martedì 16 agosto 2022

PAZIENZA E IMPAZIENZA

 Enrico Peyretti

Rocca 15/7

Chi sopporta un'offesa, un dolore, un tradimento, è forte. 
Col sopportare egli porta un peso, lo regge da sotto (sub).
Chi sta sotto è forte, è attivo, sostiene.
La pazienza è forza.Tollerare non è degnazione dall'alto in basso, letteralmente, sollevare, tener su (tollere).
Pazientare è patire ma non è subire:  questa preziosa distinzione purifica il concetto: è incassare senza essere demolito, né schiacciato, né umiliato. Il forte paziente non si sente offeso, è ferito ma non distrutto.
Egli regge, come le colonne reggono il tetto: regge se stesso, ma anche gli altri e il mondo. Difende il mondo dall'impiego della forza senza ragione.Il forte paziente aiuta specialmente l'offensore: gli dà la possibilità, se vorrà-di vedere che  la sua offesa non demolisce.
Salva il senso del mondo, non lo lascio oscurare dalla violenza offensiva, perché fa sussistere la realtà che la violenza voleva abbattere.Il  patire rafforza.Resistere ai colpi maligni è stare su, restare, sussistere.Gandhi chiamava tutto questo "stare saldi nella verità della vita" satyagraha.
Chi soffre senza far soffrire redime l'offensore: gli propone una differenza tale che deve pensare: "Allora, la vita non è solo una gara di potenza! C'è dell'altro!".L'avversario paziente-resistente dimostra che la condotta violenta non è l'unica necessaria.
Ma ci vuole anche l'impazienza quando a soffrire sono altri!
Non si può sopportare che un altro venga offeso senza cercare di soccorrerlo, almeno con la vicinanza e la solidarietà, che si tratti di una violenza per strada, un'ingiustizia sociale, un atto di guerra.E come soccorrere? Dipende dalla situazione e dalle possibilità.
Un bambino che dimostra dolore ai genitori che litigano, è un eroe, rappresenta la ragione e la verità.In situazioni più complesse, come è stata per tutti noi l'aggressione russa all'Ucraina, abbiamo tutti sentito insopportabile tale guerra, anzi ogni guerra.
Per nostra colpevole distrazione, altre guerre in corso non ci hanno toccato così tanto, prima di tutto è importante sentire che la guerra non si può sopportarla.
Il sentimento di intolleranza mi pare e voglio sperare che sia cresciuto rispetto al passato. Non è più normale che questioni tra gli stati siano affidati al confronto bellico. Ancor meno tra gruppi, armati dalla nostra industria bellica.
In questioni di diritti e di giustizia, lo strumento militare è in assoluto il più inadatto e ingiustificabile: la vittoria di guerra premia solo la maggiore violenza, il maggior armamento, le maggiori uccisioni.
Guerra e vittoria sono solo questo: né gloria né giustizia.
Dolori e morti e la guerra è pura stoltezza.Nella vicenda Ucraina, prima di pensare a come ridurre o fermare quel male, abbiamo sentito grande ripugnanza umana e politica.
La guerra sporca noi tutti. 
In passato era glorificata e solo alcune menti illuminate la denunciavano come fallimento umano.Restano tracce dell'ideologia bellica sacrale in simboli statali, come l'assurda parata militare nella festa civile del 2 giugno.
Oggi è bene che la guerra sia sentita come logica imperiale, follia dei prepotenti, l'opposto della democrazia.
Il dovere di soccorrere l'Ucraina aggredita ci ha imposto un doloroso dilemma:  fornire armi o aiuto umano? Troppo facilmente l'Italia politica ha deciso per le armi, in una logica di guerra, mentre abbandoniamo tante altre popolazioni violentate-Yemen, Curdi, Palestina, Saharawi, Rohingya ecc.-ed anzi lucriamo sulle armi che noi vendiamo ai violenti oppressori! 
La resistenza non violenta che ha preziose esperienze storiche, oggi è cercata solo dal volontariato, ignorata dalla politica.Il dolore di questa guerra insopportabile ci insegnerà una nuova saggezza? 
A volte l'avversità diventa una risorsa.Come l'umanità ha saputo nella storia abolire costumi e istituzioni disumane (lo ius vitae, la schiavitù, il duello il delitto d'onore ecc.) così  aspiriamo impazienti all'abolizione della guerra e dei suoi strumenti.
Nulla di meno.