ritengo che il racconto evangelico di Giovanni sia inconciliabile con l'ipotesi della Sindone, così com'è quella di Torino». «Tentare di fare diventare gli "othónia" e il "soudárion" di Giovanni identici ai lenzuolo di Torino, mi pare proprio eccessivo»22.
La conclusione dell'analisi dei dati biblici è dunque la seguente.
Se si segue la tradizione dei Sinottici (che sembrano però meno informati e più distaccati dal fatto), si può parlare di una «sindone», ma solo come lenzuolo in cui fu provvisoriamente e frettolosamente avvolto il cadavere di Gesù, in attesa di una «imbalsamazione» che non avvenne mai. Cadrebbero quindi, in questo caso, tutte le ipotesi «scientifiche» che pretendono di spiegare le «impronte» sul lino come effetto della «imbalsamazione» con mirra e aloè. Il cadavere di Gesù, secondo i Sinottici, non è mai stato asperso con queste sostanze né con altre.
Se invece (come ritiene il prof. Gramaglia e sembra in effetti più probabile) qui è Giovanni il testimone storicamente più attendibile, una «sindone» di Gesù non è mai esistita, perché Gesù fu avvolto, con il sudario o pezzuola sul volto, in bende o strisce di stoffa che non possono aver nulla a che fare con la Sindone di Torino che - com'è noto - è un tessuto d'un sol pezzo, che misura m 4,36x1,10! Una scelta fra le due ipotesi si impone e non è più possibile "giocare su due tavoli", come hanno fatto sinora disinvoltamente alcuni sindonologi.
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21 PIER ANGELO GRAMAGLIA, A proposito di Sindone: e se andassimo un po' a rileggere i Vangeli?, «Il foglio», n. 61 (anno VIII, n. 2), febbr. 1978, p. 4.
22 P. A. GRAMAGLIA, art. cit. (alla nota 21).
(continua)