giovedì 14 luglio 2022

VERONA: UNA SVOLTA SOSTANZIALE

 La svolta di Verona, un nuovo sindaco e un nuovo vescovo


Luigi Viviani
7/2022 Inverona

La vittoria di Damiano Tommasi a Palazzo Barbieri va ben oltre l’avvento di un’amministrazione di centrosinistra dopo un lungo periodo di governo del centrodestra. 
Per il modo con cui l’ha raggiunta, e per la mobilitazione e le attese che ha suscitato, essa acquista il valore di un cambio sostanziale della qualità della politica che si appresta a inaugurare.
La medesima speranza, fermo restando la netta differenza dei piani e dei compiti, sta suscitando la nomina del nuovo vescovo di Verona, mons. Domenico Pompili, per il complesso delle sue doti umane e cristiane espresse nei suoi incarichi precedenti.
Tommasi si trova a percorrere i primi passi della sua impresa che si prospetta quanto mai difficile, rappresentati dalla definizione della Giunta e dalle prime scelte simboliche della qualità del cambiamento che intende realizzare.
Dalla sua parte ha finora l’entusiasmo che ha saputo suscitare in tanti giovani e l’assunzione di alcune parole simbolo con le quali ha inteso qualificare la sua vittoria. Queste parole (Rete, Giovani, Pnrr, Europa, Futuro) nel loro significato simbolico, rappresentano precise alternative al modo di amministrare precedente, parole trascurate o sottovalutate dal centrodestra.
Tuttavia, tradurre tali simboli in precise e qualificate scelte politiche, adatte allo sviluppo di Verona, rappresenta un compito di particolare difficoltà, che probabilmente richiederà tempo, studio e una forte coesione della coalizione di maggioranza per raggiungere risultati concreti.
La rilevanza e la qualità del compito sollecita una compattezza responsabile da parte di tutte le componenti, anche per evitare le lacerazioni che hanno frantumato il centrodestra.
Sulla scia della vittoria di Tommasi si sono manifestate alcune interpretazioni circa la ricomparsa dei cattolici in politica. Secondo l’avv. Fratta Pasini l’identità di Tommasi coinciderebbe con una rinnovata presenza del centro cattolico che, alla fine, costituirebbe l’identità politica della città di Verona. Una interpretazione ottimistica che si rifà alla Dc, trascurando le ineliminabili differenze della situazione attuale.
Al culmine del suo pressoché totale potere, nella Dc veronese c’erano tante cose, Certamente erano centristi l’on. Giovanni Uberti, sindaco nel dopoguerra, e il ministro Guido Gonella, mentre gran parte dei dirigenti successivi, fino agli anni ’80, protagonisti delle scelte di maggior sviluppo del nostro territorio, erano della corrente interna di sinistra.
La Dc veronese pur essendo la Dc più dorotea del Veneto, ebbe allora la capacità di scegliere gli uomini migliori nei posti più importanti, consentendo la crescita di una classe dirigente che, nelle fasi successive, Verona non ha più avuto.
Tuttavia, finita la Dc, quell’anima dorotea, con la sua furbizia e la capacità di adattamento, ha assunto l’infatuazione leghista come nuovo modo di interpretare la politica locale. Alla lungimirante apertura al futuro è subentrata una chiusura concentrata su microinteressi, vissuti in contrapposizione polemica con altre parti del Paese.
In tal modo si sono progressivamente esaurite l’apertura al mondo, la dimensione europea, e la solidarietà come anima della politica, con il risultato che, anche per assenza di idee, la rendita sulle realizzazioni del passato è diventata il fattore sul quale si è realizzata una certa crescita di più bassa qualità, contrassegnata dalla perdita di tante battaglie innovative e da un progressivo rallentamento nella qualità sociale dello sviluppo.
Una storia che rende evidente l’estrema difficoltà del compito di Tommasi nel cercare di riportare Verona sul terreno della ripresa di uno sviluppo economico e sociale di qualità, in un contesto di ritrovata dimensione europea.
Analoga speranza di cambiamento ha suscitato l’annuncio della nomina del nuovo vescovo, Pompili. Romano di 59 anni, già segretario della Cei per la comunicazione, nella quale mantiene l’incarico di presidente della Commissione cultura, vescovo di Rieti nel 2015 con una sensibilità pastorale di vicinanza agli ultimi, manifestata in particolare durante il terremoto di Amatrice.
Nella lettera inviata alla diocesi di Verona e nell’intervista successiva, ha proposto la linea del dialogo e la necessità evangelica di mettere “vino nuovo in otri nuovi”, con una citazione del teologo Romano Guardini sul “risveglio della Chiesa nelle anime”.
Una linea diversa rispetto alla precedente, nella quale prevalevano spesso, in una società secolarizzata in gran parte non capita, proposte di principi identitari a scapito della fatica e della responsabilità della testimonianza cristiana. Con ricadute politiche dove la strumentalizzazione a buon mercato è sembrata, talvolta, il tratto prevalente dell’essere cristiani.
Anche per il nuovo vescovo il compito si presenta dunque particolarmente impegnativo, tanto che in alcuni commenti sulla sua nomina, nella scia del pensiero di Guardini, si è identificato il suo ruolo come mediatore tra posizioni conflittuali, particolarmente adatto a Verona.
Per il complesso della situazione cittadina, la possibile, necessaria svolta, che la duplice novità lascia intravedere, presenta non poche incertezze e incognite. Senza precostituire esiti desiderati, sarà decisivo l’impegno dei veronesi perché questa particolare situazione non si trasformi in una ulteriore opportunità perduta.