giovedì 1 settembre 2022

L'EMERGENZA

 Rsa in crisi, a pagare sono gli anziani “Dimenticati nei letti senza personale”

di MICHELE BOCCI

ROSARIO DI RAIMONDO

Anziani abbandonati. Stipati in case di riposo troppo piccole, accuditi, se così si può dire, in residenze sanitarie, Rsa, con poco personale. A Bologna, a Ferragosto, i carabinieri del Nas hanno scoperto una struttura dove c’erano tre operatori per cinquanta ospiti. Nelle cucine di due Rsa a Pavia, hanno trovato le blatte. In un’altra di Cremona, erano occupati nove letti in più rispetto ai 55 previsti. Su 351 strutture controllate in piena estate, una su cinque aveva dei problemi. Le associazioni dei familiari protestano per i loro parenti «isolati dal mondo, che passano la vita in un letto», a fronte di rette mensili da almeno 3 mila euro, coperte per circa la metà dalle Regioni se le strutture sono convenzionate. I proprietari sono in allarme perché gli infermieri non si trovano, i costi lievitano, i bilanci vanno in rosso. Un sistema, quello che si occupa della tutela dei più fragili, che rischia di saltare. Intanto scricchiola, con Rsa che sono costrette a chiudere posti letto perché non hanno personale e quindi a lasciare a casa, in attesa di trovare un posto, anziani che ne avrebbero bisogno. Sono i più fragili, persone, che, come hanno da poco rilevato anche i Nas di Roma, finiscono ai pronto soccorso scompensate e magari disidratate.

«Oggi la qualità della vita degli ospiti delle Rsa non è all’altezza. E andiamo verso un peggioramento. C’è bisogno di un intervento immediato per togliere dalla fatica e dal dolore centinaia di migliaia di famiglie», dice Alessandro Azzoni, 48 anni. Vive a Milano, è il presidente di “Felìcita”, associazione dei familiari degli anziani morti al Pio Albergo Trivulzio durante l’emergenza Covid. Non fa sconti: «La carenza del personale, spesso sottopagato e non preparato, è solo uno dei problemi. Il benessere di un anziano non è solo sanitario. Nelle Rsa, soprattutto dopo il Covid, non vengono assicurati i servizi più attinenti alla vita sociale, al rimanere attivi, ad avere scambi col territorio. Gli ospiti hanno meno attività, se non nulle».

Una rappresentante di Conpal, Coordinamento nazionale parenti, associazioni, lavoratrici di queste strutture, parla a Repubblica sotto la garanzia dell’anonimato: «Mia mamma è ospite di una Rsa del Lazio e ha già avuto ripercussioni». Racconta: «Paga una retta di 1.900 euro al mese, metà con la pensione, l’altra coperta dal Comune, più cento euro di lavanderia, che è esclusa. Il personale è carente: tre operatori per cinquanta ospiti. Solo due fisioterapisti che fanno a turno. Le “terapie occupazionali”, dal Covid in poi, sono state interrotte: banalmente, anche solo vedersi in soggiorno, fare attività insieme. Queste persone passano la loro vita distese su un letto».

La mamma di Azzoni era al Trivulzio: «È una delle sopravvissute alla pandemia ma da allora non si è più ripresa. L’ho spostata in una delle realtà, che per fortuna esistono ancora, dove c’è un tipo di approccio più umano. Per fortuna non è tutto uguale. Ci sono strutture virtuose». Ma è anche colpa dei costi che crescono? «Sappiamo che i gruppi hanno grossi profitti, sicuramente intaccati dall’aumento dei costi. Tra ciò che paga la famiglia e l’integrazione al 50% della Regione, oggi un anziano dovrebbe ricevere un servizio ben più all’altezza».

Ma a sentire i gestori, il problema economico c’è ed è enorme. «Il nostro è un grido di allarme», sintetizza Franco Massi di Uneba, che raccoglie circa 800 strutture, quasi tutte onlus del mondo cattolico. «I costi aumentano e abbiamo il problema del personale. Si sta riducendo perché molti si spostano negli ospedali e nelle strutture pubbliche, anche loro in sofferenza per gli organici. Con meno lavoratori la qualità dell’assistenza peggiora oppure, cosa che scelgono di fare molti nostri associati, le strutture chiudono dei posti letto. Così le liste di attesa sul territorio crescono». L’altra faccia della medaglia. Se da una parte ci sono anziani seguiti sempre peggio, dall’altra ce ne sono di più costretti ad aspettare un aiuto, magari a casa in condizioni di non autosufficienza e senza un’assistenza adeguata.

I NUMERI

4.500 Le residenze La grande maggioranza sono private, molte sono onlus

300.000 Gli ospiti Sono quasi tutti anziani non autosufficienti con demenza

3.000 La retta mensile Si tratta del costo medio tra le Regioni per le strutture convenzionate

1.500 La quota sanitaria È la parte della retta che viene versata dalla Regione


La Repubblica 24 agosto