sabato 8 ottobre 2022

 

- 12 -




 

 

 

Sempre preziosi, anche a distanza di molti anni, risultano gli scritti di Rudolf Bultmann. Si vedano Gesù, Queriniana, Brescia 1984, pag. 139 e soprattutto la celebre e discussa Teologia del Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia 1985. Per addentrarsi concretamente nella attuale disputa risulta utile MARTIN HENGEL, Il figlio di Dio, Paideia, Brescia 1984.

 

 

 

 

In un volume interessante (Gesù l'ebreo, Editrice Borla, Roma 1983) Geza Wermès approfondisce il filone del giudaismo carismatico contemporaneo a Gesù e inserisce il ministero di guaritore di Gesù in questo movimento, in compagnia di altre personalità religiose affiliate a diversi gruppi e tendenze. Le figure carismatiche di Honi e Hanina ben Dosa, secondo una ipotesi fondata, ci aiuterebbero a capire il significato dell'agire di Gesù. Già dai tempi del profeta Elia gli ebrei credevano che i «santi» potessero imporre la propria volontà ai fenomeni naturali. Sicché, oltre alle preghiere formali e liturgiche per la pioggia, in caso di siccità, il popolo implorava le persone reputate capaci di miracoli perché esercitassero la loro funzione mediatrice in favore della comunità anche per ciò che riguardava la salute. «Un importante corollario a questa panoramica su taumaturghi e santi ebrei è che l'immagine popolare dei carismatici era inseparabile dalla figura di Elia» (ivi, pag. 89). Ed «è opportuno ricordare a questo punto che pure Gesù fu identificato da alcuni contemporanei con Elia» (pag. 89). «La presentazione evangelica di Gesù come un uomo i cui poteri soprannaturali derivavano non da potenze misteriose, ma dal diretto contatto con Dio. dimostra che egli era un vero carismatico, autentico erede di una corrente profetica antica... Questi santi venivano considerati gli eredi spontanei o non sospetti dell'antica tradizione profetica. I loro poteri soprannaturali erano attribuiti al loro immediato contatto con Dio. Erano venerati come un legame tra cielo e terra, indipendente da ogni mediazione istituzionale» (pag. 93).

Il messaggio è limpido: la profonda comunione con Dio rende taumaturghi. Un uomo che viva in profonda unione con Dio, una persona che aderisca alla Sua volontà dal profondo del cuore (cioè un profeta!) diventa una sorgente di salute, di guarigione, di liberazione. In comunità abbiamo lungamente discusso questo ‘messaggio’ che ci è sembrato molto vero, concreto e attuale. Non si tratta di forze magiche, ma di una esperienza che appartiene anche al nostro presente. Effettivamente, senza voler far stare Gesù nei nostri panni, ci sono incontri con persone che determinano benessere, risveglio di potenzialità sconosciute, salute e voglia di vivere. Gesù, nella sua ineguagliabile statura di profeta e di uomo libero, nella eccezionale capacità di amare che aveva ricevuto da Dio, nella singolare autenticità e profondità dei rapporti che sapeva instaurare con le persone, non era colui che poteva manifestare, nel modo più adeguato, la forza liberatrice e guaritrice di Dio? L'incontro con lui non diventava una esperienza del modo con cui Dio stesso ama e ‘guarisce’? Il «figlio di Dio» non può essere reso, secondo la libera iniziativa del Padre, taumaturgo in modo singolare?

 

 

 

 

Spesso il discorso cade sul ‘potere’ di Gesù e lo stesso testo biblico ce ne parla. La pienezza dei poteri di Gesù va capita correttamente. Gesù - secondo la testimonianza degli evangeli - si attribuisce questo ‘potere’ non come se si trattasse di una risorsa personale, posseduta in proprio, ma perché gli è stato dato. La sua origine sta nel Padre. È la potenza di Dio che opera in Gesù. E si tratta di un «potere liberante», mai di un potere di dominio. Questa è anche la caratteristica dei poteri che ricevono i discepoli. «Tutto il potere dato loro è solo in funzione di servizio, e questo servizio non conosce un ordine gerarchico. Così nel Nuovo Testamento manca assolutamente il concetto di un ufficio gerarchico. Il potere che viene concesso ogni volta concretamente a favore di un fratello non ha il valore di un diritto a dominare, bensì di un servizio. In questo modo nella predicazione di Gesù non c'è posto per un ordine gerarchico che possa costituirsi ed esistere solo attraverso una struttura» (GOTTHOLD HASENHUTTI, Carisma, Principio fondamentale per l'ordinamento della chiesa, Edizioni Dehoniane, Bologna 1973. Si tratta di un testo fondamentale, che svolge una accurata indagine sul potere e la struttura della chiesa. La lettura risulta fruttuosa sia sul piano biblico che su quello storico e teologico). Così pure può essere utile consultare W. Foerster, in GLNT (KITTEL, Grande Lessico del Nuovo Testamento, la voce ‘Exousia’, Paideia, Brescia).

Per quanto riguarda i miracoli, ma anche per una rinnovata visione dell'evangelo e della chiesa, si consiglia Benedizione e potere, Concilium 2/1985, Queriniana, Brescia. Si tratta di una monografia interessante, anche se i contributi esegetici non vanno oltre il già conosciuto. Ci sembra che la terminologia «exousia-dùnamis» abbia ancora, come diadi complessa, urgente bisogno di comprensione. Che cos’è l'autorità di Gesù? Che cos'è il suo potere e il potere di cui rende coscienti e partecipi gli altri? Tutta una tradizione giuridica ha ingabbiato l'esegesi anche moderna. All'interno di una ecclesiologia giuridica, tutta intenta a disquisire di «poteri» e di attribuzioni proprie di ciascun grado della gerarchia, a definire la distribuzione e la gestione dei poteri, tutto è stato letto e visto prevalentemente sotto la categoria della potestas sacra. Si aggiunga il fatto che una chiesa imperniata sulla gerarchia e sul potere, inteso e praticato come dominio e assoggettamento, non era in grado di intravvedere la radicale novità del «potere liberante» di cui parla l'evangelo, quello che spinge a rompere catene. Sotto questo profilo risulterà molto proficua la lettura del contributo della teologa JANET WALTON su Benedizioni ecclesiastiche e benedizioni femministe. In esso si legge: «L'espressione "potere" è intesa di norma nel senso di “potere per" o “essere capace di", e non come dominio da esercitare sugli altri» (pag. 108). Una direzione che da molti anni la teologia femminista ha approfondito con grande acume, nella linea dello studio di G. Hasenuttl sopra ricordato. Qui risiede uno dei cardini del rinnovamento, di una conversione evangelica di ogni singolo credente, dei ministri e di tutta la chiesa, anche a livello strutturale.

 

(continua)