domenica 16 ottobre 2022

 


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CAPITOLO SETTIMO

Lazzaro, vieni fuori!

 

Come già documentammo nei precedenti quaderni, nel nostro impegno di annuncio di fede ai bimbi è fondamentale il lavoro di gruppo che svolgiamo con continuità. Sovente, come adulti, dobbiamo trovarci in commissione di studio anche due volte il mese. Si tratta di discutere insieme il materiale e cercare di individuare alcuni filoni centrali di annuncio.

Dopo aver individuato le tematiche o le pagine bibliche che vogliamo presentare e sulle quali intendiamo proporre ai bambini una ricerca di gruppo, nelle singole riunioni di commissione discutiamo un primo elaborato che si prefigge di darci alcune informazioni storiche. esegetiche e letterarie e di evidenziare il cuore del messaggio. Questo lavoro preliminare è da noi ritenuto essenziale. In tal modo l’approfondimento e la ricerca di gruppo ci sembrano più proficui. Ognuno può portare un contributo di critica, di modifica, di proposta, di integrazione, di correzione. Sovente il lavoro di commissione fa emergere interrogativi che la ‘scheda’ non ha previsto. Spesso occorre ‘correggere il tiro’ e compiere uno sforzo di concretezza e di concentrazione. Questo entroterra ci permette di partecipare al gruppo dei bambini con un minimo di chiarezza per far fronte in modo meno improvvisato agli enigmi di ogni ricerca  comunitaria.

Nella commissione di catechesi ci prefiggiamo anche di individuare quali sono le piccole unità letterarie che intendiamo evidenziare e proporre all'attenzione dei bambini. Ci preme moltissimo, infatti, far parlare il testo e non sostituirci ad esso. Fin dall'inizio al riguardo abbiamo tentato di invitare i bambini a cercare nel testo, a decifrarlo, a renderlo non oggetto, ma uno dei ‘soggetti’ della ricerca di gruppo. Progressivamente i bambini imparano a familiarizzare con il testo, a cercare i passi, a ricordare i brani paralleli.

Qui di seguito, con una variazione dai precedenti quaderni di catechesi, presentiamo soltanto il primo elaborato sul quale. discutendo e approfondendo a contatto con il testo biblico, abbiamo riflettuto insieme per giungere poi alla proposta di lettura di gruppo ai bambini.

 

Letture molteplici

 

Il racconto di miracolo che va sotto il nome di «risurrezione di Lazzaro» è una pagina evangelica in cui si verifica un felice intreccio di parole e azioni. La narrazione è vivace e i dialoghi catturano l'attenzione. Questo racconto fa da cerniera fra la prima e la seconda parte del Vangelo secondo Giovanni. Si tratta di una pagina ben «costruita».

Questa, come tante altre pagine della scrittura, non sopporta di essere imprigionata in un solo «senso». Si tratta di un racconto che sprigiona mille significati! Volerlo intrappolare ed ingabbiare in una sola interpretazione significa uccidere la vitalità del testo e soffocare la fede creativa del credente che legge questa pagina evangelica.

Ovviamente qui non siamo di fronte alla «cronaca di un fatto»; non abbiamo la «fotografia» di un miracolo, ma un racconto di miracolo. Ciò vuol dire che lo scrittore non intendeva tanto dirci che cosa è precisamente successo quanto testimoniarci il significato dell'azione e della vita di Gesù per i credenti della comunità di Giovanni. I racconti sono narrazioni di fede, non resoconti.

Per alcuni studiosi della Bibbia questa pagina evangelica è scritta soprattutto per «prefigurare» la risurrezione di Gesù, come un anticipo di quell'evento. Già a metà del Vangelo, proprio quando matura la decisione delle autorità di uccidere Gesù, ci viene anticipato che il maestro di Nazareth non resterà prigioniero della morte. Molti studiosi, non solo del passato, vedono qui la narrazione di un fatto: Lazzaro è passato da morte a vita.

Per altri studiosi questa pagina, con il racconto simbolico della risurrezione di Lazzaro, viene incontro alla fede inquieta e traballante di parecchi cristiani di quel tempo. Essi cominciavano ad interrogarsi sempre più insistentemente sulla «sorte» di coloro che erano morti. La testimonianza è chiara: i fratelli che muoiono non restano nella morte. Essi non finiscono in una tomba. Dio, attraverso Gesù, apre le tombe e li colloca in una vita nuova. L'orizzonte di fede annuncia il superamento della morte. Nel racconto della « morte-risurrezione» di Lazzaro la comunità di allora (come quella di oggi) poteva vedere la sorte dello scontro tra morte e vita. È la vita a prevalere. Gesù è colui che, compiendo l'opera di Dio, ci porta una vita piena, che supera la morte. Una promessa che non deluderà.

 

Dio aiuta

 

Altri studiosi, ancora, non restringono il messaggio di questa pagina all'esperienza della morte, ma vedono in essa piuttosto un annuncio molto ampio: Gesù chiama ogni uomo e ogni donna ad «uscire» dai sepolcri della morte, della schiavitù, dell'egoismo, della paura. «Lazzaro, vieni fuori» è la chiamata che Dio fa giungere attraverso Gesù ad ognuno di noi. Noi siamo fasciati dalle bende della «non vita» e siamo «schiavi» di mille forze di morte. Forse ci crediamo vivi mentre siamo morti!

Lazzaro è un nome promettente. Il suo significato è «Dio aiuta». Il brano evangelico ci rivolge un invito forte (Gesù gridò con voce forte, dice il versetto 43), perché se non ci rintrona un vocione nelle orecchie, noi continuiamo a dormire come marmotte d'inverno. Ma... l’evangelo che ci annuncia un’esigenza ci arreca anche una promessa: «Dio aiuta». Sì, chi si decide, rispondendo alla chiamata dell'evangelo, può contare sulla spinta che viene dal vento di Dio. Per uscire dai sepolcri ci vuole davvero un «Dio che ci aiuta», che ci chiama e ci spinge.

 

Miracolo in crescendo

 

Non è importante sapere con esattezza ciò che è successo a Lazzaro o a qualche altro. Gli studiosi della Bibbia conoscono molti «racconti di risurrezione» che si trovano nell`Antico Testamento e nelle letterature extrabibliche. Si pensi al ciclo dei profeti Elia ed Eliseo (1° e 2° libro dei Re). I Vangeli non rappresentano, quindi, una grande novità sotto questo profilo. L’antichità è piena di racconti di risurrezioni. Nel Nuovo Testamento sullo sfondo sta la risurrezione di Gesù: ecco la novità.

Come avvenne per il «miracolo del mare» (parecchie tradizioni si accostarono e poi si combinarono dando corpo ad un racconto che si arricchiva di nuovi motivi teologici e si sviluppava crescendo progressivamente), così può essere capitato anche per certi racconti di risurrezione. Secondo il motivo del «crescendo» all'inizio può esserci stato il racconto di un intervento «benefico» di Gesù. In seguito, sotto l'influsso delle tradizioni riguardanti Elia ed Eliseo, il racconto di una «guarigione» fu trasformato ed ampliato in un racconto di risurrezione di un morto. Sono illuminanti al riguardo gli studi di R. Pesch, di Franz-Elmar Wilms e di A. Weiser.

Qui ciò che conta è il messaggio: in Gesù (tutto questo è stato scritto dopo che Dio aveva dato una vita nuova a Gesù, cioè lo aveva risuscitato) si esprime la forza di Dio che vince anche la morte. La salvezza di Dio si manifesta in Gesù più e meglio che nei profeti antichi. La comunità può contare su Colui che è la via della vita. Basta affidarsi al Dio di Gesù per superare le forze della morte.

 

Altri particolari

 

a) Ancora un particolare. Gesù cerca di coinvolgere tutti a diventare operatori di risurrezione: «Togliete la pietra!» e poi «Liberatelo e lasciatelo andare». Egli incalza la fede debole delle sorelle, invita a mettersi all'opera con toni persino imperativi, coinvolge anche gli spettatori. Tutti possono fare qualcosa per la risurrezione di un morto, di una persona spenta, depressa. schiavizzata. Siamo invitati ad essere figli ed operatori di risurrezione, partire dalle concrete piccole situazioni della vita quotidiana.

b) Com’è vivificante lo stile di Gesù! Egli va diritto al cuore delle persone, in un dialogo in cui chiama ognuno per nome. Chiamare la gente per nome significa valorizzare ogni persona, avere fiducia, infondere speranza. Abbiamo molto da imparare da questo comportamento «dialogante» di Gesù. Per Gesù incontrare una persona è sempre incontrare una possibilità di risurrezione, poter ‘creare’ un  po' di risurrezione.

c) Non è un caso che davanti a questo Gesù che semina risurrezione, che apre gli occhi ai ciechi, che mette in piedi chi è rassegnato, che chiama a diventare soggetti coloro che si erano rassegnati a vivere da oggetti scatti la decisione di ucciderlo. Il potere, politico ed ecclesiastico, non può tollerare quelli che, essendo liberi, seminano voglia di libertà e costruiscono esperienze di libertà.

 

Vieni fuori!

 

Questa frase, così densa, ci è sembrata in qualche misura capace di riassumere il significato della sequela di Gesù. La vita del discepolo, ieri come oggi, è un continuo «venire fuori», liberarsi, camminare verso la terra della libertà a partire dal nostro cuore che è sempre imprigionato da una rete di idoli. La conversione di cui abbiamo bisogno tutti, nessuno escluso, passa certamente anche da questa strada. Sono proprio io il Lazzaro che deve venire fuori.

 

Utilissimo il volume P.Ricoeur - E.Jungel.

Dire Dio, Queriniana, Brescia 1978.

 



(continua)