Commento alla lettura biblica di domenica 24 luglio
Signore, insegnaci
a pregare (Lc. 11,1-13)
1Gesù si trovava in un luogo
a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore,
insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2Ed egli disse loro: «Quando
pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; 3dacci ogni giorno il nostro
pane quotidiano,4 e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti
perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione».
5Poi disse loro: «Se uno di
voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre
pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho
nulla da offrirgli”, 7e se quello dall’interno gli risponde: “Non
m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non
posso alzarmi per darti i pani”, 8vi dico che, anche se non si
alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a
dargliene quanti gliene occorrono.
9Ebbene, io vi dico: chiedete
e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede
riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il
figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli
darà uno scorpione? 13Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose
buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito
Santo a quelli che glielo chiedono!».
Mille volte abbiamo meditato insieme il Padre Nostro, sia
nella versione di Matteo che in quella di Luca.
Io oggi voglio limitarmi al primo dei quattro versetti
riportati.
“Gesù si trovava in un certo
luogo a pregare”
Dunque Gesù, come molte altre volte nei vangeli, si
apparta per pregare. I discepoli del nazareno, prima che i linguaggi dogmatici
annebbiassero la realtà del Gesù storico, ci hanno lasciato una memoria
esplicita della preghiera del loro maestro. Per loro era naturale che Gesù,
essendo maestro di fede, profeta e taumaturgo, fondasse tutta la sua vita sulla
fiducia in Dio. Egli aveva piena consapevolezza della sua creaturalità e si
rivolgeva a Dio come Padre e sorgente della vita e dell’amore.
L'imbroglio dei linguaggi
dogmatici
Quando si cominciò a pensare che Gesù fosse Dio o
che in lui ci fossero due nature, si inventarono tante “capriole teologiche”,
tanti espedienti per spiegarci che… pregava solo la sua natura
umana. Simili artifici del linguaggio dogmatico, ellenistico e mitico oggi non
ci aiutano più, alla luce delle ricerche linguistiche e storiche, di riscoprire
questo nucleo essenziale, questo fondamento della vita di Gesù. Senza il suo
riferimento radicale a Dio, non è possibile comprendere la vita e il messaggio
di Gesù, come non si spiega un fiume senza la sorgente: “Alla fede proprio in
questo Dio, trascendente e pur così vicino a noi, Gesù invitò con la parola e
l’azione: è questo il senso di tutta la sua attività. Pertanto il tentativo di
eliminare dalla vita di Gesù la particolare “relazione con Dio” è la
distruzione del suo messaggio e del senso della sua prassi e la negazione
stessa della realtà storica di Gesù di Nazareth…” (Edward Schillebeeckx).
La preghiera nella vita di Gesù esprime la sua fede in
Dio dal quale trae fondamento la sua prassi di solidarietà con gli
ultimi.
Questo tratto creaturale, di totale fiducia in Dio della
fisionomia di Gesù, è essenziale anche per noi che cerchiamo di seguire le sue
tracce.
L’ho ribadito perché non è scontato.
“Signore, insegnaci a
pregare”
Osserviamo il quadro con attenzione. Un discepolo a poca
distanza dal luogo in cui Gesù si è appartato, lo osserva mentre prega.
Non interviene, non interrompe la preghiera di Gesù, anzi si sofferma a vedere
il maestro raccolto in preghiera, forse disteso a terra. Solo quando Gesù ebbe
finito, il discepolo gli rivolse la domanda: “insegnaci a pregare…”. La preghiera di Gesù, che forse tante altre
volte il discepolo aveva osservato, questa volta suscita in lui il desiderio di
pregare, di “imparare da lui” a pregare.
Evidentemente per Gesù pregare non era una litanica
ripetizione di formule, ma una appassionata ricerca dell’intimità e
dell’abbandono fiduciale in Dio.
Caro fratello, cara sorella che leggete queste brevi
righe.
Non sentite anche voi, come questo anonimo discepolo, il
desiderio di imparare a pregare?
Io ne sento un infinito bisogno.
Nel trascorrere operoso e talvolta anche affannoso dei
giorni, faccio fatica a dare il giusto spazio al silenzio, alla preghiera,
all’ascolto della Parola di Dio. Se non faccio della preghiera, vissuta come
relazione viva con la sorgente da cui viene la vita, uno dei pilastri della mia
fede, come potrò accogliere e vivere con gioia la mia creaturalità, assaporare
il dono della figliolanza di Dio?
Pregare è “relazionare” con
Dio
La nostra fede non è tanto un riflettere su Dio, ma un
dialogare con Lui e il suo mistero in tutte le “tonalità” del nostro corpo e
dei nostri cuori.
“Abbiamo bisogno di pregare per trovare quel silenzio,
quella serenità e quel sollievo che ci permettono di sostenere il ritmo delle
nostre attività quotidiane. Abbiamo bisogno di pregare per vivere con
atteggiamento lucido e vigile in una società superficiale e disumanizzante…”
(José Antonio Pagola).
In realtà troviamo sempre qualcosa di più importante,
qualcosa di più urgente o di più utile o di meno impegnativo che metterci in
ascolto e in ricerca di Dio. Dobbiamo essere sinceri e riconoscerlo.
Se penso ai maestri che hanno segnato in profondità il
mio cammino di fede, riscontro sempre tre pilastri: la passione per i poveri,
il rigore della ricerca e una assidua pratica della preghiera. Non mi hanno mai
coinvolto il teologo o la teologa che non stanno dalla parte degli ultimi e che
non hanno radici profonde nella preghiera. E’ quando si vive “alla
ricerca del Dio vivente”, come scrive la teologa Elisabeth Johnson, che diventa
consequenziale una spiritualità incarnata nelle periferie umane, concreta,
responsabile, fatta dei piccoli passi di solidarietà quotidiana.
Ci
sono parecchi problemi
Non a caso il discepolo chiede a Gesù che insegni loro a
pregare.
Oggi questo bisogno di imparare a pregare è più che mai
necessario. Da una parte c'è chi ha buttato alle ortiche la preghiera
tradizionale senza fare un percorso personale di una preghiera adulta e
consapevole. C'è di peggio: la confusione della preghiera con le mille pratiche
di autocentramento e di fuga dalla realtà. Ma esiste e viene diffusa in molte
chiese cristiane una pratica alienante, devozionalistica, superstiziosa che
dimentica l'insegnamento fondamentale di Gesù: si prega soltanto Dio.
Oggi è in atto un paganesimo verniciato di devozioni
cristiane. La gerarchia cattolica permette, incoraggia, sostiene e benedice
pratiche di preghiera davanti alle statue, alle reliquie e a mille forme
devozionali di madonnismo che sono veri tradimenti del messaggio di Gesù che
non avrebbe mai sopportato una preghiera che non fosse rivolta solo ed esclusivamente
a Dio.
Quanti fardelli inutili dobbiamo deporre, quanta
idolatria mascherata di devozionalismo dobbiamo lasciar cadere.
Ma occorre, nel cammino interpersonale e comunitario,
porre attenzione e rispetto sia all'esperienze tradizionali che a quelle chiamate
popolari. Non si tratta di disfarsi della preghiera, ma di conoscere e
praticare modalità più adulte, più consone e più costruttive nel contesto
culturale di oggi. Questo atteggiamento costruttivo va evidenziato in modo
particolare con le persone che hanno familiarità con il problema dei linguaggi
di fede di oggi
Franco Barbero