Enrico Peyretti
Rocca 15/7
Chi
sopporta un'offesa, un dolore, un tradimento, è forte.
Col sopportare
egli porta un peso, lo regge da sotto (sub).
Chi sta sotto è forte, è
attivo, sostiene.
La pazienza è forza.Tollerare non è degnazione
dall'alto in basso, letteralmente, sollevare, tener su
(tollere).
Pazientare è patire ma non è subire: questa preziosa
distinzione purifica il concetto: è incassare senza essere demolito, né
schiacciato, né umiliato. Il forte paziente non si sente offeso, è
ferito ma non distrutto.
Egli regge, come le colonne reggono il tetto:
regge se stesso, ma anche gli altri e il mondo. Difende il mondo
dall'impiego della forza senza ragione.Il forte paziente aiuta
specialmente l'offensore: gli dà la possibilità, se vorrà-di vedere che
la sua offesa non demolisce.
Salva il senso del mondo, non lo lascio
oscurare dalla violenza offensiva, perché fa sussistere la realtà che la
violenza voleva abbattere.Il patire rafforza.Resistere ai colpi
maligni è stare su, restare, sussistere.Gandhi chiamava tutto questo
"stare saldi nella verità della vita" satyagraha.
Chi soffre senza
far soffrire redime l'offensore: gli propone una differenza tale che
deve pensare: "Allora, la vita non è solo una gara di potenza! C'è
dell'altro!".L'avversario paziente-resistente dimostra che la condotta
violenta non è l'unica necessaria.
Ma ci vuole anche l'impazienza quando a soffrire sono altri!
Non
si può sopportare che un altro venga offeso senza cercare di
soccorrerlo, almeno con la vicinanza e la solidarietà, che si tratti di
una violenza per strada, un'ingiustizia sociale, un atto di guerra.E
come soccorrere? Dipende dalla situazione e dalle possibilità.
Un bambino
che dimostra dolore ai genitori che litigano, è un eroe, rappresenta la
ragione e la verità.In situazioni più complesse, come è stata per tutti
noi l'aggressione russa all'Ucraina, abbiamo tutti sentito
insopportabile tale guerra, anzi ogni guerra.
Per nostra colpevole
distrazione, altre guerre in corso non ci hanno toccato così tanto,
prima di tutto è importante sentire che la guerra non si può
sopportarla.
Il sentimento di intolleranza mi pare e voglio sperare che
sia cresciuto rispetto al passato. Non è più normale che questioni tra
gli stati siano affidati al confronto bellico. Ancor meno tra gruppi,
armati dalla nostra industria bellica.
In questioni di diritti e di
giustizia, lo strumento militare è in assoluto il più inadatto e
ingiustificabile: la vittoria di guerra premia solo la maggiore
violenza, il maggior armamento, le maggiori uccisioni.
Guerra
e vittoria sono solo questo: né gloria né giustizia.
Dolori e morti e la
guerra è pura stoltezza.Nella vicenda Ucraina, prima di pensare a come
ridurre o fermare quel male, abbiamo sentito grande ripugnanza umana e
politica.
La guerra sporca noi tutti.
In passato era glorificata e solo
alcune menti illuminate la denunciavano come fallimento umano.Restano
tracce dell'ideologia bellica sacrale in simboli statali, come l'assurda
parata militare nella festa civile del 2 giugno.
Oggi è bene che la
guerra sia sentita come logica imperiale, follia dei prepotenti,
l'opposto della democrazia.
Il dovere di
soccorrere l'Ucraina aggredita ci ha imposto un doloroso dilemma:
fornire armi o aiuto umano? Troppo facilmente l'Italia politica ha
deciso per le armi, in una logica di guerra, mentre abbandoniamo tante
altre popolazioni violentate-Yemen, Curdi, Palestina, Saharawi, Rohingya
ecc.-ed anzi lucriamo sulle armi che noi vendiamo ai violenti
oppressori!
La resistenza non violenta
che ha preziose esperienze storiche, oggi è cercata solo dal
volontariato, ignorata dalla politica.Il dolore di questa guerra
insopportabile ci insegnerà una nuova saggezza?
A volte l'avversità
diventa una risorsa.Come l'umanità ha saputo nella storia abolire
costumi e istituzioni disumane (lo ius vitae, la schiavitù, il duello il
delitto d'onore ecc.) così aspiriamo impazienti all'abolizione della
guerra e dei suoi strumenti.
Nulla di meno.